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Disastro Reggio, quando Pertini parlò ai calabresi

admin
Ottobre09/ 2012

reggio temporale

E’ un giorno storico questo, un giorno orribile. Il consiglio comunale di Reggio Calabria è stato sciolto dal consiglio dei ministri guidato da Mario Monti per infiltrazioni mafiose. La notizia è stata resa nota dal ministro dell’Interno Cancellieri che, al termine di sei mesi di indagini di una apposita commissione di accesso agli atti amministrativi, ha fatto riferimento ad una retorica fantasiosa farcita di riferimenti a “contiguità” e “prevenzioni” che sembrano solo voler addolcire una pillola amarissima. Il Comune guidato dal sindaco Demetrio Arena (Pdl) è il primo dei capoluoghi di provincia d’Italia a venir commissariato per legami con la criminalità organizzata. Non era mai successo prima e succede quando la città si apprestava a diventare un’area metropolitana. E’ un disastro. Una vergogna e una macchia indelebile, che finirà per ricadere sul popolo intero.

Nel 1983 un giorno simile toccava ad un piccolo paesino. Sandro Pertini sciolse il primo consiglio comunale per infiltrazioni mafiose nel Vibonese, a Limbadi. Ne parlò agli italiani tutti nel discorso di fine anno: “Ci preoccupa quello che si verifica con la mafia in Sicilia, la camorra nel napoletano e la ’ndrangheta – non so mai pronunciare bene questa parola – in Calabria. Però io qui mi permetto di fare questa osservazione. Io ho girato in lungo e largo la Calabria. Se vi è un popolo generoso, buono, pronto, desideroso di lavorare e di trarre dal suo lavoro il necessario per poter vivere dignitosamente, è il popolo calabrese. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. Parlano troppo di quello che è in carcere, capo-mafia. Quello si sente un eroe. I giornali ne parlano tutti i giorni ed è chiaro che entra il giornale in carcere e lui si sente un eroe, questo sciagurato”.

Forse il presidente più amato aveva colto il rovescio della medaglia di questa legge, che è mutata una decina di anni dopo, in seguito ad un evento raccapricciante. Siamo ad inizio anni novanta, nella piana di Gioia Tauro, a Taurianova, è in atto una faida terribile. I telegiornali ogni giorno danno notizia di un delitto, in modo quasi asettico, finché non arriva la notizia che scuoterà anche i media internazionali. Uccidono un uomo, gli tagliano la testa e la portano in piazza, dove si divertono a farne un bersaglio da tiro. Oltrepassato quel segno di barbarie, l’opinione pubblica spinge lo Stato a riprendere il controllo del territorio e nasce il decreto del 31 maggio del 1991, che rende più facile lo scioglimento delle assisi comunali per infiltrazioni mafiose.

Acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, oggi nessun politico ha le palle di parlare ai calabresi e agli italiani per dirgli cosa succederà dopo questa sospensione della democrazia, il ministro ha detto che è stata una decisione sofferta, ma che è stata fatta per il bene della città, ora comincia il chiacchiericcio inutile. Del resto i comuni sciolti da allora sono quasi 200 ed è un fenomeno che ormai appartiene a tutta la Penisola, ma che la Calabria soffre in modo particolare. Con questo decreto si attesta la presenza di condizionamenti mafiosi nell’azioni amministrativa, ma invece di bonificare si sospende tutto.

Sbaglia chi parla di liberazione per Reggio. Nel Municipio affacciato sullo Stretto, a lungo amministrato dal centrodestra che oggi guida la Regione con Giuseppe Scopelliti, storico e amato sindaco che ha promesso di estendere il “modello Reggio” alla Calabria, è stato accertato un ruolo dominante delle cosche di ’ndrangheta nelle società compartecipate col Comune. Stato e Mafia coabitavano nello stesso palazzo a gestire servizi per i cittadini, altro che “trattativa”. Per disarticolare questo potere servirà ben altro. E, come se ciò non bastasse, c’è un buco di bilancio enorme da risanare.

Questo scioglimento avrà ripercussioni non solo amministrative ma politiche gigantesche e, per certi versi imprevedibili, non solo per una delle città più belle d’Italia ma per un sistema di governo nazionale protagonista di un declino ormai inarrestabile. Si salvi chi può.

S. Alfredo Sprovieri

 

Sullo stesso argomento: https://www.mmasciata.it/opinioni/editoriali/163-per-chi-suona-palazzo-campanella

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