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L’INESPRESSO | Sogno di un Mondiale di finta estate

Francesco Veltri
Francesco Veltri
Dicembre07/ 2016

Pietro e Marco hanno appena finito di cenare. Hanno divorato in dieci minuti la pizza al salame, ai capperi e alle acciughe preparata con cura da mamma Veronica. «Già scappate, ma che partita sarà mai?». «È la finale mà, quante volte te lo devo dire?». «E certo, ogni sera finali ci sono qui, e io rimango sempre a casa!».

Le postazioni in soggiorno sono quelle di sempre, anche se i mobili sono stati spostati accuratamente perché il periodo è quello che è, e bisogna adeguarsi. «Chi gioca avanti?», chiede Pietro a suo figlio. «Papà, te l’ho detto prima, Balotelli e Berardi». «Allora perdiamo».

Mancano dieci minuti al calcio d’inizio e l’aria si fa calda anche se fuori piove e ci sono due gradi. Se continua così stanotte nevica e domani niente scuola. Ma chi ci va più a scuola il 19 dicembre?

qatar
Lo stadio della finale dei Mondiali in Qatar

Pietro guarda la tv e borbotta qualcosa di incomprensibile contro Maurizio Sarri. Non gli è mai piaciuto quel toscanaccio comunista, eppure è riuscito a portare in finale quella che tutti gli opinionisti del pallone definivano una banda. Chi l’avrebbe mai detto? E poi dove vuoi arrivare con quella coppia d’attacco, un calabrese strafottente e discontinuo e un bresciano viziato e per giunta dalla pelle nera, che se avesse pensato a fare solo il calciatore avrebbe potuto mangiarsi il mondo o giù di lì. Ma adesso conta un altro mondo, diverso dal solito, fuori luogo e stagione, ma pur sempre rotondo come un pallone.

Le squadre sono in campo e partono gli inni. «Marco, per favore spegni le luci dell’albero che mi accecano». Luci spente, sguardi concentrati e Goffredo Mameli che si rivolta nella tomba per l’ennesimo evento sportivo del secolo. Pogba prega qualche secondo alzando le mani e chinando la testa. Con quella fascia sul braccio sembra più alto del solito. Appena parte la gara corre subito da una parte all’altra come se fosse una gazzella, e ogni volta che supera il centrocampo, Romagnoli e Rugani faticano maledettamente a contenere la sua furia elegante e potente. Fino al minuto numero 18, quando Varane con un lancio di 30 metri, trova sulla sinistra l’inserimento rapidissimo di Paul che entra in area palla al piede e quasi giunto davanti ad Alfred Gomis viene spinto appena da Romagnoli. Per l’arbitro è rigore. Protestano tutti, persino Verratti che in mezzo a quei giganti quasi non si vede. Sarri non si scompone più di tanto ma il suo ghigno beffardo ripreso dalla telecamera fissa sulla panchina parla da solo.

18′ pt: RIGORE

«Non era rigore», urla Marco contro lo schermo, «si è lasciato cadere!». Dal dischetto va lo stesso Pogba, guarda negli occhi il suo fratello africano e dopo pochi secondi lo beffa con un tiro preciso che va a sbattere contro il palo alla sua destra prima di finire in rete. Poi l’esultanza, la corsa e l’abbraccio con Zidane. Il punteggio è cambiato e Balotelli ha già preso un giallo per proteste e una moltitudine di insulti da quelli che per un giorno sono stati costretti a travestirsi da suoi tifosi. «Deve levarlo subito e mettere Bernardeschi o Insigne – dice senza convinzione Pietro – altrimenti restiamo in dieci… (pausa con sospiro) anzi, in dieci ci siamo già, così non segniamo mai!». Gomis sbaglia un’uscita apparentemente semplice e per fortuna non ci sono avversari nei paraggi. Ma basta a far tornare in mente con rammarico l’infortunio alla spalla di Donnarumma agli ottavi di finale, che ha concesso inaspettatamente una chance irripetibile al ragazzone senegalese. Fuori ha smesso di piovere mentre a Lusail sembra che si stia giocando il Trofeo Tim. Ma non c’è spazio per l’attesa, per la speranza in un futuro migliore e per il perdono. È una partita che non ammette errori e pause di riflessione. O si vince o poi arriva capodanno e chi ci penserà più a questa strana serata d’inverno?

«Perché avete spento le luci dell’albero?». «Mà, non è il momento, le accendo dopo». Baselli sfonda sulla destra e crossa al centro, dall’altra parte, però, c’è una difesa che sembra di ferro. Ora i mediani spingono con più cattiveria ma manca incisività sotto porta. Riappare mamma Veronica, con un vassoio di turdilli [1] in mano. Li poggia sul tavolino accanto all’albero buio, e ordina: «O lo accendete o vi spengo la tv!». Pietro la fissa a mo di sfida coniugale, ma abbassa subito lo sguardo e si mette in bocca un turdillo. Poi si china verso la presa e riaccende le luci dell’abete artificiale. Manca un minuto alla fine del tempo e Verratti batte un calcio d’angolo: palla in mezzo all’aria, svetta Rugani che di testa trafigge Lloris. Pietro e Marco si alzano in piedi e si abbracciano ruggendo un gooool liberatorio. Poi si siedono e contemporaneamente si voltano a guardare con perplessità quell’albero magico che ora fa brillare la stanza di una luce che sa di pace e non dà più fastidio a nessuno. «Non gridate che qui non sento niente!», urla la saggia Veronica dalla cucina. Ma intanto il primo tempo è finito e «tra poco nevica papà!», sentenzia Marco osservando dalla finestra la strada deserta sotto i suoi occhi. Nell’intervallo i cronisti Rai leggono un serie di tweet del ministro dell’Interno Matteo Salvini che se la prende con Berardi, Balotelli e Gomis, terminando i suoi commenti tecnici con un perentorio “i peggiori in campo, mi fanno vergognare di essere italiano”. Mentre inizia la ripresa il vassoio è quasi vuoto e c’è voglia di torroncini, cioccolate e qualsiasi cosa utile ad uccidere la tensione. Sarri, come Zidane, conferma l’undici iniziale e Pietro continua a gettargli addosso i pensieri più disordinati che ha in testa. Ma dopo la parentesi Salvini, lo fa con meno enfasi. Pogba riparte alla grande come nel primo tempo. Fa partire un siluro terra aria da venti metri, ma Gomis è attento e respinge con una mano. Poco dopo Martial in diagonale centra il palo e si dispera. Poi succede l’impensabile. Calabria tocca con un braccio in area. Sembra averlo fatto involontariamente, ma l’arbitro indica ancora il dischetto. La rabbia travolge Sarri e i suoi ragazzi, Rugani fatica a mantenere a debita distanza da ogni essere umano Balotelli, e Verratti sembra essersi dissolto nel nulla. Il duello si ripresenta: Pogba contro Gomis. La rincorsa non cambia: passo breve, interrotto a metà. Poi il tiro, nello stesso angolo di prima, e stavolta Alfred allunga la manona e salva il risultato.

 

42’st: NEVICA

L’urlo di Marco è sofferto e rauco, mentre Pietro alza solo le braccia verso il soffitto senza dire una parola. Ora si soffre e si respira solo quando è necessario. Passano i minuti e torna l’equilibrio. La sfida fa paura ad entrambe le squadre. Sugli spalti stracolmi c’è più silenzio che sotto casa di Pietro e di suo figlio Marco, e fuori ora ha iniziato davvero a nevicare. Di nascosto però. Se ne accorge Veronica, che irrompe nuovamente nel soggiorno con un «sta nevicando!» che non scompone l’immobilità dei suoi uomini. E mancano due minuti al 90’, i termosifoni si sono spenti da tempo e qualcuno dovrebbe riaccenderli altrimenti si congela. Tra poco ci saranno i supplementari e si può fare. Ancora qualche istante. Berardi alza la testa, gli sembra di avere di fronte a sé la Francia intera, con i suoi muri, la sua superiorità intellettuale, la sua arte e la sua disinvolta presunzione. Ma lui è un calabrese strafottente quanto lei e se ne sbatte di quello che gli grida dalla panchina il vecchio Maurizio. La sua storia personale gli suggerisce che può permettersi qualunque cosa. Prova un primo dribbling e gli va bene, ne prova un altro, sta per cadere ma un rimpallo gli fa restare la palla fra i piedi. Ora è sulla tre quarti e se non si sbarazza di quel pallone avrà poche chance di sopravvivenza nel suo futuro prossimo. Si tappa le orecchie e contro tutto e tutti avanza altri tre metri e con una finta di corpo mette a sedere due giganti come Pogba e Kondogbia; è senza fiato ma l’ultima goccia di lucidità va a schiantarsi contro il suo piede sinistro che, ragionando quasi da solo, indirizza quella sfera pesante e fosforescente verso un ragazzone azzurro e nero, col numero nove sulle spalle e stranamente tutto solo in mezzo all’area di rigore. Sta per finire il recupero, come i turdilli, come il calore dentro casa e come un assurdo e corrotto Mondiale d’inverno. Pietro e Marco si alzano in piedi meccanicamente per la seconda volta nello stesso preciso momento. Con gli occhi sbarrati a sbranare la tv e il fiato in una gola che richiede ostinatamente nuovi zuccheri.

45’+2 st: GOOOOL

Balotelli stoppa di destro, e prima di fare il suo dovere così come non ha mai voluto fare in tutta la sua esistenza, decide che quello è il momento adatto per guardare, anche solo per un millesimo di secondo, alle sue spalle, alla ricerca forse di un passato da eterno forestiero in casa propria, che sa che sta per svanire in un colpo solo. Nel suo colpo. Chiude gli occhi, trascorrono pochi battiti di angoscia e poi l’Italia è campione del mondo. I suoi compagni gli corrono incontro e lo travolgono d’amore. In quella selva di braccia, di gambe e sorrisi di ogni colore, si vede spuntare persino Verratti. E non è poco. Dalla tribuna d’onore inquadrano il presidente della Figc, Carlo Tavecchio e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi che applaudono e si stringono la mano. Padre e figlio nel solito soggiorno illuminato e alberato non hanno più freddo e si abbracciano ancora, più sudati che mai. Solo adesso si accorgono che la neve ha già coperto la loro città, ma dentro casa è tornata l’estate. È il 18 dicembre 2022 e gli azzurri vincono la Coppa più bella che c’è sotto il cielo del Qatar.

Mario Balotelli ha accanto a sé Gomis e Berardi e alza il trofeo da capitano di un’Italia che per una notte sembra meno sporca, divisa, razzista e ghiacciata. Ma fra poco arriverà Natale, e poi sarà capodanno, e chi ci penserà più a questa notte di finta estate?

Poco più di due ore dopo l’Italia è in festa e si festeggia nelle piazze gelide e innevate. Marco è andato a letto mentre Pietro è ancora davanti alla tv. Nella postazione Rai del “Lusail Iconic Stadium” arriva il premier italiano che ha appena lasciato lo spogliatoio azzurro. Parla di orgoglio nazionale e poi gli viene chiesto dei tweet di Salvini a metà gara. «Matteo lo conosciamo tutti – dice – è vulcanico, impulsivo e la sua passione per il calcio a volte gli fa dimenticare di essere un uomo delle istituzioni. È vero, in quel momento le sue parole possono essere sembrate inadatte, ma come diceva Voltaire? Disapprovo ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo. Voltaire – sogghigna – era un francese davvero in gamba». Veronica si avvicina a Pietro ormai quasi del tutto stravaccato sulla poltrona, e a bassa voce prova a svegliarlo: «Pietro, stavi dormendo! Io mi corico, quando vieni ricordati di spegnere le luci dell’albero». L’uomo apre a fatica gli occhi, guarda lo schermo e rivede quell’uomo in camicia bianca che sorride. Poi, ancora frastornato, si gira verso l’albero illuminato e mugugna uno spontaneo «Speravo fosse un sogno!» a sua moglie. Che lo fissa incuriosita e domanda: «Ma non ha vinto l’Italia?». Pietro si alza in piedi, spegne la tv, stacca la presa dell’albero e nel buio più pesto sente uscire dalla sua bocca un inaspettato e incontrollabile «Appunto!».

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[1] Per chi è nato a Milano o a Firenze, il turdillo è un dolce della tradizione Calabrese, uno gnocco grande, fritto e tuffato nel miele. Ma c’è chi lo lo ricopre anche di cioccolato. Come mamma Veronica.

[POST IT] La realtà dice che da quando il Qatar ha cominciato i lavori per le infrastrutture che ospiteranno la coppa del mondo sono morti oltre 1.200 operai, e si stima che per la fine dei lavori il numero raggiungerà quota 4mila, 62 per ogni partita che si giocherà.

Francesco Veltri
Francesco Veltri

Guaribile romantico del giornalismo calabrese. Scrive per non dimenticare e si ostina a osservare l'inosservabile. Ha lavorato con alterne sfortune nelle redazioni della Provincia cosentina, di Cosenza Sport, di Cronaca della Calabria, di Calabria Ora e dell’Ora della Calabria. Per Diarkos ha scritto "Il Mediano di Mathausen"

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