di Fausto La Nocara
Stasera il Sabatum Quartet è pronto ad infiammare il pubblico di Cosenza. Il frontman Trieste Marrelli, pochi giorni prima parla con noi dall’autogrill alle porte di Siena. Ha ancora negli occhi la soddisfazione della vittoria al festival-concorso “Profumi e Sapori della Calabria”, che si è svolto a Roma a inizio giugno. Il popolare gruppo del Savuto ha trionfato alla kermesse promossa dall’associazione “Profumi della Calabria” da quattro anni all’interno di un grande appuntamento che riunisce i calabresi che vivono a Roma. Una comunità importante, la più grande della Capitale, con le sue oltre 500.000 persone. A Roma i Sabatum suoneranno ancora fra qualche settimana, prima devono risalire lo stivale, proponendo l’etnico calabrese fino alla Lombardia.
Ma i Sabatum non sono solo tarantelle, perché oltre oltre a rivedere le grandi canzoni popolari in chiave originale, propone un ampio repertorio di canzoni scritte e musicate dai componenti del gruppo.
“Sì, la tradizione riproposta in chiave musicale è solo un mezzo, quello che vogliamo è raccontare la Calabria attuale con nostri brani che arrivino alla gente. Raccontiamo bellezze e problemi della nostra terra per come noi li vediamo”.
Alcuni brani tra i più famosi sono la dimostrazione che una certa tradizione può non solo essere raccontata, ma può avere nuova vita. Raccontaci dov’è che prendete l’ispirazione dei vostri testi e chi li compone.
“Lavoriamo tutti insieme e sviluppiamo collettivamente le idee che ci vengono in modo individuale, come un vero gruppo dovrebbe fare. Lo spunto per i testi arriva dall’attualità che va a fondersi con le radici sonore che ci accompagnano da sempre”.
Quando si parlava di musica popolare prima si pensava a Bennato al Parto delle nuvole pesanti, agli Alla Bua ecc… ora invece si deve fare i conti con tante nuove band, fra i quali voi, che ispirano e appassionano tantissimi giovani. Secondo te cos’è cambiato con questa sorta di ricambio generazionale, e cosa cambierà?
“Devo dirti la verità, pensavo che all’inizio fosse un fenomeno commerciale. I gruppi che ora propongono musica tradizionale sono una miriade, ma penso che questa fase si esaurirà presto, e sopravviverà solo chi ha veramente qualcosa di nuovo da dire. Hai citato due mostri sacri, il maestro è stato sicuramente ha il merito di aver riproposto quando nessuno ci credeva la nostra musica tradizionale, ma il Parto è l’esperimento secondo me più interessante e più copiato. E’ riuscito a creare qualcosa di nuovo con quello che avevamo dimenticato della nostra cultura”.
Quest’estate girerete lo Stivale, prima siete stati anche in Germania, in Canada, in Sud America. La nostra musica tradizionale, tipo la tarantella, deve per forza parlare italiano, oppure può attecchire in forme nuove anche all’estero?
“Lo ha già fatto. In questo vedevamo l’enorme differenza fra Argentina e Canada ad esempio. In Sud America attraverso la nostra musica il nostro dialetto diventava un linguaggio universale e comune per cementare il racconto della nostra terra per così com’è veramente. La musica si fonde, si contamina, e nei concerti il messaggio arriva senza troppi sforzi là dove certe tradizioni sono state preservate”.
Forse perché, in fondo, i Sud del mondo parlano la stessa lingua.
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