di Maria Cristina Guido
“La politica è bella“. Baaría è un film illuminante e quando il padre morente lo sussurra al figlio, non puoi non piangere. Un moto di passioni o una grande illusione? Forse entrambe le cose.
Più semplicemente, la politica è una passione che coltivo da quando avevo 9 anni, età segnata dalla vittoria della Democrazia Cristiana nel mio paesello ‘rosso’ . Quando vedi i tuoi genitori, i ‘compagni’ di tuo padre piangere nel chiuso di una sezione del Partito Comunista per la cocente sconfitta elettorale, non comprendi bene tutto e fino in fondo, ma capisci che qualcosa cambierà anche nella tua vita. Credo che in quel momento io abbia scoperto di non riuscire a trattenere l’indignazione ma soprattutto la voglia di cambiare le cose, e di farlo in una realtà che non mi piaceva più.
Del resto, allora i metodi erano quelli di una bambina: litigavo con i miei coetanei urlando le parole di ‘bandiera rossa’ per coprire il loro scherno, o la insegnavo alla mia compagna di banco delle elementari che la canticchiava in modo buffo. Un anno fa, dopo le dimissioni da segretaria del Partito Democratico di Spezzano Sila, ho deciso di prendermi un pó di tempo per concentrarmi su ció che avevo dovuto mortificare fino a quel momento, ovvero la formazione politica.
E così parto con un carico pesante di aspettative per Napoli, sede del primo incontro nazionale di Finalmente Sud, il progetto di formazione politica del Pd riservato a mille giovani del Mezzogiorno. Nel frattempo avevo già partecipato ad una serie di incontri della Fondazione Sudd, che periodicamente offre l’opportunità di approfondire e di ragionare su temi di stretta rilevanza politica grazie ai contributi di docenti universitari ed esponenti politici democratici e della sinistra italiana. quello che ricordo di più a Pollica, la mia prima volta nella terra del coraggioso Angelo Vassallo, ‘Sindaco pescatore’.
Quindi è da un anno più o meno che studio, è da un anno che non ho più la preoccupazione delle tessere, dei congressi, delle beghe personali che funestano la vita del partito di Bersani in Calabria. Parallelamente a questo ho iniziato a guardare con interesse agli incontri nazionali di Rifare l’Italia, all’interno dei quali si affrontavano temi di stretta attualità ma con un taglio diverso dalle solite iniziative paludate e con una partecipazione trasversale tra le correnti che spesso agitano il clima interno al partito. Con un gruppo di amici, o meglio di coloro che spesso amano definirsi ‘compagni’ riportandomi ai ricordi d’infanzia, abbiamo deciso di riportare quella esperienza in Calabria, discutendo di Lavoro con Stefano Fassina (responsabile nazionale economia del Pd) a Crotone; di Giustizia e Legalità con Andrea Orlando (responsabile nazionale giustizia del Pd) a Catanzaro, di Cultura e Arte della Politica con Matteo Orfini (responsabile nazionale Cultura) a Cosenza.
Iniziative metabolizzate non molto positivamente da una parte del Partito ma che hanno consentito a tanti di noi di ragionare in termini non più e non solo localistici: una apertura mentale che, in una fase complessa come quella che sta attraversando il Pd in Calabria, ci sembrava necessaria per non fossilizzarci su insuccessi e sconfitte causate da altri. E riflettendo proprio sulle sconfitte ho maturato una convinzione, o meglio una mia personale lettura: una delle cause degli insuccessi della sinistra sta nel fatto che spesso ha rincorso la destra sul proprio terreno, facendolo peraltro male. Le politiche di Blair o di Clinton non hanno rappresentato realmente un’alternativa rispetto ai modelli che contestavano, inoltre la partenogenesi (oddio ecco il politichese: diciamo frammentazione) che contraddistingue la sinistra italiana ci fa scontare un ritardo epocale rispetto ai partiti socialisti e democratici europei.
Ancora in Italia non siamo stati in grado di creare un grande partito che possa aggregare il ‘pensiero gramsciano, il cattolicesimo democratico ed il federalismo europeo’. Leggendo proprio Gramsci ho maturato l’idea che essere di sinistra volesse dire avere una visione ottimista della storia, intesa come capacita di influire positivamente sugli eventi. Esprime meglio di me il concetto Rampini che afferma: “Essere di sinistra vuol dire inseguire un progetto che possa far bene all’Asia e all’Africa mentre fa bene a noi; perché un progetto simile deve esistere altrimenti l’umanità è condannata a ripetere cicli di errori e di tragedie”.
Meno di un mese fa mi veniva comunicato che ero stata selezionata per Officina Politica, un Master per la formazione dei nuovi quadri dirigenti del partito, insieme a 45 giovani provenienti da tutte le regioni d’Italia. In quel momento quindi inizia una nuova avventura che durerà un anno e che mi entusiasma tantissimo. Dopo anni di militanza nella Sinistra Giovanile del mio paese, della Presila e provinciale, dopo esser stata eletta segretaria di circolo del neonato Partito Democratico e dopo aver fatto parte del coordinamento provinciale, oggi mi sento di dire che investire il mio tempo nella formazione è stato edificante. In questo anno, grazie ad Officina Politica, avremo modo di migliorare la nostra preparazione relativamente a tre grandi temi: identità, istituzioni, comunicazione. Nei prossimi mesi saremo chiamati a studiare l’origine e lo sviluppo di alcuni fenomeni che monopolizzano la nostra attualità e nello stesso tempo analizzeremo le istituzioni, le dinamiche politiche ed economiche di grandi realtà quali la Cina, il Mediterraneo ed i Brics. In tutto ció faccio la vita di una trentenne nell’era della paura da spread: sono precaria, mi barcameno tra co.co.pro. e periodi di immobilismo totale e tutelo gelosamente i miei affetti. Un mio orgoglio? Essere zia di tre fantastici gemelli.
E sì, è davvero bella la politica.