(Il momento della lettura della lettera scritta in carcere dalla mamma di Cocò)
di Matteo Dalena
Ho perso un figlio ma guadagnato un angelo. La missiva scritta da Maria Antonia Iannicelli, madre del povero Cocò, letta in cattedrale a Cassano allo Ionio alle fine della fiaccolata, rappresenta il momento apicale di una manifestazione ostica, sopportata più che accolta da una città ancora intontita, nella quale regna un preoccupante stato di calma apparente. La quiete dopo la tempesta, bagnata da una pioggia che minaccia di degenerare in temporale. E non solo metereologicamente.
A Cassano chi scrive non aveva mai messo piede, arriviamo sotto la pioggia insieme ai ragazzi del coordinamento cosentino di Libera. Sono le 19.25, la manifestazione sta per cominciare: cerchiamo Largo Cappuccini dove il grande corteo prenderà il largo di un percorso tortuoso, tra le viuzze scivolose di un centro storico attraversato dalla pioggia e dal dolore. Le indicazioni forniteci da un passante sono generiche, quasi fuorvianti. In fondo siamo “stranieri” in una città vessata da stranieri dai cognomi italiani, ripetuti in serie: commerciano, comandano, impartiscono ordini, lo fanno in una lingua che non è la nostra e possono tutto, compreso uccidere i bambini. A sangue freddo e senza pena.
Le vecchie regole sono saltate da tempo: ora non si salva più nessuno. Cassano ha paura, ma prova a reagire allo scempio perpetrato. Nel Largo Cappuccini accorrono un migliaio di anime smarrite, in attesa di quel pastore che può solo provare a rimettere in ordine quel flusso emozionale in cui scorre di tutto: timore, ansia, pena, rabbia. Anime che sembrano dirti: “abbiamo visto tutto, cosa può succedere di più”. Poi ascolti Mons. Nunzio Galantino e vedi Bergoglio: “che Chiesa siamo se non siamo capaci di scendere per strada?“. E’ proprio quella Chiesa che – come ricordato tante volte da Nicola Gratteri – “leva l’acqua al pozzo dei capimafia“.
Il percorso del corteo è poco agevole, il centro storico di Cassano è un dedalo di viuzze in cui è veramente difficile orientarsi. La signora Maria accende un cero, pregando per quella piccola anima salva: “lui non c’entrava, lui non c’entrava“; Francesco Graziadio della “Misericordia” si rivolge alla pioggia: “sei benedetta“. Il corteo transita sotto casa degli zii di Cocò: la porta è spalancata, le braccia della donna conserte, lui sul divano, il volto truce, non un sibilo. Ad urlare è invece l’emblematico striscione appeso poco oltre la soglia: “i bambini non si toccano“. Come a dire: non abbiamo altro da dire.
Si procede oltre, verso la Cattedrale: piove troppo e il vescovo decide di aprire le porte. Il silenzio è glaciale, le navate si riempiono, arrivano le istituzioni, i politici e la folla mantiene un rispettoso silenzio. Preghiere e orazioni fanno da preludio alla lettura della lettera scritta in carcere da Antonia Maria Iannicelli, madre del piccolo Cocò:
Il mio piccolo angelo ora è con Gesù
Sono la mamma di Nicola che il 16 gennaio 2014 in un modo tragico e violento è stato tolto al grande amore di mamma e papà. Con questa mia lettera voglio soltanto esprimere ciò che il mio animo, anche se trafitto dal grande dolore, mi suggerisce. Dopo aver parlato con tutti coloro che mi sono vicini: le volontarie, il cappellano ed infine il vescovo di Cassano che mi è venuto a trovare e dopo averlo ascoltato, mi ha colpito una frase presa dalla Bibbia con cui mi ha fatto riflettere per capire il senso di ciò che è capitato al mio piccolo angelo. Il Salmo 54 della Bibbia ad un certo punto dice “piombi su di loro la morte, scendano vivi negli inferi perchè il male è nelle loro case e non nel cuore”, e il vescovo diceva che al male non si risponde con il male. Ho capito che dobbiamo cambiare nel cuore e dobbiamo sforzarci di non rispondere con la vendetta ma con amore. Questi pensieri mi vengono di fronte alla Parola di Dio che mi aiuta a capire il perchè della morte del mio piccolo Cocò di appena 3 anni. Il mo cuore di mamma mi suggerisce di conservare nel mio animo il dolore di aver perso un figlio, ma di aver guadagnato un angelo che sicuramente non vuole che noi sulla terra continuiamo a farci del male, perchè lui, sempre sorridente come lo era tra noi, vorrebbe certamente che la sua morte non sia inutile, ma che porti pace nel cuore di tutti. E’ strano che io possa dire questo, ma pensando al sogno del mio figlioletto che avrebbe tanto voluto una vita bella e sana, penso a tutti i bambini che sognano di vivere questa vita serenamente. Mi auguro che ciò che è successo non succeda mai più: perchè il dolore di una mamma cui è stato portato via crudelmente un figlio, è qualcosa che ti strappa le viscere e che non auguro a nessuno. Non ci siano perciò più divisioni negli animi di noi grandi per non farli vivere ai nostri figli”.
I grandi, già. Cosa faranno ora I GRANDI?