La Guarimba dei volontari guarimberos procede spedita, non ha soste, le cose da fare sono troppe. Un agglomerato di ragazzi e ragazze tutti di età diversa, con cultura e nazionalità differente che si passano di mano in mano: un cacciavite, un proiettore, un panino; insomma qualunque cosa capiti.
La Guarimba rispetto allo scorso anno è cambiata, è innegabile. Il parco naturale delle Grotte di Amantea è diventato il “posto sicuro” dove poter vedere i corti. Sono previste più giornate e più giornate si sa, comportano lavoro. Non demordono. Instancabili per tutto il pomeriggio con cura maniacale sistemano tutto in modo da poter dire “ok, buona la prima”. Mentre l’orchestra dei Fiati Mediterranea perfeziona l’esecuzione della colonna sonora del Film Nuovo Cinema Paradiso si aggiustano gli ultimi dettagli, si gonfia lo schermo che arriva da Vienna, poi tutto pronto: lo spettacolo può cominciare.
Il backstage dei volontari guarimberi non si limita al mero lavoro. Nascono amicizie, tutti si confrontano liberamente, un modo di varcare i confini della propria conoscenza. Ognuno con la sua esperienza trasmette qualcosa all’altro. Sul prato antistante alle grotte non c’è una lingua ufficiale se non quella del cinema.
“Non so dirti bene quante figure di volontari ci siano – dice un volontario mentre gusta il tramonto riflesso sulle pareti delle case costruite sulla roccia – io mi occupo del suono e sono il responsabile di quel settore, ma c’è tanto lavoro da fare e mi presto a collaborare con gli altri se ho finito il mio lavoro“.
Lo spirito che rende unico il festival internazionale di cortometraggi di Amantea è proprio questo. Non c’è autocommiserazione, non ci si siede sul perché sia difficile dialogare con le istituzioni per avere un contratto regolare per la corrente elettrica, o tantomeno sul capire come mai le sedie per la platea siano state consegnate sporche. È un passamano di emozioni e di altruismo. Nel corto About the resistance (come nasce la Guarimba International Film Festival) si vede tutto questo. Molti degli intervistati nel corto paragonano il cinema alla religione, partendo dal fattore comune della finzione.
Se fosse vero, benvenuti in paradiso.
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