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Quella volta che mi sequestrarono dopo il colloquio

admin
Aprile04/ 2013

colloqui

di Gabriele Fabiani*

Sul Web è facile trovare annunci di lavoro che poi in effetti non corrispondono per niente a ciò che viene richiesto. Sono anni che frequento in modo compulsivo motori di ricerca e siti che racchiudono le offerte di lavoro locali e nazionali. La maggior parte degli annunci che si trovano su queste pagine riguardano call center ed agenti commerciali. Due professioni che condividono il sistema a provvigioni. Ma a volte capita di trovare altre bislacche offerte.

E’ il 2012 quando fra i vari annunci visionati me ne compare davanti uno molto interessante: “Cercasi personale amministrativo per lavoro d’ufficio”. Un annuncio rivolto a tutti, senza esperienza lavorativa e senza laurea. All’epoca non ero laureato e l’ambizione di mettermi qualcosa in tasca mi spinse ad inviare il curriculum. Venni contattato telefonicamente qualche giorno dopo da una gentile signorina che mi invitava ad un colloquio conoscitivo in giornata nei pressi di un centro commerciale molto conosciuto.

Mi presentai vestito in modo adeguato ed entrai in questo appartamento arredato ad ufficio, con una reception all’entrata ed una signorina che ritirò il mio curriculum e lo mise insieme a quelli delle persone che erano arrivate prima di me. Ogni tanto usciva da una porta un uomo che prendeva il curriculum del prossimo candidato, lo chiamava, lo accompagnava nel suo ufficio e infine lo riaccompagnava all’uscita.

Che galanteria, pensai.

Pazientai in attesa del mio turno e quando arrivò entrai insieme al signore che aveva preso il mio curriculum. Diciamo che il colloquio fu un monologo da parte sua, riempito con molte parole e poche spiegazioni. Infatti, non avevo capito cosa stessero cercando, quale mansione, per fare cosa poi, che tipo di contratto e il corrispettivo. Niente. Un elenco di aziende partner che di per sé non diceva nulla e alla fine del discorso una proposta: “Se lei è disponibile domani, la invito ad una giornata conoscitiva per farle vedere l’azienda e farle capire com’è il lavoro da svolgere. L’affiancherà un mio collaboratore che la seguirà nell’arco della giornata dalle 8:15 alle 18:00 e che a fine turno stilerà un resoconto sul suo comportamento. E’ disponibile?”

Pensando di vedere l’azienda per il posto di impiegato amministrativo accettai.

L’indomani mattina tornai alle 8:15 e sempre la signorina della reception mi fece aspettare nella saletta insieme ad altri ragazzi e ragazze, ovviamente lì con la mia stessa motivazione. Cosi, mentre aspettavamo, sentimmo delle urla, gente che gridava forse per incitarsi, anzi, sicuramente per caricarsi.

Dopo qualche attimo di silenzio uscì il signore del colloquio ed iniziò a smistare i candidati con le persone che erano insieme a lui e che un attimo prima aveva urlato. Arrivò il mio turno. Mi affiancò ad un ragazzo di età poco più grande di me e che mi disse solo: “Andiamo”. Scendemmo le scale, trovammo altri tre ragazzi e senza proferire parola salimmo su una bella macchina nuova. Iniziai a fare domande alle quali il ragazzo rispondeva vagamente, dicendo solo che si guadagnava bene. Si fermarono davanti una banca perché uno di loro doveva prelevare. Ogni tanto, a vicenda, aprivano il loro portafogli e vedevo soldi, molti soldi. Non era un caso. E di soldi mi parlavano, senza però chiarirmi il tipo di lavoro. Iniziavo ad innervosirmi. Rimisero in moto e chiesi ripetutamente la direzione.

Dopo varie insistenze mi disse il referente: “Andiamo a Cirò”. Dissi che quelli non erano i patti stabiliti, che io dovevo vedere un’azienda non andare a Cirò a fare qualcosa che ancora non sapevo. A quel punto capendo che non c’era nessun ufficio ad aspettarmi chiesi di essere riportato indietro. Dal canto loro mi dissero che se volevo tornare indietro dovevo rinunciare al lavoro. Dopo il mio consenso a rinunciare mi scaricarono sul ciglio della strada con stizza. Dovetti tornare indietro a piedi.

Come me altri ragazzi sono stati contattati e scaricati a metà strada. Uno di loro invece non ha fatto domande e si è trovato a Maratea a vendere schede telefoniche facendo firmare fogli in bianco alle persone.

Pensavo fosse finita lì, ma a distanza di due anni mi sono imbattuto in questo annuncio: “AZIENDA PER ESPANSIONE CATENA COMMERCIALE SELEZIONA 12 GIOVANI AMBOSESSI DA IMPIEGARE ALL`INTERNO DELLA NUOVA STRUTTURA DI RENDE”.

Bene, invio il curriculum.

Vengo contattato qualche giorno dopo per un colloquio e mi indicano lo stesso posto in cui si trovava l’azienda che mi aveva mandato in macchina e lasciato a piedi. La differenza è che il nome dell’azienda è diverso. Dico fra me e me che forse si tratta di una coincidenza. Forse cercano davvero un impiegato per una catena commerciale. Decido di andare. Purtroppo al citofono il nome è sempre quello di due anni prima, hanno messo il nuovo nome solo al campanello della porta.

Entro. La situazione è identica.

Quando tocca a me per il colloquio noto che la persona è diversa, ma non cambia lo schema. Dice ventimila parole al minuto, ma questa volta sono più maturo e so dove vuole andare a parare. Quando mi invita alla giornata di prova inizio a fargli delle domande. Non risponde mai direttamente. Alla mia domanda se la giornata di prova si svolgerà in azienda risponde: “Si, certo, qui, a Cosenza, nella provincia”. Quando chiedo quale mansione l’azienda cerca, risponde: “Ci sono delle mansioni interne ed esterne che vedrà appunto domani con il nostro collaboratore”. Approfondisco con la giornata di prova e chiedo in cosa consiste nello specifico: “Io la sto invitando a venire. Saprà tutto domani”.

Ovviamente non ho accettato il cortese invito questa volta. Purtroppo, prima di ritrovarsi in macchina con degli sconosciuti senza una meta precisa e senza una mansione chiara, bisogna fare attenzione e capire quale annuncio di lavoro è veramente tale, perché il Web alcune volte nasconde vere e proprie avventure surreali.

*autore del libro “Yes We Call, vita di un operatore call center”

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