Luca Garritano è un talento inespresso. Qualche anno fa era lì lì per esplodere e poi non se n’è fatto più nulla. Vai a capire perché. Probabilmente non sa spiegarselo neanche lui, nato e cresciuto nel quartiere popolare di via degli Stadi, a pochi passi dallo stadio San Vito che poi, un giorno, è diventato Gigi Marulla.
Già, Marulla, l’idolo di Luca e di chi come lui è diventato grande mangiando pane e pallone, o meglio, pane e Cosenza. Eppure lui, da calciatore, la maglia rossoblu, quella vera, non l’ha indossata da subito, pur essendo bravissimo già in giovanissima età. Si sa come va, certe storie di provincia si conoscono a memoria: puoi essere campione quanto vuoi, ma a casa tua non sarai mai abbastanza.
Luca andava ogni domenica in curva a dannarsi l’anima per i presunti fuoriclasse della serie D che giocavano per la sua squadra del cuore. Mentre lui del Cosenza aveva solo lo stemma del Real, società giovanile grazie alla quale l’Inter un bel giorno lo ha scoperto, facendolo debuttare tra i grandi. Poi tanto girovagare tra alti (soprattutto all’inizio) e bassi, nell’attesa che potesse definitivamente spiccare il volo. “Diventerà un fuoriclasse“, si diceva nell’ambiente pallonaro, però non se n’è fatto più nulla. E questo, vabbè, già lo sappiamo.
Quando ogni illusione, a soli 24 anni, sembrava quasi del tutto svanita, ecco che arriva la chiamata più attesa e meno attesa. “Luca, vuoi giocare col Cosenza?” La risposta è ovvia. Banale. Scontata. Un sogno che si realizza e annulla in un attimo l’Inter, la serie A e ciò che poteva essere e non è stato. Garritano indossa la numero 24 rossoblu e l’uno dicembre del 2018, nei minuti di recupero di una partita tiratissima e vitale per la salvezza, emerge – lui che è piccolo piccolo – come un Gigi Marulla fra le maglie bianche del Padova. E lo affonda. Il Cosenza vince, lui diventa re per una notte, destinata stavolta a durare, si spera. E invece no. Luca Garritano si spegne ancora. Ed è inutile chiedersi di nuovo perché. Le critiche nei suoi confronti diventano aspre, cattive, difficili da mandar giù. Segna ai rivali del Lecce e della Salernitana, ma ormai qualcosa si è rotto.
In estate lascia il Cosenza piangendo, torna al Chievo Verona e nessuno dalle sue parti sembra rimpiangerlo. Fino a una sera caldissima di un’estate surreale del 2020. I tifosi del Cosenza e i parenti di Luca Garritano hanno davanti due schermi, due partite lontane l’una dall’altra eppure all’improvviso mai così vicine.
Il Cosenza sta battendo nettamente la Juve Stabia, ma non basta per evitare i playout. Serve un gol del Chievo che gioca contro il Pescara. È l’87’ minuto e il risultato al Bentegodi di Verona è inchiodato sullo 0 a 0. C’è chi è convinto che sia una partita appattata. Il pareggio va bene a entrambi. Effettivamente nessuno dei ventidue in campo sembra chissà quanto convinto di fare qualcosa di più. Anzi, nessuno tranne uno. Ha il numero 16 sulle spalle e suda, corre e tira continuamente in porta come un dannato. Lo guardi bene e, sì, è proprio lui: Luca Garritano da via degli Stadi. Tutta Cosenza, anche quella che non ha pianto neanche una lacrima quando è andato via, adesso fa il tifo per lui.
“Luchettì, facci il miracolo“. Che ingrati, verrebbe da dire. Con tutto quello che gli avete sputato addosso. E invece lui il miracolo lo fa. Forse perché è un professionista, o semplicemente perché il suo cuore sa andare oltre. All’88’ minuto, Luca Garritano buca la rete del Pescara e con un anno di ritardo si prende il suo Cosenza. Lontano dalla sua Cosenza. Lontano dalla festa e dal suo miracolo sportivo. Insomma, niente di particolare, sia chiaro, soltanto una semplice storia di calcio di provincia, in un tempo vuoto e malato di un posto dove il calcio che Luca sognava da piccolo non sembra esistere più.