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Ezio Vendrame è finito in tribuna

Francesco Veltri
Francesco Veltri
Aprile04/ 2020

Ezio Vendrame lo chiamavano il George Best del Tagliamento. È un po’ era vero, somigliava al fuoriclasse irlandese, ma, forse, era ancora più folle. Giampiero Boniperti lo aveva paragonato addirittura a Mario Kempes. Ma chi lo ha visto giocare almeno una volta sostiene che Ezio era ancora più grande. Negli anni 70 era un calciatore fortissimo, geniale, strafottente e anticonformista. Erano tutti convinti che se avesse avuto una testa da calciatore, sarebbe diventato un campionissimo. Ma a lui non interessava diventare qualcuno in un mondo che definiva di plastica, dopato. 

“A me piace giocare a calcio, non fare il calciatore”.  (Ezio Vendrame)

Era amico del cantautore Piero Ciampi e scriveva anche lui canzoni. Quando, durante una partita con il Padova, lo riconobbe sugli spalti, fermò il gioco per salutarlo. Del cantante diceva: “Mi ha stravolto la vita, se prima mi sentivo un ostaggio del mondo del calcio, dopo averlo conosciuto quel pensiero è stato più forte“. 

Cresciuto in un orfanotrofio e non perché non avesse famiglia, nella seconda parte della sua esistenza era diventato uno scrittore e un poeta. Non sopportava il calcio fisico, per lui esistevano solo tecnica e anima. E lui, di tecnica e anima, ne aveva da vendere. Capelli lunghi, look trasgressivo e talento incompiuto senza rimpianti. Un po’ come Mario Balotelli, l’unico per cui aveva deciso di fare il tifo: “è autentico in un mondo di omini, non si nasconde, sbaglia e ci mette la faccia“. 

In certe partite, assalito dalla noia, saliva con entrambi i piedi sul pallone e guardava tutti dall’alto. Un pomeriggio, sempre con addosso la maglia del Padova, stufo di dover recitare la parte di chi non sapeva che quella che stava giocando era una partita combinata, prese il pallone, dribblò i compagni di squadra, il suo portiere e davanti alla porta fece finta di calciare. “Un malato di cuore – disse poi – non può venire a vedermi giocare“. 

Il gol non lo entusiasmava come un tunnel o un colpo di tacco. 
Il titolo del suo libro più celebre, “Se mi mandi in tribuna, godo”, aveva preso spunto da un episodio della sua esperienza con la maglia del Napoli. A Cagliari, nel marzo del 1975, spedito in tribuna da mister Vinicio che non lo sopportava, decise di consolarsi nel bagno dello stadio con una ragazza appena conosciuta. Anche se, giurava, “non ho mai fatto l’amore senza sentimento“. 

Nato a Casarza della Delizia dove è sepolto Pier Paolo Pasolini, oltre che con Padova e Napoli, ha giocato anche con Spal, Siena e Lanerossi Vicenza. Per un breve periodo è stato anche un allenatore.

Oggi, 4 aprile, dopo una lunga malattia, Ezio Vendrame è morto. Aveva 72 anni. Una volta, a Vicenza, guardò in faccia i suoi tifosi e li definì fuori di testa.

Io non vi capisco, in fondo so solo tirare calci a un pallone, non sono un chirurgo che salva vite umane e nemmeno un operaio che si deve fare un culo così per arrivare alla fine del mese. Chissà quante cose sapete fare voi meglio di me. Che cosa saranno mai queste partite di calcio. Inventatevi delle alternative domenicali. Andate a vedervi un bel film, leggetevi un libro, oppure restate a casa e fatevi una bella scopata, cazzo. Non possiamo vivere di solo calcio“.

Francesco Veltri
Francesco Veltri

Guaribile romantico del giornalismo calabrese. Scrive per non dimenticare e si ostina a osservare l'inosservabile. Ha lavorato con alterne sfortune nelle redazioni della Provincia cosentina, di Cosenza Sport, di Cronaca della Calabria, di Calabria Ora e dell’Ora della Calabria. Per Diarkos ha scritto "Il Mediano di Mathausen"

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