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Reggio, quei bimbi sperduti si tenevano per mano

admin
Ottobre14/ 2013

sbarco reggio calabria

di S. Alfredo Sprovieri

I luccichi della Sicilia brillavano alle spalle, ma gli occhi erano pieni di quello scatolo di mattoni. Le undici di sera quando ieri il primo di tre autobus dell’Atam si è fermato davanti al palazzetto dello sport di Pellaro. Sono scesi per primi, due bambini di 6 e 12 anni, tenendosi per mano. Arrivano a Reggio Calabria dal continente africano su un barcone che è stato più fortunato di molti. Nel pomeriggio di ieri l’avvistamento al largo di Capo Spartivento da parte di un mezzo della Guardia di Finanza ha fatto partire le operazioni per l’attracco al porticciolo di Reggio di quella specie di peschereccio, che ha finito di inabissarsi qualche ora dopo. L’operazione di salvataggio è perfettamente riuscita intorno alle 21. Ad attendere i migranti al porto c’era una macchina dei soccorsi rumorosa e generosa, organizzata al punto giusto. I flash dei fotografi come una raffica su quei volti stanchi, lo stupore dei bambini parlava la lingua universale mentre gli adulti cercavano di rispondere in arabo alle domande lanciate sul molo in italiano ad alta voce dai cronisti. Alcuni intervistati rispondevano in un inglese molto meno incerto di quello degli intervistatori.

Siria, Bashar al-Assad”. Ripetevano comunque tutti, come una cantilena. Sono 226 di cui 79 bambini e 40 donne. Due di loro sono in stato di gravidanza, mentre per due bimbi è stato necessario il ricovero agli Ospedali Riuniti per via di un principio di scarlattina. Sul molo c’era anche il procuratore aggiunto Nicola Gratteri; con il volto corrucciato e il passo spedito sembrava ansioso di beccare i colpevoli di quella che senza l’intervento dei militari sarebbe stata l’ennesima mattanza. Ormai sono quasi ventimila i morti di questo genocidio deciso dall’Europa e applicato lungo i suoi confini. Solo all’Italia il rafforzamento delle sue barriere è costato, fra risorse comunitarie e nazionali, un miliardo e mezzo di euro in sette anni. Nello stesso periodo nel Canale di Sicilia sono morte quasi settemila persone. Nei libri di storia dei prossimi secoli questo olocausto segnerà l’inizio del millennio più della crisi economica e politica che l’ha ingigantito. Quando i figli dei nostri figli si chiederanno cosa abbiamo fatto per evitarlo potranno leggere della legge Bossi-Fini, il cui unico effetto è stato quello di generalizzare l’illegalità, potranno leggere dell’industria della clandestinità che ha fatto tornare la schiavitù in Europa dopo secoli, dando migliaia di rifugiati in mano alle organizzazioni criminali. Potranno leggere delle forniture di armi e basi aeree dai paesi occidentali ai conflitti che hanno dilaniato il Nord Africa. Resteranno stupiti di come nessuno ha battuto ciglio davanti allo stravolgimento del sistema di Dublino, rendendo possibile la richiesta d’asilo politico solo nel primo paese dove si arriva, con il risultato che nella Germania quarta potenza del mondo vengono accolti 495 richiedenti ogni milione di abitanti, mentre nella piccola Malta sono 4980. Ricchi e poveri nel turbine della geopolitica, in fondo si legge sempre di questo nei libri di storia.

A volte però i poveri ne incontrano altri sul loro cammino, succede nei centri storici calabresi ripopolati da migranti (leggi il reportage su Riace sul The Guardian QUI) ed è successo anche a Pellaro, quartiere della periferia a Sud del capoluogo più a Sud del continente. Un quartiere dal cuore grande, che nei mesi passati è sceso in strada per ottenere l’agibilità sportiva della struttura che in queste ore contiene il volto migliore della Calabria con una sincera gara di solidarietà per i profughi. Tradizioni antichissime si incontrano nei luoghi del mito molto prima delle invenzioni del diritto e delle storture del razzismo. La Costituzione italiana, la prima legge dello Stato, indica all’articolo 10 che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. A Pellaro di Reggio Calabria questi concetti vivono in gesti semplici. Davanti alla stretta di mano dei primi due bambini che finalmente si scioglie, ad esempio. Non li conosce nessuno, sono senza genitori, qualcuno dice che sono fratelli e che durante tutto il viaggio non hanno mai smesso di tenersi per mano.   

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