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Perché il PrideCs è stata una vittoria dei giovani

Francesca Pignataro
Francesca Pignataro
Luglio05/ 2017

Sabato 1 luglio Cosenza ha ululato con tutta la sua forza per accogliere il primo pride della sua storia. Una marcia di rivendicazione colorata e disposta a non prendersi troppo sul serio si è impegnata a battersi per la difesa dei diritti civili attraversando festosamente la città. Il corteo è partito da piazza Loreto per arrivare a piazza Amendola, luogo simbolo per la comunità LGBTQIA cosentina. In passato, prima dell’invenzione dei social network, nelle ore notturne si trasformava nel luogo di ritrovo per omosessuali e persone transgender, ma era anche il posto in cui esplodeva l’ipocrisia dei cosentini che di giorno discriminavano i “deviati” e la sera li rincorreva.

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Unanime il commento della stampa nazionale: in barba ai pregiudizi di chi considera i pride delle occasioni per “autoghettizzarsi” – importante su questo ricordare che la manifestazione non ha ottenuto il patrocinio dell’amministrazione comunale della città – il Cosenza pride si è rivelato un momento straordinariamente inclusivo, se vogliamo intersezionale. Non è stato il pride di qualcuno, ma il pride di tutti coloro i quali credono che l’equità sia un valore e che sia ancora necessario manifestare affinché tutti possono godere dei medesimi diritti. Sotto il sole battente hanno infatti marciato persone di orientamento sessuale e con identità di genere differenti, ma anche persone di età diverse, dai bambini agli anziani. Persone di etnie, religioni, orientamenti politici ed ideologici diversi tra loro, hanno marciato novelli sposi e coppie di fatto, disabili e normodotati: in poche parole si sono unite le diversità nel nome della tutela delle minoranze. In una terra che ancora fa registrare tanti ritardi non era affatto scontato.

Ma come abbiamo già argomentato (qui), il  PrideCs è stato anche un successo di organizzazione e comunicazione; una complicatissima macchina che in un periodo delicato per le grandi manifestazioni si è dimostrata perfetta o quasi, ideata costruita e guidata da giovani. Proprio a Piazza Amendola, sui gradini di una scalinata, ne abbiamo chiacchierato con Achille Monteforte, designer e ideatore del lupetto simbolo del P.R.I.D.E.C.S. 2017.

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Cosa ha significato per te lavorare alla creazione di questo logo?

Ho vissuto a Cosenza fino a un paio di anni fa, mi consideravano un ragazzo “strano” per via dei miei interessi. Gli altri non erano interessati a comprendere la mia stranezza e allora pensavo di dover essere io a dovermi adattare a loro, ma comunque per me era difficile trovare qualcuno che mi capiva. Mi sembrava che i cosentini volessero mascherare ciò che sono, ma per me era assurdo, e attraverso l’arte ho provato a sfogare il malessere che mi causava tutta questa condizione”.

Vivere il Pride a Cosenza ti ha lasciato sensazioni nuove?

Sì, poi crescendo ho scoperto che non sono io a dovermi adattare agli altri, e nel mentre mi sono trasferito a Milano, ma ogni volta che torno a Cosenza non riesco a sentirmi davvero a casa. Oggi però mi sono stupito, perché ho visto tante persone diverse venire qui e partecipare al pride e forse adesso Cosenza è meno arida di contenuti e sentimenti rispetto al passato. Creare il lupo e partecipare a questo pride per me è stata un’opportunità per lasciare alle spalle le mie esperienze negative: magari da questo giorno cambierà la mia prospettiva verso questa città.

Francesca Pignataro
Francesca Pignataro

20enne tutta ansia che oscilla tra il caos e la precisione maniacale. Scribacchio, o almeno ci provo, per rabbia o per gioia. Se armata di taccuino e penna sembro poco seria e non è solo un'impressione, ma sto provando a migliorare.

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