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ALTRI MONDI | Il cognato di Marta va a combattere l’Isis

Ettore De Franco
Ettore De Franco
Febbraio20/ 2015

kobane è libera

Lavoro in Inghilterra, in un ospedale pubblico e condivido le ore della mia giornata con una moltitudine di persone dalle più svariate provenienze. Infilando il corridoio d’entrata mi capita di rivolgere un «ciao come stai?» ad una persona somala che risponde «tutto bene; Italia Uno!», di scambiare qualche parola con un collega filippino che pronuncia le P come fossero F e le F come fossero P, rendendomi conto che la vita di punk filippino dev’essere molto complicata. Ogni trenta secondi circa risalta un «curva!», espressione con la quale le genti polacche richiamano l’attenzione sulla pratica di mettere in vendita il proprio corpo in cambio di un compenso materiale. Accade però nei momenti di pausa che vengo a conoscenza di storie che spingono a modificare costantemente l’idea di «vita normale»; c’è chi lavora sedici ore al giorno da lunedì a domenica perché ha tre famiglie da sostenere ed un trattore da comprare entro la fine dell’anno; Barnes, si come John Barnes, il grande fantasista del Liverpool che esaltò Anfield Road tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, di mattina studia per diventare organizzatore di eventi sportivi ed il pomeriggio maneggia un migliaio di sacchi della spazzatura. Ana, che ha appena scoperto che la sua compagna è rimasta incinta grazie alla fecondazione artificiale ed è incazzata per non essere stata interpellata. 

Qualche giorno fa ho lavorato con Marta, una ragazza polacca con un costante sorriso che ne illumina il rubicondo viso, appassionata di dolci inglesi e fumatrice incallita. Un pomeriggio, vedendola stranamente seriosa, mi sono permesso di chiederle cosa non andava e lei, aprendomi un’inaspettata finestra sulla sua vita privata, mi dice: «A casa siamo preoccupati, mio marito è curdo e suo fratello ha deciso di raggiungere le milizie della sua gente per combattere contro Isis e chi si nasconde dietro quella sigla». Io, non sapendo bene come reagire, le dico che vengo da un posto in cui ho imparato a riconoscere la bandiera con la stella rossa al centro su sfondo giallo sin da piccolo, che per me il kebab è un cibo curdo, che il padre di una mia amica sfoggia un baffo che farebbe invidia anche ad Ocalan.

Avrei voluto dirle molto di più, dirle che i curdi, con la loro resistenza in Rojava (citando le parole di un’intervista a Nilufer Koc, copresidente del KNK – Congresso nazionale del Kurdistan pubblicata su retekurdistan.it) «rappresenta un’alternativa in quanto sta producendo una soluzione […] Può essere una piccola esperienza ma sta producendo effetti molto grandi, perché è una rivoluzione che creando un’alternativa praticabile. I regimi dei poteri regionali non sono in grado di rappresentare una soluzione, i poteri regionali come Turchia, Iran e anche Iraq e Siria insistono sulla politica di annichilimento dell’altro; gli altri regimi a livello globale stanno perseguendo i loro interessi economici e strategici; così, la terza forza nell’area, i curdi, stanno affermando: ok, se non siete interessati a garantire una soluzione democratica per noi, lo faremo noi stessi, e il Rojava è l’esempio di questa idea».

Qui sta tutta l’incondizionata ammirazione che avrei voluto esprimerle, ma stavamo lavorando e non bevendo una birra in un pomeriggio di sole.

Ettore De Franco
Ettore De Franco

Terzino destro limitato tecnicamente ma in grado di chiudere le diagonali. Avviato alla scrittura dal Nonno che gli chiedeva di cercare sul vocabolario le parole risolutive dei suoi cruciverba. Rosso e blu ma più rosso che blu. Ambasciatore bruzio presso il nord della Penisola iberica ed in tutti e due fronti della Guerra delle Malvine/Falklands, attualmente in riposo, da tutto.

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