Sette volte 30 e lode in un giorno. Questo è quello che è riuscito a fare uno studente di Filosofia all’Università della Calabria grazie al sistema che sta gettando, probabilmente in modo irreparabile, discredito sull’unico vero vanto che resta a questa terra. La procura di Cosenza ha chiuso le indagini per 75 persone, fra cui compaiono un tutor e due impiegati amministrativi dell’Unical. Restano 72 fra laureandi e laureati, per loro gli attestati di laurea sono da annullare.
Si ipotizzano per tutti a vario titolo i reati di falso e introduzione abusiva nel sistema informatico dell’Ateneo. Adesso gli indagati, completamente innocenti fino al terzo grado di giudizio, come da prassi avranno un periodo per chiedere di essere sentiti o per produrre memorie difensive, dopo di che si andrà avanti presumibilmente verso la richiesta di un processo, nel quale la facoltà di Lettere e Filosofia si costituirebbe parte civile.
La normale routine fra i cubi stamattina è stata turbata dalla notizia e dalla corsa a sbirciare fra i nomi degli indagati. Ovviamente la fa da padrone l’indignazione di chi suda e fa sacrifici per ottenere voti che nemmeno si avvicinano a quelli “truccati”. Sul famoso ponte Bucci raccogliamo i commenti di sdegno di una comunità inferocita per lo scandalo che, lo ricordiamo, è partito con la denuncia del preside di facoltà Perrelli. Non riconobbe la sua firma e si rivolse alla magistratura, forse anche per questo importante gesto oggi lo danno in pole position per la corsa a nuovo rettore.
Proprio all’altezza dei cubi di Lettere e Filosofia però incontriamo una lettura diversa della vicenda, un ragazzo indignato come tutti gli altri, ma per motivi differenti. “Io non sono indagato, ma potevo tranquillamente essere su quella lista, anche se ogni esame me lo sono sudato fino in fondo”.
Ci incuriosisce e seguiamo fino in fondo la sua storia, secondo la quale – una versione che nessuno finora ha scritto e che non sappiamo se allo stato delle cose figura fra le ipotesi investigative – si tratterebbe in grandissima parte di un pasticciaccio amministrativo. Per lui non c’è nessuna frode insomma o comunque molto meno di ciò che si pensa; il tutto sarebbe da ricondurre al tentativo di riparare ai pacchiani errori nella riorganizzazione dei corsi post riforma Gelmini (la famosa 3+2).
“Attivarono corsi senza senso, non erano abilitanti e a volte contavano due soli studenti iscritti. Una frittata che hanno cercato di riparare tardivamente, facendo firmare le equipollenze ai ragazzi, che ora si trovano nei guai per colpa loro. Io non metto la mano sul fuoco su tutti, perché gli imbrogli ci sono ovunque, ma fra gli indagati di questa inchiesta ci sono anche studenti bravissimi, che non avevano certo bisogno di rubare niente”.
Secondo la Procura invece gli studenti si sono dimostrati «ansiosi di giungere al conseguimento della laurea, senza compiere alcuno sforzo», così si rivolgevano a un gruppo di dipendenti amministrativi dell’ateneo ormai noti nel giro dei fuoricorso per i loro servizi particolari. Il sistema era piuttosto esteso, e forse le indagini proseguiranno allargandosi alle altre facoltà (si parla di sette dipartimenti sotto la lente d’ingrandimento). Ecco perché il racconto delle equipollenze è da prendere con le molle, anche se merita di entrare nel novero delle ipotesi, visto che trova conferme in molti di quelli a cui gli si chiede se mai hanno sentito parlare di questa particolare sanatoria, di esami sostenuti che con una firma cambiavano nome.
Certo è che lo scandalo resta, e che le lauree sono comunque inficiate da procedimenti burocratici irregolari, con le firme dei professori palesemente taroccate (gli inquirenti hanno riscontrato i finti autografi di un professore che era andato in pensione già un anno prima).
Insomma, un brutto pasticciaccio quello di Arcavacata, comunque lo si guardi. La speranza è che lo si chiarisca subito non scartando nessuna ipotesi, tutto per il buon nome di tutti quegli studenti che ogni giorno si piegano la schiena sui libri sperando in un riscatto ancora una volta tradito.
S. Alfredo Sprovieri