di Michele Giacomantonio
Il futuro e la memoria, il principio di responsabilità e le aspettative dentro il rapporto tra le generazioni. Questioni gravide di senso e tutte ben piantate nel tempo convulso che viviamo. Remo Bodei – per due giorni ospite del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università della Calabria – le ha affrontate spiegando come si sia tutti “ospiti della vita” e per questo portatori di desideri, progetti e conflitti tra loro invisibilmente legati dal filo sospeso tra il passato e il tempo che deve venire. Remo Bodei, che oggi insegna alla Ucla di Los Angeles, nel panorama del pensiero filosofico contemporaneo è forse lo studioso maggiormente sensibile alle suggestioni delle Teorie sociali e già in passato si è impegnato nel cogliere i nessi che stringono l’agire quotidiano dentro concetti come la paura, la felicità e le speranze, osservati con la lente duplice della filosofia e della sociologia.
Per questo il Dipartimento di Scienze Politiche lo ha chiamato a tenere la lezione inaugurale delle attività didattiche del corso di Dottorato in “Politica, cultura e sviluppo”, ma prima ancora a presentare il suo ultimo lavoro edito da Laterza e dal titolo Generazioni. Un’occasione assai seguita nella libreria Feltrinelli di Cosenza, affollata di ascoltatori attenti nonostante la domenica pomeriggio. Così, con le parole apripista di Massimo Cerulo si è snocciolato il confronto tra lo stesso Bodei e Paolo Jedlowski. Un dialogo che assai presto si è staccato dalla sua radice propriamente accademica per entrare nel vivo – fuor di metafora – dell’attualità. Infatti non c’è voluto molto perché questioni come la crisi del welfare, il disequilibrio tra la generazione che ha avuto molto e quella che molto poco invece rischia di avere, arrivassero prepotenti. Sin da subito infatti il passaggio tra una generazione all’altra di un ideale testimone fatto di beni immateriali (valori, idee, storia) e materiali ( ricchezza e beni comuni) è sembrato compromesso con il conseguente disincanto che ha inaridito le speranze.
Eppure, come ha con forza spiegato Bodei, “il futuro è contenuto nel passato” ed è dunque lì che si deve cercare ancora la forza per procedere oltre. Quel che sembra essere rimasta intatta è la narrazione di quel passato, visto che per Jedlowski “la memoria è possibile perché viene veicolata dalle parole” e tuttavia questa narrazione arriva senza fiato, come una promessa tradita. Oggi più che mai immaginare una separazione schematica tra passato e futuro appare inadeguato, mentre nell’esperienza comune a dileguarsi è il presente, visto che alla fine il nostro essere ospiti della vita ci tiene sospesi tra le cose che abbiamo fatto e quanto ancora ci tocca di fare. E se nelle parole del sociologo e del filosofo il passato è ben definito, a subire il mutamento è il futuro, ed è Jedlowski a fare una divertente citazione, chiamando in causa il maestro Yoda di Guerre Stellari che non a caso avvisava che “il futuro sempre mobile è”. Così mutevole che gli interlocutori convergono nell’affermare che si debba declinare al plurale, immaginando dunque più futuri possibili. Ad imporre questa nuova visione è la pluralità delle attese, i molti modi con cui ci sentiamo ospiti del tempo che viviamo, pur facendo i conti col tradimento delle aspettative che “genera tensioni tra le generazioni”. Rientra in gioco nel dibattito l’aspetto politico, quello che fa i conti con lo smantellamento del welfare e sembra rappresentare la “vittoria di una visione della società, quella di una economia liberista”, spiega Jedlowski, aggiungendo con un fio di voce e di speranza che “forse non è detto”. Resta il tema dell’eredità, di ciò che si raccoglie, di ciò che si lascia e non è casuale che questo nodo sia il centro del prossimo festival della Filosofia, perché come spiega Bodei “ognuno di noi è l’edere di innumerevoli generazioni”.