Tutto cominciò per merito di una ragazza in età scolare che svolgeva il programma ‘Wechsel Schularbeit’ presso la sede della FIFA a Zurigo. L’esile adolescente, appassionata di calcio, ricevette l’ordine di creare una mail-list che comprendesse tutte le squadre di calcio del mondo da parte di un burocrate con le spalline della giacca infestate dalla forfora. Nella sua superficialità il funzionario omise di specificare che si riferiva a tutte le squadre nazionali del globo e la studentessa-lavoratrice eseguì pedissequamente l’ordine impartitole. Il contenuto della mail riguardava la richiesta di disponibilità a sostituire la Nazionale spagnola al mondiale di Russia. Gli iberici erano stati squalificati, pochi giorni prima dell’inizio della competizione, perché Madrid aveva accolto un barcone con quasi 700 richiedenti asilo provenienti dalla costa settentrionale dell’Africa.
Incredibilmente l’unico sodalizio che rispose in maniera affermativa alla richiesta fu il Cosenza Calcio, una squadra della terza divisione italiana che, dopo un anonimo campionato, si apprestava a sciogliere le fila e a mandare i propri giocatori in vacanza. La sostituzione di una tra le più nobili selezioni nazionali con una squadra di club dell’entroterra calabrese non destò grande clamore: erano tempi in cui il Giro d’Italia partiva da Israele, in cui un orso perverso fungeva da ministro degli Interni e in cui vecchi partecipanti al Grande Fratello occupavano i gangli dello Stato. Il Cosenza venne inserito nel gruppo B, composto dai portoghesi campioni d’Europa in carica, dai funambolici iraniani e dai fantasiosi marocchini. La partita d’esordio, che contrapponeva i Lupi della Sila ai lusitani di Ronaldo e Quaresma, fu immediatamente surriscaldata dalle dichiarazioni di Manuel Pascali che a proposito della superiorità tecnica dei rosso-verdi disse:
‘Ogni calciatore, anche il più forte, per fare un dribbling deve riuscire a stare in piedi’.
L’esperto Fernando Santos schierò una formazione rimaneggiata in cui Andrè Silva agiva da punta unica e Bruno Alves giostrava al fianco di Pepe al centro della difesa. Il Portogallo impiegò più di quaranta minuti a sbloccare la partita su calcio piazzato: dopo un ingenuo fallo di Matteo Calamai sull’ex interista Joao Mario, Ricardo Quaresma insaccò con una trivela da fermo un colpevole Umberto Saracco, evidentemente emozionato, al pari di molti suoi compagni, per l’esordio nella massima competizione calcistica.
L’incitamento dei supporters rossoblù scemò durante un secondo tempo giocato al piccolo trotto dai campioni d’Europa. Il Cosenza non riusciva ad imbastire azioni degne di nota e pareva che dovesse soccombere. Ma a meno di dieci minuti dalla fine avvenne il miracolo: Gennaro Tutino effettuò un cross destinato a spegnersi al limite dell’area sul quale David Okereke si avventò per eseguire il suo pezzo forte, lo stop di petto con tiro ad incrociare sul palo lontano; uno a uno. Pubblico in delirio e portoghesi in bambola che cedettero di schianto regalando agli avversari un rigore realizzato da Alen Baclet sul finire del match. Gianluca Pasqua in tribuna stampa corse ad abbracciare Gary Lineker, inviato della BBC, mentre i fotografi cosentini accreditati inscenarono spogliarelli sul manto erboso di Sochi.
Per la seconda partita il governo regionale organizzò le cose in grande mettendo a disposizione del tifo bruzio aerei e treni speciali per Kazan, dove si svolse Iran-Cosenza, un match caratterizzato sugli spalti dal gemellaggio tra gli eredi dell’Impero Persiano e gli orgogliosi valligiani che si opposero ai romani. La tifoseria sunnita espose lo striscione ‘Teheran-Cosenza: nessuna differenza’ e i cosentini risposero con un ‘Iran-Cosenza-Palestina: polizia bastarda, polizia assassina’. Meno cordiali si rivelarono i rapporti tra il ct iraniano, Carlos Queiroz e Piero Braglia, che si diedero battaglia sul campo da gioco per mezzo di accorgimenti tattici degni dei più grandi confronti scacchistici. La partita si mise subito bene per il Cosenza che, presentando l’attacco fluido composto da Okereke e Tutino, sorprese gli statici orientali; proprio il giocatore di origine napoletana beffò già al secondo minuto il pipelet avversario Beiranvand con un maligno tiro dai 18 metri. Il pareggio della compagine bianco-rosso-verde arrivò al tredicesimo del primo tempo con una bella azione sull’asse Amiri-Jahanbakhsh che vanificò l’aggressività della linea difensiva silana con uno scatto in verticale di rara bellezza. Il pareggio fu il risultato più giusto e permise all’allenatore del Cosenza di andarsi a giocare la qualificazione a Kaliningrad contro il Marocco, avendo a disposizione due risultati su tre. Di fronte alla prospettiva di qualificarsi agli ottavi della Coppa del Mondo, la provincia cosentina s’inebriò di un delirio creativo che portò all’abbattimento del ponte di Calatrava, che venne sostituito da un maxischermo mastodontico che poteva essere visto sin dalle balconate dei Casali del Manco. Il primo tempo del Cosenza contro i maghrebini è passato alla storia come una delle frazioni meglio giocate dal sodalizio rossoblù nella sua storia ultracentenaria; tuttavia il risultato si sbloccò solo al settimo del secondo tempo grazie ad un gol di Tutino, raddoppiato quando mancavano dieci minuti al termine da Okereke. A nulla valse il gol del marocchino Ziyech in pieno recupero. Caroselli di macchine e fiumi di mojito inondarono Cosenza al fischio finale che gettava i rossoblù nella mani dell’Egitto di Momo Salah.
‘Per me è un onore affrontare Hector Cuper, un allenatore spesso sottovalutato. Il Cosenza è la Cenerentola della competizione, siamo pronti a tornare a casa a testa alta’.
Mister Braglia ai microfoni della CNN espresse questi concetti, pur essendo convinto del fatto che fare un bel campionato del mondo non può essere più difficile che vincere la Serie C con la Juve Stabia. L’ottavo di finale tra Cosenza e Egitto si disputò in una Mosca invasa dai supporters cosentini anestetizzati a tal punto da generare una prolungata visione collettiva che li proiettava indietro di 101 anni, nel bel mezzo della rivoluzione d’Ottobre. I vari gruppi organizzati si erano dichiarati Soviet e, nel perseguimento del bene comune, ovvero la conquista dell’universo pallonaro, anche le frizioni tra bolscevichi e menscevichi vennero a placarsi. Il Cosenza scese in campo caricato anche dalla coreografia che dalle gradinate chiedeva ‘Verità e giustizia per Bergamini e Regeni, dagli affari condannati, dai governi dimenticati’; la repressione delle forze di sicurezza russe si scatenò sugli aficionados silani che, nonostante tutto, riuscirono ad assistere ad una prestazione superlativa dei propri beniamini. Bruccini sbloccò le marcature con un missile terra-aria di controbalzo che impiegò circa quindici secondi a varcare la linea di porta, provocando tre infarti tra i pochi cosentini rimasti in Calabria a guardare la partita dal televisore. La vecchia volpe Hector Cuper riuscì a compattare una squadra in balìa dell’avversario e a giungere al pareggio grazie ad una clamorosa serpentina di Salah che liberò Hasan per l’1-1. Quando tutto sembrava pronto i supplementari e i rigori, Piero Braglia decise di giocare l’asso che teneva conservato nella manica della giacca: Pierre Alan Baclet. Come Roberto Baggio a USA ‘94 il francese decise di dismettere i panni dell’eterna promessa e di cominciare a fare gol pesanti; così all’ottantaseiesimo si coordinò in un fazzoletto e punì con un sinistro ad incrociare un incolpevole El Hadary. Il Cosenza guadagnò, con merito, l’accesso alla setta delle 8 squadre più forti del mondo.
Per accedere alle semifinali il Cosenza affrontò la Croazia di Modric, Mandzukic e Perisic. Il prepartita a Sochi fu tesissimo, le simpatie neonaziste dei supporters balcanici non aiutarono a rasserenare la situazione, ma il numero dei cosentini in trasferta indusse i tifosi della Croazia a rinunciare ai propri principi e a negare, finalmente, l’esistenza delle foibe. I primi minuti dell’incontro videro Mandukic sbavare sul collo di Dermaku che, orgoglioso delle proprie origini albanesi, ribatteva colpo su colpo alle provocazioni del panslavismo più becero. Modric provava a disegnare delle traiettorie puntualmente frustrate dagli anticipi di Camigliano e Perisic veniva tartassato da un Domenico Mungo entrato in un loop fatto di scivolate e ripartenze immediate. L’ardore dei croati venne neutralizzato prima del decimo minuto di gioco da una combinazione tra Okereke, Tutino e Mungo che portò in vantaggio il Cosenza e mandò i giocatori con la divisa a scacchi a sbattere contro le torri rossoblù. La partita fu chiusa da un rigore di Baclet che sancì l’accesso dei Cosenza Calcio alle semifinali.
In quei giorni i bar dell’antica Calabria Citeriore stappavano birre senza soluzione di continuità, le scorte di preservativi terminavano quotidianamente, le file all’ufficio per l’impiego erano un motivo d’incontro dove la gioia regolava le relazioni interpersonali e i ticket per le prestazioni sanitarie venivano pagati dal presidente della squadra rossoblù. Il carro dei vincitori che unì Cosenza alla capitale dell’antica URSS divenne un’ininterrotta sfilza di vagoni che obbligò gli ingegneri ad ampliare il progetto della metro leggera, che ormai collegava viale Parco alla Piazza Rossa con corse in partenza ad intervalli di due minuti. I migranti di origine bruzia bruciavano per le strade delle maggiori città tedesche i ritratti di Loew e i giornalisti tedeschi propinavano ai lettori stucchevoli resoconti della gestazione del miracolo dei rossoblù nei locali delle ‘ndrine. Dopo che la Germania vinse il proprio quarto di finale la minaccia teutonica si materializzò sulla valle del Crati e sulla semifinale di Mosca. Antonio Lopez prese possesso della postazione a bordo campo circa 8 ore prima dell’inizio del match e Mediaset organizzò uno studio in cui Titti Branda e Attilio Sabato disquisivano di tattica con Pierluigi Pardo e Arrigo Sacchi.
Radio Ciroma divenne la radio ufficiale dei Mondiali e l’orologio atomico dell’emittente bruzia rischiò di provocare una crisi missilistica, disinnescata con autorevolezza da Mario Occhiuto, ormai diventato un leader mondiale. Un bandierone di svariati metri quadri raffigurante il volto di Gigi Marulla accolse i Lupi della Sila che scesero in campo guardando negli occhi campioni del calibro di Kroos, Khedira, Neuer e Thomas Muller. Il Cosenza dovette rinunciare al proprio perno difensivo Kastriot Dermaku che venne sostituito da Pascali; l’esperto centrale rimediò ad inizio partita un cartellino giallo per aver falciato Timo Werner sulle trequarti campo; quel provvedimento dell’arbitro lo condannò a saltare l’eventuale finale, ma il difensore disse che avrebbe fatto di tutto per portare i suoi compagni a giocarsi la Coppa del Mondo. Da quel momento in poi si stabilì un legame sensoriale tra gli uomini in campo e le genti presenti sugli spalti. Le donne e gli uomini giunti dalla provincia cosentina e dalla diaspora bruzia entrarono uno stato di trance che portò Baclet a volare su un cross di Massimo Loviso alla mezz’ora del secondo tempo per insaccare un incredulo Neuer. L’incitamento del popolo silano toccò il suo culmine nel tempo di recupero quando, con un inspiegabile sforzo collettivo, i tifosi riuscirono a distrarre Mats Hummels che insaccò la propria porta per il definitivo 0-2 che condannò i tedeschi all’eliminazione e designò il Cosenza come finalista della Coppa del Mondo.