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LA LETTERA | Leggere i giornali fa malissimo

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri
Maggio20/ 2014

Salve direttore,

ormai è come con la tv. Penso che ormai siamo in mezzo a così tanta spazzatura che leggere i giornali è diventata non solo una cosa inutile, ma persino dannosa. Leggerli fa male, viva la Rete, molti auguri.

 

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Salve a lei,

sarà più difficile delle altre volte far credere che non me la sia scritta da solo, egregio lettore. Così, ringraziandola per gli auguri, le appunto qui cosa scriverei sul diario se Facebook non avesse reso idiota anche questa bella parola.

Nemmeno io leggo più il giornale d’oggi, così fan tanti. Mi diverto come pochi però a immaginare come sarà quello di domani e, soprattutto, a rileggermi quello di ieri. Pure quello di avantieri. In realtà grazie a Internet capita che inizio così e non smetto più. Come stanotte che sono finito sulla Prima de La Stampa del 20 dicembre 1924. Tiene banco l’aggressione a Carrara degli inviati dei giornali liberi andati lì a raccontare il primo sciopero del sindacalismo fascista. La cronaca, magnifica, è affidata a Ettore Soave. Un cronista specializzato in diritto corporativo che forse quella sera ha scoperto di essere un grande cronista. Scrive da Sarzana, la città della prima vera eroica insurrezione antifascista, avvenuta quattro anni prima di quell’articolo scritto per il quotidiano di Torino la sera di venerdì 19 per l’edizione del mattino di sabato. Lo so perché c’è scritto sotto il titolo, proprio come nei giornali di domani. Ah, già: il titolo. “Come fu consumata l’aggressione ai giornalisti”. Bello, su due righe. Si indugiava nel piazzale dell’albergo aspettando l’orario della partenza del treno di mezzanotte. Non ci sono solo i giornalisti, anche alcuni viaggiatori e avventori del luogo. Ad un tratto, saranno state le 11 e 30, arrivano due inviati che si erano intrattenuti con altri amici. Il primo si chiama Giovanni Ansaldo, è ferito.

Pausa.
Scopro che è Ansaldo della famiglia Ansaldo, quell’Ansaldo dei tre de “Il Borghese”: Longanesi, Montanelli e, appunto, Ansaldo. Un gigante, insomma.
Fine pausa.

È ferito,dicevamo, sulla giacca porta ancora la polvere per una sassata ricevuta dai fascisti, quando era già di spalle. Ha un forte mal di schiena, si piega in due. Vanno in suo soccorso e cercano di parlare anche con l’inviato del “Mondo” – come si chiama lo scoprirò dopo – quando la squadraccia li raggiunge. Parla uno piccoletto, dietro gli altri brandiscono a mezza altezza il bastone ricurvo purtroppo noto in quegli anni come clava.

Il tizio indica i quattro giornalisti:
– “Diteci di dove venite e cosa cercate”.

Nemmeno il tempo di abbozzare una risposta che partono urla e mazzate, di mira soprattutto il noto Ansaldo. I giornalisti nella mischia provano a riparare qualche colpo e a rifugiarsi nelle stanze dell’albergo quando partono degli spari che raggiungono, sulla scala del primo piano, il piede sinistro del Ceriani, Alfredo, corrispondente del Corriere della Sera. Sì, un po’ mi sto immedesimando. E non dico di quando leggo dell’Ansaldo che rischia di perdere i sensi per le percosse mentre arriva in suo soccorso l’inviato del Mondo, che riesce pure a portarlo via dallo stabile, svanendo nell’oscurità dei vicoli di Carrara. Qui scopro il suo nome: Gaetano Sprovieri.

La storia mi aveva emozionato abbastanza già prima di saper del fatto che uno dei quattro aveva il mio nome, al punto di scoprire che un altro ha persino lo stesso cognome sono come Fantozzi in ginocchio davanti alle televendite sexy. Che poi prima di rimbecillirci era per questo sano tipo di dipendenze che ci avevano inventato Internet. Comunque, sono su sei motori di ricerca in contemporanea nella speranza di saperne di più dell’inviato del Mondo con il mio stesso cognome che per poter portare il pezzo sindacale al suo giornale respingeva a mani nude le manganellate fasciste e salvava l’Ansaldo accerchiato in una stanza d’albergo di Carrara, dileguandosi nella notte.

Nulla, non trovo nulla. Così mi ricordo che la Rete non sa tutto e ragiono sul fatto che, credendo di fare lo stesso mestiere dei quattro, la cosa più simile compiuta oggi è stata il palese non ridere a una battuta in pubblico di Sandro Principe e il ridere in solitaria scrivendo un tweet su Beppe Grillo.

Se è questo il senso, ha ragione: leggere i giornali al giorno d’oggi fa malissimo.

sas

leggere

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri

Nel 2002 ha fondato "Mmasciata". Poi un po' di tv e molta carta stampata. Più montano che mondano, per Mimesis edizioni ha scritto il libro inchiesta: "Joca, il Che dimenticato".

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