AGGIORNAMENTO 19 aprile 2017 | Gabriele Del Grande ad aprile del 2017 viene arrestato e imprigionato in Turchia per non ben chiari motivi e, come segno di protesta, dopo nove giorni di prigionia ha iniziato lo sciopero della fame in carcere. L’Italia si sta mobilitando per il suo rilascio immediato.
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Approdo, invece che sbarco. Bruciare le frontiere, piuttosto che attraversarle. E’ di questa inversione di senso di cui si è parlato con Gabriele Del Grande – giornalista e autore del blog Fortress Europe – all’Università della Calabria, in un seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali.
Fresco di proiezione (al centro Auser di Cosenza) del film-documentario “Io sto con la sposa”, di cui è regista insieme a Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, presentato fuori concorso nella Sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, con già diversi riconoscimenti (The Human Rights Nights Award per il Cinema dei Diritti Umani e il Premio di critica sociale Sorriso Diverso – Venezia 2014), Gabriele Del Grande parte dalla fragilità dei diritti umani quando si parla di migrazioni, che vengono citati in modo quasi maniacale nei documenti europei ma, altrettanto spesso, vengono infranti nei centri di accoglienza disseminati nel Paese.
Il suo blog, attivo dal 2006, raccoglie storie di naufragi e va al di là della macabra conta dei morti dei media tradizionali. Lo scopo infatti è quello di raccontare le storie di tutti coloro che affrontano i cosiddetti “viaggi della speranza” e rimangono fuori dal “giro dei visti”. Perché, per alcuni cittadini dei paesi mediterranei che sono fuori dagli accordi di Schengen, il diritto alla mobilità è spesso negato nelle lunghe code davanti alle ambasciate.
Uno studio della London School of Economics and Political Science, analizzando i flussi migratori che in questi anni hanno interessato il bacino del Mediterraneo, è arrivato alla conclusione che più è elevata la difficoltà di ottenere i visti e più è alto il numero dei migranti. Infatti, per quanto riguarda la zona dei Balcani, i flussi migratori sono enormemente diminuiti da quando alcuni Stati sono diventati membri UE. Del Grande spiega anche i diversi metodi attraverso i quali è possibile accedere al mercato nero dei migranti: dalla corruzione presente nelle ambasciate per ottenere i visti regolari, all’acquisto di contratti di lavoro che permettono di ottenere il visto per motivi di lavoro ma sono solo un pretesto per entrare in Italia, fino ad arrivare al contrabbando e all’acquisto dei “biglietti” per le carrette del mare.
Ma non è finita qui. Nella miriade di storie che vedono coinvolti i migranti, ci sono anche quelle relative al “business della sicurezza” come definito dalla professoressa Donatella Loprieno, ovvero tutti i fondi italiani ed europei che servono per finanziare i centri di detenzione in Libia che dovrebbero fermare, o quantomeno dissuadere, le migrazioni dalle aree sub-sahariane e non solo. I flussi migratori vengono regolati anche in base agli accordi tra gli Stati (a tal proposito è interessante guardare i dati delle partenze dalla Libia prima e dopo la morte di Gheddafi) ma ovviamente questo non viene mai ufficialmente confermato, nonostante tra diminuzione dei flussi migratori e firme di accordi internazionali ci sia stata una coincidenza non trascurabile.
La costruzione di una “fortezza Europa” risponde quindi a un’ossessione di sicurezza che non è da considerarsi un muro impenetrabile, ma un enorme “filtro di status”, come lo definisce il professor Ercole Giap Parini, che non ferma semplicemente il migrante ma lo riduce a una condizione di disperazione. Inoltre, ormai, non è più pensabile pensare a una migrazione dai paesi in via di sviluppo o che vivono conflitti, a quelli tradizionalmente più ricchi. Ormai, come spiega Del Grande nel video e come ha scritto Mmasciata.it (QUI), è sempre più alto il numero di migranti tra Paesi “ricchi”. E’ quindi auspicabile uno ius migrandi che non sia solo un diritto sulla carta o solo per alcuni, ma possa esplicarsi nel diritto alla mobilità per tutti, senza “paure cromatiche”.