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Terra dei fuochi: tutti morti, tutti santi

admin
Novembre02/ 2013

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di S. Alfredo Sprovieri

Come l’Aids o la peste secentesca. In Campania da 30 anni è in atto la più grande guerra biologica conosciuta dall’occidente ed è arrivato il momento di fermarla. Quello che è successo e sta succedendo nella cosiddetta terra dei fuochi è davvero ai limiti della fantascienza, ma solo quando se ne accorgeranno i grandi media internazionali la faranno diventare prima notizia anche nei nostri tiggì. Oggi che sono stati assolti i 28 imputati per il ciclo illegale dei rifiuti a Napoli fra i quali figurava il governatore Bassolino, dello scandire del tempo rimane impresso il racconto di una ragazza del cosiddetto triangolo della morte fra Acerra, Nola e Marigliano: “La Regione Campania dice che per le bonifiche ci vorranno 80 anni, io per leggere tutte le ricerche e gli studi scientifici sui tumori nelle nostre zone c’ho messo un paio di giorni, solo tre mesi per perdere mio padre”.

Avranno forse vent’anni di vita, moriranno di tumore, non credo si salveranno”. Stavolta la parola che scandisce gli anni è parola di camorrista, anno 1997. Carmine Schiavone negli anni ’80 vide lungo e invece di scegliere fra Nuova Famiglia e Cutolo decise con il cugino Francesco detto Sandokan di fare Cosa nostra a Casal di Principe, di mettersi a capo del traffico nazionale di rifiuti pericolosi e di diventare perciò il clan più potente di tutti, capace di fare il sindaco di qualsiasi paese della zona, con la protezione e l’impunità più totale. A inizio dei Novanta però decise di pentirsi, “ci pensai per cinque giorni e cinque notti; non erano più uomini, quelli erano diventati come bestie, ed io ero più bestia di loro”. La profezia del cancro fu quindi pronunciata da collaboratore di giustizia davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie l’8 ottobre del 1997, ma il segreto su quell’audizione è stato rimosso soltanto nel ponte di Ognissanti per iniziativa della presidenza della Camera dei deputati. Un fatto davvero incredibile, chi e perché ha voluto tenere nascoste quelle parole per tutti quegli anni?. Saperlo dovrebbe essere il primo argomento di agenda politica.

In altre relazioni e passaggi, per meglio intenderci di cosa stiamo parlando, si può leggere che “facendo un parallelismo tra organismo umano e ambiente, la situazione può essere soltanto essere paragonata all’infezione da Aids” (Alessandro Milita, dda di Napoli) o che la catastrofe ambientale in atto “costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste secentesca” (conclusioni della commissione).

Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Hanno sempre cercato di farci pensare che sia un problema di mentalità dei “napoletani”, riuscendo a porre l’accento in report ufficiali su uno sbagliato stile di vita alla base dei dati che attestano un incidenza tumorale ben oltre i dati medi. La giornalista ora parlamentare Rosaria Capacchione in un famoso articolo (leggilo qui) ha invece inquadrato con precisione la complessa vicenda con queste parole: “Venticinque anni di cronaca e di storia maledetta, una lunghissima teoria di ricordi che testimoniano l’indifferenza dello Stato e il silenzio di quanti hanno visto, talvolta hanno subìto, molto più spesso hanno condiviso i lautissimi guadagni del traffico di rifiuti. Perché la verità scomoda che nessuno dice è che molti, se ancora vivi, sanno dove sono nascosti i fusti dei veleni perché hanno messo anche i propri terreni a disposizione incassando fino a cinque milioni di lire per ogni carico e costruendo su quelle scorie le case per se stessi e i propri figli.

terra dei fuochi

Una sorta di suicidio assistito, da tutti. Molte inchieste di giornalisti coraggiosi hanno disvelato il sistema dei rifiuti speciali che arrivano dalle imprese del Nord, il successo planetario del romanzo Gomorra di Roberto Saviano ha aperto gli occhi sull’autodistruttivo sogno di dominio della camorra, la capa tosta dei tanti che non si sono piegati hanno salvato la dignità di un popolo più suddito che nel Medioevo. Non si è rimasti immobili, si è cercato in tanti modi di tenere alta l’attenzione sul fenomeno senza però riuscire a farlo apparire per l’apocalisse che è. Poche inchieste dirompenti, nessun titolo di apertura nel Paese che come compito scritto di accesso alla professione assegna il rimpasto di lanci di agenzia. L’emergenza rifiuti è stata solo uno scenario dove si sono giocati i destini degli uomini politici candidati a risolverla a colpi di inceneritori e mega discariche; cumuli di munnezza hanno fatto il giro del mondo come metafora di un Paese e mentre l’esercito veniva schierato contro le persone in protesta i sottosegretari di governo erano accusati di andare a braccetto con i folli camorristi responsabili di tutto questo.  

Non senza problemi ora i popoli della terra dei fuochi stanno scendendo in piazza a reclamare diritto all’esistenza. E’ qualcosa di completamente nuovo per l’Italia repubblicana: il popolo che chiede allo Stato di non lasciarlo morire. Quanti innocenti dovranno ancora ammalarsi per l’aria che respirano prima che si decida ad affrontare la tragedia per quella che è? Una domanda che ha una risposta tragicamente facile: sempre di più. L’ecatombe campana è destinata ad espandersi ancora in modi che non tutti conosciamo. Ad esempio, le modalità di gestione della cosa da parte del clan dei casalesi fanno pensare che lo stesso sia stato fatto nelle altre parti del paese dove le mafie controllano larghe fette di territorio (Schiavone nella sua audizione parla apertamente anche della ‘ndrangheta e delle navi dei veleni).

Quello che si può fare, tutti, è informarsi e spingere gli altri a fare lo stesso, esercitare pressione dal basso e dai lati perché dall’alto finalmente si decidano a combattere questa guerra chimica dalla parte giusta, quella dei bambini della terra dei fuochi. Tutti santi, tutti morti.  

 

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