di Matteo Dalena
Nasce nell’antica “Franca Martina” nel cuore della Murgia barese, suolo di lotte e bianche pietre parlanti, terra rossa di sangue e angheria. Del senso di quei luoghi respira il giusto, poi, la vita nel paese tarantino di Crispiano ad un tiro di schioppo da quel polo siderurgico che “allora sfamava quasi quarantamila famiglie come la mia”. Porta un cognome pesante, quello dell’antico combattente calabrese Marco Berardi. Lui si chiama Davide e con i banditi cinquecenteschi, animati da sentimenti antifeudali e antispagnoli, condivide almeno l’emblematico “chi si accontenta muore”. E’ il titolo del suo ultimo disco: un contenitore vario che, proprio per la camaleontica capacità di spogliarsi e rivestirsi di abiti musicali sempre diversi, ha il dono innato dell’adattabilità ai più diversi target di pubblico. La lotta di Berardi, quella musicale, è pregna dell’amore per quella terra – mamma “che mi ha allevato” (“Mia Terra”) e che, pur essendo considerata “la chiu brutta…la chiu merda” non è il luogo più adatto “pe’ gittà rifiuti”. Storie di vita, di morte, di passaggio, di anime e di genti, le proprie genti, quelle “di musica popolare … di sole, pane e tradizione in questa guerra che nessuno vuole” cantate assieme Eugenio Bennato in “Ninnarella” con il piano di Mario Rosini. E’ la guerra dell’oggi o di quel “ieri” non troppo lontano, contro un nemico invisibile che prolifera laddove regnano silenzi e omertà, “che se contraddici, copre gli occhi e colpisce”.
Tre proiettili calibro 22 e Beppe Alfano, “giornalista rompiscatole”, viene abbattuto in quel lontano 8 gennaio del 1993. In “Senza dire niente”, brano di memoria e denuncia accompagnato dalla tromba di Roy Paci, è racchiusa la parola di un padre che quotidianamente descrive “il lutto, il peso ed il dolore” e invita l’amata prole a reagire perché “nel mio paese non muore chi cade ma chi si accontenta”. Il resto è storia di viaggi, di celibi e briganti, amori stroncati dalla guerra, altri in corso o, semplicemente, sul filo. E’ nel pezzo n.8 (Il filo) che Davide Berardi da il meglio di sé, musicalmente e contenutisticamente. Un libero schierarsi in favore dell’altrui libertà alla vita o alla morte. Una sfida musicale a quelle troppe lingue battenti bandiera di “fede e conoscenza, legge di morale, spettacolo di scienza”, un filo ininterrotto che per quelle “ripetizioni di latino e greco” improvvisamente stroncate da un drammatico “crash” contro un palo della luce il 18 gennaio del 1992, ci conduce dritti al caso di Eluana Englaro morta ad Udine il 9 febbraio del 2009 per sospensione forzata di idratazione ed alimentazione artificiale. Denuncia sociale, memoria, poesia: questo è Davide Berardi, ragazzo ventiseienne, musicista capace di far rivivere le diverse atmosfere dell’animo umano, il lutto, la festa e quell’amore che, sempre benvenuto, “trase, fusce e se diverte” (L’amore di Lunetta). Musicista etico, impegnato e solidale, guerriero dell’oggi che, non accontentandosi di “strisciare” in una quotidianità tutta crisi e rassegnazione, agli squilibri di un mondo sbilanciato forse troppo “ad Ovest”, decide di puntare tutto sul ritorno “ad Est”, alle proprie radici, ai boschi del Gargano, ai mari del Salento, all’antica terra degli Apuli, un po’viaggiatori, un po’ pirati, di cui Davide reca, forse, l’essenza.
Ti potrebbe anche interessare:
http://www.youtube.com/watch?v=bPipgDZEHZo