dal nostro inviato Matteo Dalena
Un mazzo di fiori sulla porta e due striscioni sulle mura raffreddate dalla sera. “Vergogna”, “milioni di euro per l’accoglienza agli immigrati e ancora si muore nelle case abbandonate”. Questa la protesta di un gruppo di cittadini riunitisi, dopo un tam tam sui social network, davanti allo stabile di Via XXIV Maggio a Cosenza, dove stamattina sono stati rinvenuti carbonizzati i corpi di tre senzatetto (leggi qui).
Al loro arrivo allo stabile c’è un pastore maremmano evidentemente abituato a fare la guardia per i suoi amici senzatetto. Ringhia sulla difensiva, poi lascia il campo sconsolato passando sotto i nastri bianchi e rossi dei carabinieri. La gente si ferma incuriosita, legge e ricomincia il suo cammino, il traffico che costeggia l’isola pedonale è notevolmente rallentato. Ci si scambiano opinioni e si matura la rabbia per una tragedia che viene ritenuta un’offesa alla dignità umana e alla nomea di citta dei diritti e dell’accoglienza che pian piano Cosenza era riuscita a mettere in piedi.
Si parla di Oasi Francescana e di Aterp, di politici e di religiosi. Sul luogo della tragedia stamattina è arrivato subito anche l’arcivescovo di Cosenza, Salvatore Nunnari, che ha benedetto le salme, mentre il sindaco Mario Occhiuto, che ha disposto il lutto cittadino nel giorno delle esequie e con un messaggio alla città ha esternato il suo dolore così: “Una tragedia che spezza tre vite umane e ci lascia addosso il peso di una tristezza che attraversa tutta la città di Cosenza, avvolta da un vuoto che al momento è colmo di domande che non trovano risposta. Il terribile sacrificio di queste persone divenute vittime innocenti di esistenze sfortunate non può lasciare indifferenti e, anzi, spinge a interrogarci ulteriormente sulla necessità sempre forte e comune di dover tendere una mano a chi ha bisogno, a prescindere dalla nazionalità di chi sia svantaggiato. L’Amministrazione comunale persegue con ostinazione e, purtroppo, spesso in silenzio e solitudine, politiche sociali non solo improntate all’accoglienza ma anche all’integrazione. Una giornata funesta come questa, che dovrebbe essere esclusivamente di dolore, diventa inevitabilmente una giornata di rispettosa riflessione e di insegnamento collettivo”.
Ma le parole più significative arrivano dagli immigrati senza casa che hanno partecipato al sit-in organizzato dalle forze antagoniste e antirazziste della città. Mentre si decide del destino giuridico di quello che ad ora è l’unico superstite della tragedia (a quanto pare un cittadino di origini rumene e non marocchine come era filtrato stamattina), le loro parole di rabbia ci raccontano una realtà viva e sanguinante nel tessuto sociale della città:
“Ci hanno cacciato, dove sono gli enti che dovrebbero aiutarci?!? A nessuno importa veramente di noi, siamo abbandonati, ognuno difende il proprio interesse e nessuno pensa al nostro. Ogni notte non sappiamo dove dormire, nessuno ci sa dire quale sarà il nostro destino. Mai avremmo pensato che una cosa così potesse succedere in un Paese d’Europa, solo in Italia è così: fate qualcosa per noi“.
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