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DEVIAZIONI | Assassinio sulla Salerno-Reggio

Francesco Veltri
Francesco Veltri
Marzo21/ 2015

di Francesco Veltri

Viaggio Salerno-Reggio

A Roma sono le tre del pomeriggio e il pullman è partito puntuale.

Non è pieno e non è rumoroso. Sembrano tutti dormire, nessuno parla. L’autista accende la radio e subito arriva la notizia delle dimissioni del ministro Maurizio Lupi. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dice lo speaker, domani parlerà a Montecitorio. «Si tratta di una atto di responsabilità, ha tenuto a sottolineare l’uomo politico», un secondo prima che parta una canzone di Gigi D’Alessio. Roma si allontana, insieme al silenzio dei suoi viaggiatori. Una signora di mezza età con un braccio ingessato risponde al telefono e ringrazia l’interlocutore del “pensiero”. Un ragazzo sulla trentina, poco più avanti, fa amicizia con una donna molto più grande di lui. Ha voglia di spiegargli perché è stato nella capitale: «Ci vado una volta al mese, ma non per lavoro, io il lavoro non ce l’ho. Quando ho voglia di staccare ci vado. Ho preso una camera, non costa tanto. Poi, però, torno sempre». Alle sue spalle c’è un uomo con una barba lunga. «E’ un musulmano» sussurra al marito un’anziana signora. Non smette un secondo di scrutare ogni suo movimento. E’ preoccupata, glielo si legge negli occhi, ma l’uomo dalla barba lunga non sembra interessato alla cosa. O forse ci è abituato. Non parla, non ascolta, non osserva. E’ composto e non si muove mai. Accanto a lui non siede nessuno. Sarà così per l’intero viaggio.

Il suo silenzio, a un tratto, viene travolto da una musica proveniente dal fondo del pullman. E poi è un continuo vociare, smorzato di tanto in tanto da risa fragorose e sincere. Otto ragazzi africani occupano la coda di quel mezzo imperioso che ha appena superato il Lazio. A Salerno c’è la sosta, dura circa venti minuti. Pipì caffè e sigaretta. La ripartenza è accolta dal buio e dal primo segnale familiare della giornata sul ciglio della strada. La Salerno-Reggio Calabria accoglie con distacco i viaggiatori diretti sempre più a Sud. Tutti quei pochi volti improvvisamente alzano il loro sguardo verso la tv. E’ appena iniziato un film con Raul Bova e Luca Argentero. Racconta la storia di due fratelli che si odiano e tornano a volersi bene quando uno dei due fa un incidente e perde la memoria. Tra donne seminude, tradimenti e dialoghi improbabili, il tempo scorre rilassato. Ognuno, nonostante tutto, vuol sapere come andrà a finire quella storia, tranne l’anziana che non ha ancora smesso di fissare quell’uomo dalla barba lunga, anche lui con gli occhi rivolti verso lo schermo lontano.

A Sala Consilina un’altra voce femminile, proveniente da chissà dove, chiede quanto manca a Morano mentre le risa dal fondo non smettono un secondo di riempire un pullman mai così annoiato. Il film ha un lieto fine, proprio mentre si entra in Calabria. La tv si spegne, la strada adesso non è più illuminata, e si vede poco. Si vede niente. Si riescono a scorgere appena le gru dormienti su un asfalto che, improvvisamente, smette di essere lineare. Non tardano a materializzarsi le prime curve e poi, sparisce l’autostrada. Ora si procede piano, quasi a passo d’uomo. Bisogna superare un percorso interno, lungo e stretto. Le curve sono continue e si sentono soltanto. Non si vede nulla, solo qualche faro di auto e camion che ogni tanto arriva dalla parte opposta. Il panico. Lì, un pullman così grande e una macchina non possono passare. Iniziano le manovre, si fa marcia indietro con cautela, col rischio costante di precipitare chissà dove. Bisogna collaborare, altrimenti qui non se ne esce prima dell’alba. Sempre che un’alba arrivi. Giungono altre macchine, altri pullman, e quella via tanto piccola non sembra pronta a reggerle tutte. «Siamo a Laino, qui è morto un ragazzo che lavorava sull’autostrada» dice ad alta voce l’anziana spaventata. L’ha ammazzato il lavoro, aveva 25 anni. Di colpo un silenzio nervoso e ingombrante si manifesta persino laggiù dove fino a pochi minuti fa otto ragazzi africani ridevano ascoltando musica. Gli occhi della signora hanno abbandonato la temibile immagine dell’uomo dalla barba lunga. Lui continua a rimanere immobile, incurante di ciò che sta accadendo fuori e intorno a lui. Ogni manovra è un piccolo grido di paura. Ogni passo è un’incognita. Ma l’autista è bravo e dopo un’ora Laino è alle spalle. Alla fine del tunnel oscuro, un poliziotto provinciale a bordo strada chiede se sia andato tutto bene. Qualcuno sorride, nessuno ha voglia di rispondere. E poi di nuovo via, si riparte. A Castrovillari, chi deve raggiungere Cosenza dovrà cambiare mezzo.

L’autostazione non ha vita, non ha colore, e quando il pullman della speranza svanisce nel nulla, sul marciapiede, ad attenderne uno uguale in arrivo ci sono solo due ragazzi cosentini e otto africani che trascinano i loro pacchi e i loro bustoni celesti. Salgono tutti sul nuovo bestione che stavolta senza un sottofondo sul fondo di risate fragorose e musica raggiunge la città. Sono le 10 passate e Cosenza non è Roma. Qui fa freddo, e uno di quegli otto ragazzi tira su la cerniera del giubbotto.

Prende la sua roba e a fatica chiede: «Scusa amico, dov’è la Fiera?».

E’ qui.

Francesco Veltri
Francesco Veltri

Guaribile romantico del giornalismo calabrese. Scrive per non dimenticare e si ostina a osservare l'inosservabile. Ha lavorato con alterne sfortune nelle redazioni della Provincia cosentina, di Cosenza Sport, di Cronaca della Calabria, di Calabria Ora e dell’Ora della Calabria. Per Diarkos ha scritto "Il Mediano di Mathausen"

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