La notizia è ufficiale: a Palazzo Campanella non entreremo mai. Abbiamo aspettato qualche ora per scrivere due righe, cercando di farcene una ragione. Fino ad ora non siamo mai stati sfiorati dall’idea di andarci, per la verità, di cosa avviene lì dentro abbiamo scritto a vagonate attenendoci alle carte e ai fatti, e i consiglieri regionali li abbiamo intervistati solo nella nostra redazione, con le nostre regole e con la diretta streaming. Quindi nei dintorni dell’astronave di governo non siamo capitati nemmeno nei paraggi, ma metti caso che un giorno.
Niente, non si potrà. Vertici diella Federazione della Stampa, di Sindacato e Ordine dei giornalisti hanno firmato insieme al presidente del consiglio regionale un protocollo che impedisce agli “abusivi” di entrare nel palazzo del consiglio.
Entreranno professionisti e pubblicisti regolarmente retribuiti ed inviati dalle proprie testate registrate e free lance inquadrati dagli enti di previdenza nazionale, solo se questi ultimi dimostrano la reale ed effettiva esigenza di produrre un lavoro sulla politica regionale (…). C’è davvero scritto così.
Questi colleghi privilegiati potranno intervistare i consiglieri regionali solo in una stanza appositamente preparata per loro, chiedendo prima il permesso scritto all’ufficio stampa regionale. A sua volta loro, con gentilezza, disporranno l’orario più consono agli abiti da indossare, già espressamente prescritti con precisione e dettagli vergati nero su bianco sul mitico protocollo.
Guardiamo agli spostamenti: inserendo il fichissimo badge del consiglio regionale calabrese nell’apposita macchinetta, i giornalisti autorizzati dall’ufficio stampa, solo se vestiti come il protocollo firmato prevede, potranno accedere nei giorni del consiglio (ad occhio – tanto siamo abusivi – una ventina all’anno) al primo piano del Palazzo, ma solo nell’area CorpoA1, lato sala stampa. E’ vietato accedere alle altre aree, metti caso che si scopre qualcosa proprio nel moento in cui dovrebbero uscire i nomi dei consiglieri dei rimborsi Gratta e Vinci, puta caso che i giornalisti riescono a raccontarlo sui loro giornali, che qualcuno li compra e metti persino caso che a qualcuno importi davvero qualcosa e che addirittura se ne ricordi nelle urne.
Per evitare questa seppur improbabile schiera di eventi resteranno, vestiti di tutto punto, nel recinto preposto. I colleghi più esperti ci raccontano di quanto sia illogico e angusto. Roba che ci si deve alzare ogni cinque minuti per far passare uno della fila, come nemmeno nei vecchi cinema dei paesini più sperduti. Certo, non si potrà mica chiedere di ristrutturare l’area in tempi come questi, si è già spesa una vagonata di soldi per costruire la palestra negli uffici della giunta.
Di questa firma si stanno lamentando direttori di testate regionali e non solo, la notizia è destinata a crescere di attenzione. Molti hanno annunciato uno sciopero di protesta, con le aule di Palazzo Campanella che potrebbero presto finire per essere sgombre di giornalisti, se non fosse che se metti insieme tutti i contrattualizzati degli uffici stampa politici che si muovono liberi per quelle stanze ogni giorno arrivi ai numeri della redazione di Repubblica.it.
Tornando nel merito del protocollo siglato, non siamo esperti in materia, ma da una prima lettura a noi sembra che ci sia un buco normativo sulla pausa pipì. I cani da salotto del potere devono poterla fare in casa ad orari precisi. Anche perché fuori da case e palazzi, per le strade, ci sono i cani da guardia della democrazia, poco inclini a collari antipulci come quello firmato in questi giorni in Regione Calabria.
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