Macchiate o intaccate nel profondo da incivili o, più semplicemente, disattenti. Le opere d’arte cosentine si guadagnano la fama di “resistenti” all’incuria o all’abbandono dei tempi moderni. La resistenza di Giorgio Castriota Scanderberg continua 600 anni dopo: dai colpi delle armate turche-ottomane a quelli del degrado bruzio. L’opera di Paskali Odhise (Kozhanë 1903 – Tirana 1985), rinnovatore della scultura moderna in Albania, che domina lo slargo di corso Plebiscito, è inaccessibile al pubblico: si trova al centro di un “cantiere ormai abbandonato da diversi mesi” ci riferisce uno dei gestori dei negozietti d’artigianato dislocati sul frequentatissimo corso. La zona adiacente la statua è adibita a deposito di materiali e a ricettacolo di spazzatura di vario genere: con lo spirare dei venti i cassonetti dell’immondizia, a detta dei residenti “quasi sempre stracolmi”, trasporta cartacce e rifiuto vario nella zona transennata, proprio sotto l’eroe albanese. Sempre il povero Scanderberg al centro del degrado nella città nuova. La piazza che ormai soltanto la memoria collettiva gli attribuisce, ufficialmente soppiantato da piazza XXV luglio, denota alcune criticità e una nota di creatività artistica. Parte della stele che riporta i nomi dei caduti è imbrattata di vernice nera, con leggeri tocchi di viola e verde. Gli stessi “attacchi d’arte” che caratterizzano, nella medesima piazza, un’opera probabilmente simbolo di una nuova avanguardia ancora tutta da scoprire: un copertone d’auto con scritte rosse e bianche conficcato in un normale paracarro. Quello che garantirebbe la giusta e meritata protezione alla “bagnante” di Emilio Greco: “un’opera sfortunata” commenta un passante. Colpita accidentalmente per diverse volte (l’ultima in aprile da una macchina), aspetta ancora di rifarsi il look prima di dedicarsi alla sua attività preferita. Eppure c’è chi sul più popolare dei social network tiene alle sorti della statua e, a “tre mesi e 7 giorni dalla rottura”, chiede spiegazioni in merito al ripristino del basamento direttamente al primo cittadino. Ma non solo. C’è anche chi si attrezza per proporre, qualora il restauro non venga effettuato entro un mese, un’autotassazione di poche centinaia di euro, divise tra civili cittadini, al fine di garantire una degna base e protezione alla sfortunata bagnante. L’emergenza basamenti interessa anche uno dei due “bronzi di Riace” di Sacha Sosno. La presenza di macchie di vernice, scritte varie e adesivi riguarda altri pezzi pregiati del museo all’aperto di corso Mazzini: su tutti la veste di Andromaca (Ettore e Andromaca di Giorgio de Chirico) interessata da una colata di vernice bianca, mentre una curiosa scritta “puzzi” deturpa uno dei lati del “sette di cuori” di Sosno. Anche il possente “elmo arcaico” di Mimmo Paladino che richiama le origini bruzie, è segnato da una macchia di color verde. E, proprio quest’ultimo, potrebbe assurgere a simbolo di una “nuova resistenza” delle statue cosentine costrette a fare i conti con l’inciviltà prima, l’abbandono poi. Per la serie: mettiamo l’elmo al nostro patrimonio artististico.
Matteo Dalena