È stato presentato pochi giorni fa il percorso del Giro d’Italia 2019. La centoduesima edizione della corsa rosa partirà da Bologna per concludersi a Milano; nessuna delle località di partenza o arrivo è posta al di sotto del Tropico del Cancro italiano che per comodità possiamo ubicare dalle parti dell’Ilva di Taranto.
Il Cristo su due ruote, il figlio di Dio che viene sollecitato con espressioni colorite dai protagonisti della corsa nei momenti di maggiore fatica, nel 2019 si fermerà a San Giovanni Rotondo; riposerà dalle fatiche dei chilometri percorsi presso PadrePioLand: un luogo in cui la spiritualità incontra il business, un posto che, in fin dei conti, riproduce le dinamiche del ciclismo del XXI secolo, quelle per cui ‘va bene la retorica dello sforzo, dell’ascesi dell’atleta assorto nella competizione con se stesso, con i concorrenti e con la natura ma pensiamo anche a vendere il prodotto, a rendere Froome e Sagan i CR7 delle due ruote, come Padre Pio è diventato il ‘bomberone’ gregoriano’.
Il coro di sconcerto riguardante la scelta dell’organizzazione di non toccare il meridione del paese s’è alzato prepotente, sottolineando come l’egemonia della cultura che ha portato la Lega al governo si riverbera in coloro i quali hanno dovuto definire le frazioni della corsa. Anche nel 1995, a quasi un anno dalla clamorosa vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni, evento che, proprio come la creazione del governo penta-leghista nel 2018, sancì un cambio di paradigma nel sistema politico, il Giro d’Italia toccò due luoghi particolarmente legati alla sfera religiosa: Assisi e Loreto; quasi che, nei momenti di smarrimento, gli organizzatori della competizione vogliano raccomandarsi alle sfere celesti per la riuscita dell’evento e per il benessere del paese. Al contrario della prossima edizione, però, il percorso del Giro di ventiquattro anni fa si spinse molto a sud, fino alle Terme Luigiane di Guardia Piemontese, dove vinse Maurizio Fondriest davanti a Tony Rominger e Francesco Casagrande, forse per contentare la componente missina del primo governo Berlusconi.
Genera uno strano effetto nell’appassionato che studia la mappa del Giro, notare la decisa sterzata che subito sotto Roma la carovana compie per cominciare la risalita verso il settentrione, ma è una questione prettamente visiva. I numerosi passaggi al sud della carovana non sono serviti a migliorare la qualità delle vie di comunicazione, non hanno aiutato gli amatori a sentirsi più sicuri durante gli allenamenti quotidiani e hanno portato profitti soprattutto alle strutture ricettive che lavorano a pieno regime anche senza kermesse tanto importanti e che contribuiscono a rovinare l’ambiente con discutibili pratiche di smaltimento dei rifiuti e con una proposta turistica orientata allo sfruttamento del territorio fine a se stesso.
La proposta di un Giro ‘raccolto’ comporterà l’importante vantaggio dettato dalla riduzione dei trasferimenti tra una tappa e l’altra, cosa che per i corridori e, soprattutto, per i lavoratori e lavoratrici che erigono l’impalcatura della corsa rosa nottetempo significa una relativa dilatazione dei tempi di lavoro e una parziale riduzione dello stress. Il serpentone a due ruote tornerà a strisciare lungo mortifere lingue d’asfalto come la SS 18 o la SS 106 già dall’anno prossimo e, dopo le bellissime inquadrature dei tornanti che dall’Appennino si buttano a mare, continueremo a contare le vittime delle nostre strade sfogliando le pagine della rosea.