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KILL CAPITALISM | «My name is Joe Zangara»

Gianluca Palma
Gianluca Palma
Maggio02/ 2017

“My name is Joe Zangara. Giuseppi Zangara. I am against capitalism, sono contru u capitalismu, and i belong to the society of my idea”.

Questo era il suo mantra, apparteneva alla società della sua idea l’emigrato Joe Zangara, e nel nome della lotta al capitale voleva uccidere il presidente Franklin D. Roosvelt. Ma l’attentato fallì e a rimanere uccio, per sbaglio, fu il sindaco di Chicago Anton Cermak. Per questo fu giustiziato sulla sedia elettrica il 20 marzo 1933.

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Anarchico calabrese emigrato dall’Aspromonte negli anni ’20 per cercare fortuna Oltreoceano (dove ottenne la cittadinanza americana l’11 settembre 1929), quella di Joe Zangara è una storia poco conosciuta. Per questo Ernesto Orrico, ha deciso di raccontarla in scena insieme al musicista Massimo Garritano (che lo accompagna suonando bouzuki e dobro), con lo spettacolo teatrale “La mia idea. Memoria di Joe Zangara”, performance ideata nel 2016 e che dopo diverse repliche tra la Calabria, Napoli e Roma, a breve sbarcherà a New York, per partecipare all’In Scena Italian Theater Festival. Fra il 4 e il 7 maggio, negli States si terrà anche un panel con Marcella Bencivenni, professoressa associata di Storia alla City University di NY ed esperta di migrazioni.

Ha sempre lavorato Joe, fin da piccolo. Scalpellino, muratore, manovale nelle campagne, con il padre padrone che lo sfruttava e lo malmenava fino a provocargli un’ulcera allo stomaco: “All’età di nove anni my stomach pains beginsi, mi è inizato il dolore come spine nello stomacu”, lamenta con un linguaggio misto tra il dialetto reggino e l’inglese americano lo Zangara di Orrico. Gli è toccato anche partire militare a 21 anni durante la Prima Grande Guerra. Ma neppure negli States la condizione degli operai era ‘rose e fiori’. E Joe continuava a ripetersi che il capitalismo era “my true enemy”, il suo vero nemico. L’idea che di non avere i soldi per poter andare a scuola lo faceva imbestialire “Pinzavo always che i figli dei poveri dovevano avere gli stessi diritti dei figli dei ricchi e studiare”. E invece niente, “only work and nothing else!”. Solo lavoro.

Eppure leggeva molto – precisa Orrico – e viaggiò così tanto che, pur non essendo un uomo di cultura, aveva chiara la sua visione del mondo, credeva fortemente nella giustizia sociale”. Per questo, prendendo esempio dall’anarchico Gaetano Bresci che aveva ucciso Umberto I di Savoia Re d’Italia, quando si traferì in America, Joe decise di attrezzarsi per uccidere il presidente Roosvelt perché “pinzavo che era l’unico modo per aiutare la povera gente, eliminari i capi di Stato, i presidenti, i re e i loro amici capitalisti”. Con la sua calibro 32 a 5 colpi “accattata (comprata) per l’occasione”, Zangara aspettò la visita di Roosvelt, neoeletto presidente, a Miami il 15 febbraio 1933, dove lui si trovava in quel periodo. Forti idee ma gracile di corporatura, quando sfoderò la pistola iniziando a sparare, lui piccolo di statura, mancò il bersaglio nella folla. Per l’omicidio del sindaco di Chicago fu imprigionato nella Florida State Prison di Raiford. Sospettato, tra l’altro, di essere il braccio armato del boss mafioso di Chicago, Frank Nitti.

Zangara

Ed è chiuso in carcere che l’anarchico, interpretato da Orrico, appare sulla scena.
Sul testo ‘Le cinque setiimane di Joe Zangara’ avevo letto il suo memoriale redatto dal direttore del carcere – spiega l’attore – e l’ho reinterpretato immaginandolo davanti al giudice al momento dell’esecuzione della pena di morte”. Sulle pareti della cella i ritagli originali di giornale che parlavano di lui e le foto dei luoghi dove Zangara ha lavorato scattate apposta per la messa in scena – sottolinea Orrico – da Matteo Janni Palarchio, fotografo calabrese trapiantato a New York. “Inoltre le musiche composte da Massimo Garritano tentano di riprodurre anche ciò che avviene nel corpo martoriato e sofferente del nostro personaggio”.

Era un eroe questo calabro-americano? Ernesto Orrico in chiusura fuga ogni dubbio: “Non voglio creare miti, solo raccontare una storia che ci appartiene come meridionali. Ieri eravamo noi a fuggire dalla miseria nera della nostra terra, non dobbiamo dimenticarcene”.

Gianluca Palma
Gianluca Palma

Ho studiato fra l'Unical e Roma Tre, poi ho provato a cercare notizie con "Nuovo Paese Sera" e non sono riuscito più a smettere. Che sia un articolo o un video, un po' come nella musica, per raccontare una storia devi cercare di toccare le corde giuste. Mentre ci provo mi trovate anche all'associazione antimafia daSud o con la cooperativa del commercio equo e solidale Otra Vez.

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