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Ranieri, un re crudele per la Calabria

adminwp
Agosto22/ 2013

riccardo iii ranieri 2

di Francesca Pugliese

Riportare la gente a teatro. Riportare un originale Shakespeare tra la gente. Riportare la vita negli incantati anfiteatri magnogrechi di Calabria. Impresa di sette tappe da sogno in notti di mezza estate – Cassano allo Ionio, Lamezia Terme, Borgia, Locri, Ricadi, Palmi e Diamante – a prezzo di biglietto simbolico più che ridotto. Tale è l’alta ambizione di Riccardo III, diretto e interpretato da Massimo Ranieri, prodotto dal Magna Grecia teatro Festival assieme al Festival Shakespeariano di Verona, con le musiche di Ennio Morricone. 

Vedere per credere. Noi l’abbiamo fatto.

All’Anfiteatro di Palmi, dove il tempo storico lascia il posto a quello onirico, la magia dell’arte e di una intelligente operazione culturale hanno gremito la platea. Una rappresentazione scarna, essenziale e quasi crudele nelle luci nette contrapposte alle ombre scure, e una scenografia monolitica, una sorta di scrigno del male che si apre sul pubblico per vomitare un uomo. Deforme. Gobbo. Malvagio. È Riccardo-Ranieri, che dà il via alla tragedia col suo insopportabile, disperato monologo. E la testa viaggia verso echi di frasi, racconti, stralci già noti. Perché si tratta del Bardo ma si tratta del mondo di oggi, forse caricato di tinte noir e grottesche, forse ammiccante agli anni trenta degli smoking e degli abiti sfavillanti, ma si tratta soprattutto del Potere. O meglio, dell’uomo che per ottenerlo sporca i mezzi, si sporca le mani, si sporca l’anima.

Riccardo muove i fili di una fauna umana abbietta, corruttibile e infine corrotta, burattinaio diabolico di burattini mortiferi. Un uomo che ha la tempra, l’astuzia e la mancanza di coscienza “giuste” per far grandi orribili cose. Un uomo che, nella sete dell’ambizione che abbevera i sommi troni del potere, ha trovato con riprovevole ingegno il suo scopo nel mondo. Riccardo sgraziato, vuole essere guardato con desiderio da una “ninfa”. Riccardo invidioso, non vuole solo trionfare, ma sconfiggere tutti gli altri. Riccardo misero, uomo del suo tempo, del nostro tempo più che mai, vuole la felicità, senza capire cosa sia, e pensa di poterla raggiungere con la distruzione delle vite altrui.

E sulla scena si sviluppa una danza scandita dalle musiche di Morricone, che si fa lenta, brillante, a tratti comica per poi ributtare il cuore della platea nella cupezza della morte. Invocata, data, ricevuta. Problema e soluzione, leggiadra e tragica. Morte pianta dalle donne, grandiose interpreti del dolore e grandiose portatrici della sua antitesi. Donne amanti, mogli e madri. Devastate e dolci, rivali e compagne. Donne alla ribalta che ci hanno commosso, coinvolto e innamorato.

Grevi, spietati o divertenti, anche gli attori che interpretano ruoli minori regalano momenti di riflessione e catarsi. Come i sicari, quelli con i rimorsi di coscienza che non riescono a vincere le lusinghe delle ricompense, e quelli senza coscienza, che si beffano sornioni di chi invece ne è servo, quelli che arraffano i soldi, fino alla fine belli e vincenti nelle loro impeccabili giacche. Massimo Ranieri, con la sua versione di Riccardo III, riporta verità letterarie, storiche e attuali. Il suo antieroe non si tradisce, non diventa buono e nemmeno si pente. Riesce solo, infine, a guardarsi in faccia e affrontare la verità. A nulla è servito brandire lo scettro, avere potere di vita e di morte su tutti gli altri: Riccardo tenta in un ultimo guizzo di lucidità di salvarsi, di fuggire – un cavallo, un cavallo per il mio regno! -è un mostro nelle fattezze e nell’animo, che non combatte più con i fantasmi delle sue vittime, ma con quelli della sua coscienza, divenuta ribelle. Riccardo soccombe a se stesso.

E lo scrigno degli orrori si richiude sulla sua fine, mentre aleggia nell’aria l’urlo della regina che ha spodestato:

– e tu, Dio, dormivi?

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