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Non so scrivere di Frank Zappa

admin
Dicembre04/ 2013

frank zappa 163840

di Paolo Vigna

“Parlare di musica è come ballare di architettura”.

Sono passati 20 anni dalla scomparsa del più grande genio musicale del ‘900. Un’artista mai compreso, forse perché è effettivamente impossibile comprendere. Scomparso per un cancro alla prostata  pochi giorni prima di compiere 53 anni, ha lasciato un’eredità discografica impossibile da dominare: fino ad ora sono 62 gli album pubblicati quand’era ancora in vita, e 32 quelli postumi alla sua morte, ma sono in tanti a sostenere che nel suo “bunker” vi siano ancora ore ed ore di nastri inediti.

Nato a Baltimora il 21 dicembre del 1940, con il sangue francese e siciliano, crebbe in Florida, dove il clima più mite lo aiutò a guarire da raffreddori, asma e sinusiti a cui il piccolo Frank Vincent era spesso soggetto. Già da adolescente mostrò il suo dissenso verso i canoni imposti dalla società. Diplomatosi, seppur con un voto finale inferiore alla sufficienza, decise di non intraprendere gli studi universitari e, nonostante le pressioni del padre, andò a vivere in uno studio di registrazioni insieme all’allora compagna Lorraine Belcher. Proprio in quel periodo Frank Zappa connobbe la galera. L’accusa, per lui e la sua ragazza, fu di  associazione per delinquere per la produzione di materiale pornografico; accusa che cadde per entrambi, ma Frank fu costretto a scontare 10 giorni di prigione. Nel 1966 riuscì a convincere la band Soul Giants a suonare le sue composizioni. La MGM offrì un contratto al gruppo, che nel frattempo aveva deciso di chiamarsi Mothers of Invention, e nello stesso anno venne pubblicato Freak Out! Ma questa è tutt’altra storia.

L’album fece scalpore sin da subito. Il fatto stesso che si trattasse di un doppio cd, il secondo della storia del rock (il primo fu Blonde on Blonde di Bob Dylan), fece scandalo, ma ancor più eclatanti furono i dissacranti testi nei confronti del rock anni 60. L’importanza di questo album è testimoniata dalle affermazioni che Paul  McCartney è solito fare a riguardo, rivelando l’influenza che il concept album ha avuto nella stesura dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band  dei Beatles. Una pietra miliare, Freak Out!, che è quanto di più eterogeneo possa esser stato concepito nella scena musicale dell’epoca; con il contorno di musicisti a dir poco incredibili.

I musicisti talentuosi sono sempre stati una sorta di ossessione per Zappa, che sosteneva di essere “un tizio che scrive musica che non riesce a far eseguire”. Dopo l’abbondono dei Mothers of Invention, infatti, si è sempre circondato di musicisti virtuosi; i migliori sulla piazza. A conferma di ciò è il brano The Black Page, scritto appositamente per l’allora semi sconosciuto batterista Terry Bozzio, il quale, secondo Zappa, era l’unico capace di eseguire “la pagina nera” di note più intricate della storia dello strumento. A sostituire Bozzio, nell’accompagnamento ritmico, fu chiamato Vinnie Colaiuta che eseguì, durante l’audizione, il brano a memoria. L’eccellenza dei batteristi (un altro “figlio” fu Chad Wackerman) è dettata dal fatto che Frank Zappa, prima di diventare uno dei migliori chitarristi di ogni epoca, si cimentò con la batteria, influenzato dalla ricerca ritmica e dalla “musique concreta” di Edgar Varese. Anche i chitarristi che lo accompagnarono nei suoi memorabili concerti non erano di livello inferiore: Mike Kaneally, Warren Cuccurullo o, come veniva chiamato dallo stesso Zappa, “the little italian virtuoso” al secolo Steve Vai.

Dotato di un senso melodico tanto istintivo quanto piacevole, sul palco era una vera e propria macchina da guerra. You Can’t Do That on Stage Anymore ne è la conferma: una raccolta sterminata di tutti i suoi migliori live. Un aneddoto sottolinea il suo genio d’impatto con la scenografia dei sui conconcerti: l’8 luglio 1982, a Pistoia, fece installare un megaschermo sul quale veniva trasmessa la partita dei mondiali di calcio Germania Ovest – Francia. Prima che iniziasse il concerto, salì sul palco e disse “Chi non capisce un tubo della musica che faccio può tranquillamente guardarsi le partite… così non ha buttato i soldi del biglietto”.

In uno dei suoi ultimi dischi si domandava se lo humor stesse bene nella musica. Lui che nel corso della sua carriera, breve in quanto a longevità ma infinita in quanto a produzione, ha sempre usato l’ironia per distaccarsi dal conformismo della società, per gridare il suo dissenso verso le religioni (“La religione è uno dei maggiori ostacoli che dobbiamo affrontare nel mondo d’oggi”) e chi la pratica (Catholic Girls o Jesus Thinks You’re a Jerk); ironia usata per descrivere il mondo della Disco e dei suoi seguaci (Disco Boy), la politica e i politici, le major e tutto quello che di sbagliato vedeva nella società. Anche negli ultimi giorni prima di lasciare questa terra, mostrò il suo dissenso nei confronti della politica, annunciando la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti con lo slogan “Potrei mai fare peggio di Reagan?

Ebbene: la sua ironia, il suo modo dissacrante di descrivere le cose, il suo stile indefinito che varia dal Jazz, al rock, alla fusion, alla musica classica, alla psichedelia, al progressive rock e ancora e ancora, hanno fatto sì che Frank Zappa divenisse una vera e propria icona. Innumerevoli gli artisti che lo hanno citato o che hanno preso spunto dal suo lavoro: gli italiani Vinicio Capossela, Elio e le Storie Tese, Caparezza, fino a Tom Waits. L’omaggio più conosciuto è “Smoke On The Water” dei Deep Purple, ispirata da un concerto “andato in fumo” a Montreaux, in Svizzera, quando uno spettatore sparò un razzo durante un suo concerto con i Mothers of Invention, il 4 dicembre del ’71, esattamente 22 anni prima della sua morte.

Di capolavori Zappa ne ha lasciati tanti, forse troppi. Dal già citato Freak Out! a Absolutely Free, Joe’s Garage, act 1, Joe’s Garage act 2 e 3, fino all’album probabilmente più ascoltato Hot Rats dov’è inserita la celeberrima The Gumbo Variations, una jam di interazioni estemporanee tra i musicisti, su una base melodica concordata; la leggenda vuole che l’intera composizione, anche dei vari assoli, sia stata interamente scritta dallo stesso Zappa.

Di aneddoti ce ne sarebbero infiniti, ma come egli stesso diceva “gli articoli dei giornalisti di musica rock sono scritti da gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che

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non sa leggere”, quindi lasciamo spazio alla musica e congediamoci con uno dei tanti capolavori: la già citata The Gumbo Variations.

 

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