«Il ragazzo è intelligente ma non si applica». Lo dice a se stesso – il ragazzo Dente – con ironia, tra una canzone e l’altra, spezzando quel sostrato di tensione che lega ogni artista a un pubblico in fervente attesa. Il “Gran band epilogo tour” di Dente fa tappa al teatro Auditorium dell’Unical in un’ambientazione calda e accogliente. Tutti in fila per i biglietti. Manca poco al sold-out. Poi la corsa a occupare il proprio posto. Nelle retrovie alcuni ripassano le canzoni. «Speriamo faccia Quel mazzolino» – sussurra una ragazza al vicino. Dietro di noi c’è anche il rettore Gino Crisci, che s’intrattiene ripassando gli appuntamenti del giorno seguente. Nel frattempo, parte della Brunori Sas arriva filo filo per il concerto e i giornalisti preparano i note-book per gli appunti. Enrico Miceli – firma del Garantista – rimane sul classico: penna e blocco note. Fa resistenza a chi tenta scherzosamente di rubargli i “ferri del mestiere”. Tra una risata e l’altra, si spengono le luci e parte un applauso. Entrano Dente e i suoi musicisti. Luci violacee, il concerto si apre con La presunta santità di Irene. Uno dei pezzi più celebri. Dopo l’intro strumentale, la contorta espressione che recita così: «Questa donna, non è una donna. Questa donna è un miracolo…». Si guardano gli innamorati, tenendosi per mano e intonando le prime strofe. Il colore della chitarra acustica s’intona al legno del teatro e agli stivaletti che indossa. Dal modo in cui si muove, lascia intuire di aver guardato tante cassette dei concerti di Elvis. In realtà è un po’ più lento, parimenti molleggiato e con una pettinatura molto più complessa. «Scrive le canzoni dal parrucchiere!» – afferma un altro. Maglietta grigia e aderente, giacca nera elegante, seconda solo a quella a quadretti indossata dal responsabile artistico della stagione dell’Auditorium. Un unico flusso autoironico e sarcastico accompagna i principali successi del cantautore. Le pause sono un continuo botta e risposta col pubblico. La voce si fa flemmatica e l’ironia british più acuta. Sembra annoiato. Recita una parte. Dente piace anche quando chiede un applauso alla sua forza di volontà (sic!), probabilmente tirata a lucido per l’occasione. A me piace lei, L’amore non è un’opinione e Canzone pop seguono la più recente Invece Tu. Mentre l’artista continua a etichettare il teatro nei termini di un club (col fumo) – alludendo agli effetti scenici. Ridono un po’ tutti. Lui anticipa il “giochino del bis”. Lo dà per scontato. E, infatti, succede. Qualcuno s’irrita, ma la maggior parte sorride e lo applaude. Lo disegnano così, piace e si piace. Finisce anche con diverse file in piedi ad applaudire, ma più dietro c’è chi parafrasa Beato me, il suo pezzo d’esordio: «La prossima volta compraci il biglietto, che poi ti diamo i soldi». Peccato non l’abbia sentito.
GALLERIE | Della presunta ilarità di Dente

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