La Camera dei deputati ha detto sì alla riforma del Lavoro proposta del ministro Fornero. Il voto è arrivato alla fine di una giornata rovente per le parole del ministro al Wall Street Journal. La responsabile delle politiche sul lavoro del governo Monti, aveva risposto in una lunga intervista alle forti critiche dell’autorevole quotidiano statunitense, dichiarando: «Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti. L’attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio». Parole che hanno scatenato la rivolta del Web, ma non solo. Su Twitter e Facebook tutti hanno discusso sulla anticostituzionalità della sua dichiarazione (l’articolo 1 e l’articolo 4 dicono espressamente che la nostra “è una Repubblica fondata sul lavoro”, e che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”) e non sono mancate le polemiche politiche sulla sua uscita. Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, schierato all’opposizione di questo governo, ha tuonato: «A quanto pare la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’art. 1 della Costituzione. Cara professoressa, questa è un’asineria bella e buona». Sulla stessa scorta anche Rifondazione Comunista e la Lega Nord, anche loro esponenti dell’opposizione. I leghisti hanno attaccato la Fornero chiedendosi ironicamente se avesse giurato sulla Costituzione o su Topolino (da che pulpito). Nel primo pomeriggio la precisazione del ministero che ha cercato di correggere il tiro: «Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. Ho fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza». La frittata però, era ormai fatta.
I sì alla sua Riforma sono stati 393, con 74 contrari e 46 astenuti. I numeri sono ancora dalla sua, visto che dopo le due votazioni di martedì, l’aula di Montecitorio ha votato la quarta e ultima fiducia chiesta dall’esecutivo. Gli equilibri nella maggioranza però, sono sempre più precari. Quasi metà del Pdl infatti, non ha votato la riforma e sempre dal Popolo delle libertà, in giornata erano arrivate le avvertenze di Fabrizio Cicchitto, che hanno mandato in rivolta il popolo della Rete. L’esponente di punta del partito di Alfano aveva fatto presente al ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda quanto sarebbe complicato tenere i deputati in aula a votare fino a Ferragosto i decreti in scadenza con il rischio per il governo di trovarsi senza maggioranza. In serata il presidente della Camera Fini ha cercato di mettere il punto definitivo sulla questione affermando: «Visto l’alto numero di decreti in scadenza, i lavori alla Camera potranno continuare anche nelle settimane successive alla prima e seconda di agosto e si potrà prevedere di votare anche lunedì e venerdì ed in notturna». La questione del calendario dei lavori in Aula sarà comunque affrontata nella prossima riunione dei capigruppo, quello che ci auspichiamo è che i politici, che continuano a chiedere sacrifici agli italiani, si dimostrino pronti a lavorare senza sosta per uscire dalla situazione di crisi in cui è caduto il Paese.