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La felicità è uno sguardo indio

mmasciata
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Luglio07/ 2017

di Andrea Mammone

Ero appena tornato da una serata passata sulle rive dell’Hudson, all’altezza della Columbia University. C’erano indiani americani che suonavano con profughi siriani e insieme a un gruppo di clandestini boliviani. Nell’America dello pseudo-dittatore nazionalista, quest’ultimi erano  “protetti” da una non molto distante chiesa cattolica che li ospitava. Nessuno di noi poteva dire di provenire da quel luogo. Eravamo, sotto vari punti di vista, tutti dei migranti: dello spirito, dei sentimenti, della nostra terra madre. Resto per ore sul terrazzo che da Brooklyn guarda Manhattan. È anche la serata più calda della primavera, e l’ultimo giorno di questa stagione. Domani inizia l’estate – e le ultime hanno portato sempre novità. L’aria è spinta da un’asciugacapelli e in cielo volano molti gabbiani. Ascolto il rumore  delle onde mentre ripenso alle risate e ai sorrisi di una pittrice cilena incontrata sulla riva qualche ora prima.

“Una notte di pace, stabile o meno poco importa.  Finalmente!”, direbbe Albo dell’Old Square Beats, un ex duro tramutatosi in saggio hippie.

È il momento perfetto per una serie di pensieri diffusi sul viaggio – il mio, il loro, quello di tanti altri e altre. Un viaggio che è metafora di esistenza stessa: cammino come procedere del tempo. Della meta non si ha sempre certezza.

Al momento è come un viaggio sugli anelli di Saturno o su un vinile in un vecchio giradischi.” Mi disse un giorno uno scrittore curdo in esilio in Francia.

Infinito il primo, finisce il secondo. Incertezze della vita, mistero del viaggio in se stesso. È il mistero, o un insieme di segreti, che contraddistingue l’esistenza, l’essere animato da quello inanimato. Il mistero è nella voglia di partire, di restare, di tornare, di scappare, appunto di viaggiare. Un viaggio immaginario, uno in movimento reale e fisico. A volte si sceglie, altre si viene scelti. A volte si naviga, altre ci si lascia trasportare dalle onde. Non dovremmo restare però mai troppo fermi. “Chi ha la sfera di cristallo?” inizio a pensare, mentre attorno veleggiano mille bolle trasparenti che in parte riflettono i miei occhi quando provo a guardarci dentro, in parte hanno la densità dell’acqua.

Il dubbio è, semmai, con che intensità lanciarsi. E la scelta, come la corrente del fiume, comporta rinunce, addii, forse rinascite, forse ritorni. La vita, come il viaggio, appaiono appunto come un disco del DJ con i baffi o come un assolo della cantante col fiore nei capelli. Infiniti e finiti allo stesso tempo. Sono come una playlist che ti fanno ascoltare oppure come una colonna sonora che selezioni per un tratto del tuo cammino. Se non sei nato ad Aleppo e non sei nemmeno una mamma che scappa dalle coste libiche, allora Firenze, New York, Roma, Paola o chissà dove diventano un tutt’uno che si mischia nel tempo e nello spazio. Ogni luogo può essere relativo. Eppure in questa incertezza, nei suoi dubbi, difficoltà, tristezze, malinconie, nostalgie, esistono sempre gli scampoli di felicità. Sono negli occhi di una donna indios o nei sogni di un bambino che pensa troppo. Possono durare un momento o fino a quando lo vogliamo.

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Il collettivo Mmasciata è un movimento di cultura giovanile nato nel 2002 in #Calabria. Si occupa di mediattivismo: LA NOSTRA VITA E' LA NOTIZIA PIU' IMPORTANTE.

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