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El Atomico: storia di hombre ordinario

Ettore De Franco
Ettore De Franco
Maggio05/ 2017

Il Giro d’Italia e la frutta fresca fanno della primavera la più bella delle stagioni. I palinsesti di Rai Sport a inizio maggio sono talmente ricchi di primizie da chiedersi come abbiamo potuto sopravvivere ad un inverno fatto di mele cotte e partite di calcio.

La competizione ciclistica più importante quest’anno celebra la centesima edizione con un percorso che toccherà una buona parte del territorio nazionale; Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia verranno inseminate dal serpentone, togliendo ai polemisti uno dei loro argomenti preferiti: quello dell’eccessivo spostamento a nord del baricentro della mitica corsa rosa. I protagonisti delle tre settimane d’inseguimenti, fughe, volate, scatti, cadute, rifornimenti e pisciate dal sellino della bicicletta si suddividono in favoriti, outsider e comprimari. Il rinnovato interesse mediatico per il ciclismo (favorito anche da investimenti come quello della SKY, che da qualche anno ormai ha scelto le due ruote come veicolo promozionale) ha favorito il proliferare di analisi e previsioni che sembrano convergere sulla figura di Nairo Quintana al momento di indicare il probabile vincitore.

Gli outsider, al contrario, in un gruppo di un paio di centinaia di unità proliferano e, come ogni anno, qualche carneade alzerà le braccia al cielo, si sistemerà la maglia per mettere in mostra lo sponsor e si cimenterà nel sorriso impacciato di chi non è abituato a trionfare a favore di telecamera. Ma i veri protagonisti del Giro saranno altri, i comprimari; categoria cui appartengono i ragazzi che si fermano a salutare il gruppetto di tifosi e parenti muniti di crostata e spumante quando passano per le strade di casa o i componenti delle squadre che riescono a trasportare una quantità esorbitante di borracce per risparmiare ai capitani la fatica di andare in ammiraglia.

El Atomico’, al secolo Maximiliano Ariel Richeze Araquistain, col soprannome che si ritrova avrebbe meritato di essere un capitano; anzi, per dirla tutta, avrebbe dovuto essere la punta della squadra di calcio vincitrice della Coppa Libertadores. Essendo un ciclista argentino, el atomico Richeze, appartiene al mondo dei reietti dello sport albiceleste: non puoi nascere sulle sponde del Rio Plata e preferire due ruote ad un pallone, al massimo puoi decidere di fare il tennista talentuoso o il rugbista tutto mischie e terzi tempi. Invece Maxi svolge il delicatissimo ruolo dell’ultimo uomo, quello che lancia la volata al capitano, quello che prende il vento in faccia per proteggere lo sprinter designato, quello che spesso e poco volentieri finisce contro le transenne se uno stronzo con la bandiera della Lega Nord si sporge un po’ troppo ed invade il manto stradale.

Su questo velocista di Buenos Aires non grava il peso di un’infanzia difficile, magari ambientata in una delle villas che sono il corrispettivo delle favelas brasiliane, difatti è nato in luogo dal nome ameno che ricorda uno dei capolavori di Luciano De Crescenzo: Bella Vista. Maximiliano Richeze è un hombre ordinario, vincitore di ben due tappe al Giro d’Italia del 2007 (anche se solo in via ufficiale visto che tali affermazioni sono dovute al declassamento di Alessandro Petacchi), anche lui condannato nel 2008 per doping e devoto al suo attuale capitano, Fernando Gaviria, un colombiano che riempirà gli albi d’oro del ciclismo per i prossimi anni. El Atomico dice che ‘il lavoro che svolge è complicato ed a volte è più difficile di quello dello sprinter’ e ciò lo porta ad essere ingranaggio di un sistema perverso che richiede il massimo sforzo di un gruppo di atleti per garantire la vittoria di una sola persona su cui poi si concentrano i riflettori del palco della premiazione. Maxi cova le speranze di vittoria in un’impresa che molti suoi colleghi trovano titanica: resistere alla tentazione di ritirarsi nelle tappe di altissima montagna ed arrivare agli ultimi arrivi in pianura con un numero di avversari decisamente ridotto. Richeze è una contraddizione vivente, come il paese da cui proviene.

In Argentina aleggia uno strato d’incertezza che sembra perenne. La politica economica della Casa Rosada sta deprimendo il consumo e gli spettri dell’inflazione galoppante e della disoccupazione di massa diventano consistenti ogni giorno che passa. Anche il FMI, quello stesso organismo che a cavallo del 2000 condannò l’Argentina alla bancarotta con le sue proposte economiche scellerate, dice di non riuscire ad intravvedere delle prospettive di risanamento nel breve periodo per il governo presieduto da Mauricio Macri e, come se non bastasse, il paese del grande scrittore Osvaldo Soriano si trova immerso in una pericolosa spirale che minaccia il ridimensionamento della tutela dei diritti umani e della conservazione di una memoria storica che rispetti le vittime della dittatura: pochi giorni fa la Corte Suprema ha praticamente dichiarato che considera il terrorismo di stato come un delitto comune e la chiesa locale, da qualche tempo, spinge verso una reconciliacion (che settori sensibili alle istanze delle famiglie delle e dei desaparecidos non esitano a definire perversa) tra vittime e boia.

Ma El Atomico non avrà tempo di pensare a tutto ciò per le prossime tre settimane, e nemmeno noi.

Ettore De Franco
Ettore De Franco

Terzino destro limitato tecnicamente ma in grado di chiudere le diagonali. Avviato alla scrittura dal Nonno che gli chiedeva di cercare sul vocabolario le parole risolutive dei suoi cruciverba. Rosso e blu ma più rosso che blu. Ambasciatore bruzio presso il nord della Penisola iberica ed in tutti e due fronti della Guerra delle Malvine/Falklands, attualmente in riposo, da tutto.

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