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GIGI MARULLA | Il vero nueve che fu ultimo re dei bruzi

Ettore De Franco
Ettore De Franco
Luglio20/ 2015

Ci sono mille modi di scovare i tesori calabresi. Per arrivare alla Cattolica di Stilo si può prendere il classico cammino che da Monasterace Marina si lascia alle spalle la costa ionica per arrampicarsi sulle Serre, oppure ci si può arrivare dal versante opposto e meno ortodosso, prendendola alle spalle dalla montagna arrivando da Pazzano, per sorprenderla nella sfuggente bellezza che hanno cose e persone se guardate in un momento di distrazione. Di solito i viaggi in cui si percorrono le strade meno ovvie, quelli in cui tra la partenza e l’arrivo si toccano luoghi squallidi e posti magici, sono quelli che passano alla leggenda. Gigi Marulla, un ragazzo che nella memoria cosentina sempre sarà ricordato come stempiato e con un fisico da centromedianometodista più che da attaccante centrale, decise di passare per Avellino e Genova prima di stanziarsi definitivamente sulle rive del Crati. Apprese l’apertura mentale della vecchia Repubblica marinara e la capacità di resistenza all’oppressore nel Sannio, dove qualche millennio prima del suo arrivo la popolazione locale resistette a lungo prima di capitolare ai romani, per questo riuscì a diventare uno dei simboli della contraddittoria ed eclettica Cosenza, nonostante abbia chiuso la sua carriera da giocatore fra i Lupi del Pollino.

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COME LUI NESSUNO Con il Cosenza Marulla ha disputato 330 partite con 91 reti fra Serie B e Serie C1

Quando penso a lui immagino le risate che s’è potuto fare quando qualcuno in televisione ha pronunciato per la prima volta la definizione di ‘falso nueve’, un insulto alla sua carriera ed a quella di molti centravanti che come lui fecero dell’abilità di segnare con scaltrezza e nonostante la marcatura stretta le colonne portanti della propria carriera. Se qualche allenatore, quando ancora non esistevano i droni, le statistiche esasperanti e Fifa (il videogioco) si fosse permesso di dire nelle sue vicinanze che il ‘suo attaccante preferito è lo spazio’ , sono sicuro che Giggi per dirlo alla cosentina, lo avrebbe colpito con la stessa mano destra che salutò Maradona al momento dello scambio dei gagliardetti nella storica amichevole che mise difronte i Lupi al Napoli del Diego. Gigi è uno di quei fenomeni (diverso ma non per questo meno significativo del Ronaldo dell’Inter) capaci di unire memoria individuale e collettiva in racconti senza inizio e senza fine; Marulla capitano di mille battaglie è un magico connubio che ti fa capire che come l’io si trasforma nel noi, che permette la celebrazione delle nozze tra realtà e fantasia; egli era un attaccante assolutamente autosufficiente capace di inventarsi gol nella solitudine dell’area di rigore ma che, al tempo stesso, si sublimava con grande generosità nell’interazione con i suoi partner portando al delirio diffuso quando in Curva Sud si cantava ‘rulla Marulla La Canna’. Dopo il suo gol ai supplementari a Pescara contro la Salernitana, giorno del signore 26 giugno del 1991, in quella partita che ci sembrava magica per il semplice fatto che il nome dell’attaccante di Stilo sgusciasse tra le corde vocali di Pizzul proprio come la sua casacca tra i legnosi centrali dei campani, ricordo di essere andato al fruttivendolo sotto casa e di aver preso in prestito una di quelle grandi banane di plastica della Chiquita per improvvisare una scarna sfilata di celebrazione per le vie di Commenda coi miei amici Marco e Maurizio, originari di San Benedetto Ullano.

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RITIRATELA La maglia numero nove di Marulla è un simbolo del calcio romantico riconosciuto in tutta Italia

Me lo ricordo Marulla, il Tamburino di Stilo. Ricordo l’ammirazione attraverso cui guardai il suo primo gol, uno stacco di testa controtempo per spiazzare il portiere, nel folle 7 a 4 contro la Reggiana il trenta di dicembre del 1990, in una partita degna di una canzone di Offlaga Disco Pax. Quella partita la ascoltai per radio col mio amico Pippo e suo nonno di San Giovanni in Fiore, in una fredda casa posta alla fine de à sagliuta ì Pagliaro. Marulla è stato il leit motiv di migliaia di storie che grazie al Cosenza si popolavano di posti, luoghi e personaggi, di socialità e solidarietà. Una di queste storie, quella di Marulla, numero 9, si chiude col più crudele dei gol, l’otto di giugno del ’97 a Padova, quello che ci fece capire una volta per tutte che a salvezza ottenuta o in caso di retrocessione matematica, che lanciato in contropiede o sul filo del fuorigioco, che sotto la Sud o in una fredda trasferta Gigi il suo golletto lo garantiva sempre. Nel secondo tempo della sua breve vita è stato allenatore senza rincorrere i fasti, maestro per molti giovanissimi alle prese con i primi calci e uomo discreto disponibile e impegnato. Con la nove sulle spalle è stato invece idolo di Lupi e Grifoni, simbolo senza macchia di un calcio romantico oggi da molti rimpianto. Con 330 presenze e 91 reti in riva al Crati è diventato una bandiera del Cosenza celebrata nel giorno del centenario e conosciuta da tutta Italia anche se nella massima serie non è mai riuscito ad arrivare. Sarebbe forse stato uno Schillaci, ma se a Napoli dici Maradona e a Roma dici Totti a Cosenza devi dire Gigi Marulla, e questo non cambierà mai, soprattutto se, come molti chiedono in queste ore, lo stadio dove ha riscattato il destino di un branco un giorno porterà il suo nome.

I gol più belli del “Tamburino di Stilo” con il Cosenza Calcio

Ettore De Franco
Ettore De Franco

Terzino destro limitato tecnicamente ma in grado di chiudere le diagonali. Avviato alla scrittura dal Nonno che gli chiedeva di cercare sul vocabolario le parole risolutive dei suoi cruciverba. Rosso e blu ma più rosso che blu. Ambasciatore bruzio presso il nord della Penisola iberica ed in tutti e due fronti della Guerra delle Malvine/Falklands, attualmente in riposo, da tutto.

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