Discariche e inceneritori, le due scelte più pericolose e costose. Sono quelle scelte dalla Calabria per uscire dall’emergenza rifiuti. Ferdinando Laghi, vicepresidente nazionale di Medici per l’ambiente lo spiega senza giri di parole. Un tema antico quanto impellente, bisogna fare presa nelle coscienze prima che nelle piazze. Dal sud al nord della Calabria il problema della tutela ambientale e della tutela della salute investe infatti tutte le comunità. Trascorsi gli anni del “mettiamoci una pietra sopra” e del “fidati facciamo così per il tuo bene” un numero sempre maggiore di comitati e associazioni ambientali, fanno rete si consultano e cercano di trovare una sintesi sostenibile al problema.
Dire oggi che la Calabria non sia la pattumiera d’Italia è l’equivalente di dire che in questa regione non si è mai vissuto, significa negare i quintali di veleni sotterrati nei due mari che bagnano le coste calabresi, i rifiuti tossici e i fanghi industriali che sono sotterrati nel sottosuolo dell’Aspromonte, le discariche illegali e a cielo aperto. Inquinamento dislocato su tutto il territorio,nessuno escluso, una emergenza rifiuti e il perenne stato di commissariamento che dal 1997 ha avuto un costo di 1,5 miliardi di euro, per la progettazione e la realizzazione di inceneritori e discariche; emergenza mai risolta e sempre punto e a capo. Eppure la Comunità Europea parla chiaro: seguire la direttiva del 2008/98 CE, per combattere i rischi che provengono dalla cattiva gestione dei rifiuti, aiuterebbe in maniera assolutamente economica e sostenibile la regione Calabria a superare il perenne stato di crisi.
A spiegarlo all’attentissima platea della sala Fausto Gullo della Casa delle Culture di Cosenza è il dottor Ferdinando Laghi, attualmente Direttore dell’unità ospedaliera degli ospedali di Castrovillari e Acri, è anche autore di numerosi volumi e ricerche nell’ambito ambientale-sanitario che gli sono valsi riconoscimenti nazionali e internazionali. “Le linee programmatiche che si evincono dalla direttiva 2008/98 CE sono molto chiare. Prevenzione; preparazione al riutilizzo, riciclaggio; recupero di energia dai rifiuti (inceneritori) ; discariche. L’U.E indica in modo chiaro con i primi tre punti un modo di affrontare il problema che sia chiaro e sostenibile. In regione Calabria si è sempre optato per la seconda parte della direttiva: inceneritori e discariche.”
Seppur dal punto di vista economico le aspettative di vita sono sempre maggiori, la propensione alla vita sana diminuisce sempre di più. “Il nostro stato di salute è una risultante di molteplici fattori dal punto di vista medico, tra questi fattori rientra certamente il vivere in un ambiente sano. Il nostro pianeta è un sistema chiuso, quindi ogni essere vivente è responsabile verso gli altri per il comportamento che decide di adottare”.
Criminalità organizzata, discariche e inceneritori sono la catena di un unico processo. Un processo alterato dalla volontà umana, capace di creare speculazioni sul ciclo di smaltimento di rifiuti incurante delle conseguenze ambientali e quindi sanitarie. “Gli inceneritori sono l’unica strada percorribile se non si vuole evitare lo smantellamento delle discariche, sono lo strumento in grado di dare ciclicità all’operazione di smaltimento di rifiuto meno virtuosa. Anche gli inceneritori di ultima generazione espellono delle sostanze che sono tossiche per tutto il corpo umano, di fatto veniamo costretti ad aereosol di sostanze nocive.”
Qual è la risultante di questo processo, è che il particolato più piccolo di un globulo rosso entrando nel corpo umano è in grado di raggiungere tutti gli organi del corpo umano, intaccando la sanità dell’intero sistema.
La denuncia fatta dall’insigne medico calabrese altro non fa che dare forte valenza e convinzione a tutti i comitati spontanei di cittadini che si sono formati in tutta la regione. Non si tratta soltanto di rifiuti, l’occhio attento e le giuste osservazioni vanno fatte soprattutto in fase di progettazione. “La Calabria pensa di affrontare il problema rifiuti esclusivamente sfruttando le discariche, nella progettazione delle nuove strutture non si tiene mai conto di quelli che sono elementi come le esalazioni gassose o le falde acquifere, le contaminazioni da percolato o l’impatto dei mezzi di trasporto nelle fasi di scarico dei materiali. Si agisce nella speranza che il progetto non venga mai letto.”
È un abuso del territorio, una violenza che proviene direttamente dall’imperizia della mano umana. Un voler affrontare il problema senza convenevoli, piegandosi alla bieca modalità del malaffare. L’illusione di vivere nei limiti di legge è solo una delle tante illusioni. “I limiti di legge sono calcolati solo su singole sostanze e non sul complessivo, mentre vengono usati degli standard che tengono conto degli adulti trascurando i bambini. Seppure ci sia un fondamento scientifico la valenza è molto limitata, si tratta solo di una necessaria formula compromissoria”. Vivere in un territorio dove sorgono delle discariche comporta delle ricadute non solo dal punto di vista ambientale, drastiche riduzioni dal punto di vista economico nella valutazione delle abitazioni vice, impatto ambientale disastroso per l’intera economia agricola.
Una conferenza, quella organizzata dall’Associazione Culturale Donnicese, importante non solo dal punto di vista dei rischi che quotidianamente corriamo a causa della cattiva gestione dei rifiuti, ma che una soluzione sia possibile. Lavorare attraverso politiche che perseguano le direttive che l’Unione Europea emana e che i governi territoriali e locali dovrebbero provvedere a far applicare, percorrendo le strade del recupero e della raccolta differenziata porta a porta, adottando uno stile di vita che sia volto al riciclaggio e al riutilizzo dei materiali. Una conferenza che si è spinta nella necessità che lo stile di vita che decidiamo di adottare dipende esclusivamente da noi, che i rifiuti e i fanghi industriali che la ‘ndrangheta occulta su tutto il territorio falsificando operazioni di smaltimento non sono un argomento tabù, ma tematica da affrontare con serietà massima.