Terza puntata, ormai non si sa più dove finisce il festival e iniziamo noi. L’Italia è ufficialmente un piccolo Stato inglobato nella grande Repubblica sanremese e poco importa se là fuori la Guerra Fredda non è più così tanto fredda, se dev’essere un revival anni ’80 che lo sia ballando ballando con Regan, Gorbaciov e soprattutto con Raf. Dello speciale karaoke di Sanremo, però, il vincitore non è lui ma un’altra vecchia gloria del pianobar, la cui rivisitazione di “Se telefonando” ha fatto rimpiangere quella Laura che non c’era e capire perché se ne fosse andata via facendosi ricercare per un buon decennio in ogni pizzeria del litorale tirrenico da tutti i Nek materializzatisi sul finire dei ’90.Gli anni in cui il festival fu dichiarato cerebralmente morto e tenuto in vita poi da macchinari e internet. Se non fosse per la voglia che ognuno di noi ha di vomitare veleno online, parliamoci chiaro, nessuno lo guarderebbe più. La gente ieri avrebbe tranquillamente evitato di registrare Masterchef e le ragazze online solo per demolire Rocìo si sarebbero infilate lo smanicato di pelliccia per farsi il pre 8 marzo in fila al cinema per “50 sfumature di grigio”. Sempre meglio delle 50 sfumature dello stesso abito di Bianca Atzei. (Che poi chi è?) Scrivere della puntata cover senza ripetersi insistendo sui look di vallette e starlette degni di un fitting ad una svendita di Mas a piazza Vittorio è assai difficle. Persino ad Arisa è toccato prendere un anestetico per sopportate la scaletta. Ancora comici che non fanno ridere e big che non li riconosce manco il vicino di pianerottolo in ascensore. Invece del finto suicidio per parlare di crisi e precariato Conti ha optato per il finto collegamento in diretta dallo spazio con la Cristoforetti, il cervello italiano fuggito più lontano di tutti, ma evidentemente non abbastanza per risparmiarsi Masini, Malika partorita e la trasfigurazione di Tony Hadley degli Spands. Lì, però, bastava chiudere gli occhi e l’effetto “reunion Albano&Romina” era presto spazzato via dalla voce, intatta, dell’icona New Romantic che tanto aveva mandato in crisi le pischelle in Monclear, Timberland e Naj Oleari che come prima grande scelta della vita dovettero prendere posizioni tra i due blocchi: Duran Duran e Spandau Ballet. Erano sempre gli anni ’80 ma, lì, altro che cold war.
GRAZIE DEI FIOR | Dal Festival non si scappa (nemmeno con la corsa allo spazio)
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