Un giallo che ora ha un nome e anche una storia. La donna ritrovata cadavere sugli scogli di Reggio si chiamava A., aveva 55 anni e viveva da sola nel centro di Cosenza. Il lavoro e la chiesa, questi gli assi fondamentali di una vita semplice e tranquilla, scandita da pochi affetti e molti sacrifici.
Mancava al lavoro dal 16 gennaio, aveva detto di avere la bronchite. I colleghi cominciano ad insospettirsi mercoledì 23 quando mandano qualcuno a casa sua a sincerarsi delle sue condizioni di salute. Missione fallita. Nessun cenno di risposta, la vicina dice di non sentire alcun rumore da giorni: è arrivato il momento di chiedere una mano. Dalle bacheche di Facebook parte un “Chi l’ha visto”, ci si rivolge anche alla questura. Con l’ausilio dei vigili del fuoco viene forzato l’ingresso dell’abitazione della donna, nel centro cittadino, perché si teme il peggio. Una volta entrati si scopre che l’appartamento è completamente deserto. Si cerca una lettera o un biglietto, un indizio qualunque, si scopre solo che mancano tutti i documenti.
Si pensa quindi ad una partenza e l’associazione con il corpo ritrovato il 19 fra gli scogli di Reggio Calabria è immediata. Descrizione e età coincidono e dopo le prime verifiche già nella tardissima serata di mercoledì 23 si è quasi sicuri che si tratti di lei. L’indomani un ex direttore di filiale a Cosenza, ora Reggio, si reca all’obitorio per il riconoscimento. Un congiunto della 55enne che vive fuori città è stato informato della tragedia, e ora si aspettano gli ultimi riti ufficiali e l’autopsia per capire le cause della morte. Fin dal ritrovamento del corpo si notava l’assenza di evidenti segni di violenza, particolare che ha fatto pensare ad un suicidio.
Era una donna seria e molto riservata, chi la conosce la descrive come una donna di una volta, “tutta di un pezzo”, molto religiosa anche per via di una formazione molto rigorosa. Al momento del rinvenimento del corpo fra gli scogli della via marina le avrebbero trovato addosso infatti una collanina e un portachiavi con delle effigi religiose, ma nessun documento. Aveva la patente ma non guidava, non usciva spesso se non per cenare, visto che non amava cucinare. Manteneva rapporti con poche fidate persone.
Poco più che diciottenne vinse brillantemente il concorso in banca e iniziò ad affrancarsi da un passato di solitudine, contando per decenni solo sulle proprie forze e su una fede incrollabile. Chi la conosceva bene non si rassegna all’idea, non riesce a trovare un perché. Lavoratrice responsabile e disponibile con i colleghi, sapeva mostrarsi dolce e remissiva nella routine di ogni giorno. Anche se non era la prima volta che si isolava per qualche giorno e anche altre volte si era mostrata smemorata e taciturna, si è sempre dimostrata abbastanza forte per rialzarsi dalle cadute della vita.
“Scriva un’altra cosa per favore: amava tanto il mare”.
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