«Io ero un giovane cronista che andava sempre di corsa da una parte all’altra di Palermo ma un giorno riuscì a scambiare una parola con Borsellino. Lui mi chiese perché correvo, io gli spiegai che lo facevo per le notizie e sottolineai come anche lui fosse sempre di corsa. Borsellino rispose dicendomi: Io sono diverso da te, io sono un cadavere che cammina».
Lo racconta ai microfoni di Mmasciata.it Salvo Sottile, giornalista palermitano, per molti anni è entrato nelle case degli italiani conducendo il Tg5 di Mentana o collegandosi, appunto, dalla sua Sicilia. All’epoca era giovane e avrebbe fatto di tutto per la notizia e in quel 1992 di notizie a Palermo ce ne stavano tante. Come le morti. Le più clamorose furono quelle di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, quello stesso giudice che sapeva d’essere un cadavere in movimento molti anni prima che la Strage di Capaci portasse via il suo collega e amico.
Il 2015 è un anno in cui il 1992 entra molte volte e in maniere differenti. Lo ha fatto a Pedagogia della Resistenza all’Università della Calabria nell’incontro dedicato ai due giudici siciliani trucidati dalla Mafia e che ha visto Sottile (in tour per presentare il suo romanzo thriller Cruel), raccontare quei fatti da protagonista.
Nell’aula tanti studenti e l’immagine di Falcone e Borsellino alle spalle dei relatori. La stessa che campeggia sulla locandina della nuova produzione teatrale Novantadue – Falcone e Borsellino 20 anni dopo per la regia di Marcello Cotugno che trae spunto da un testo di Claudio Fava. I dilemmi sono sempre quelli: il 1992 è l’anno che ha cambiato la Storia di questo Paese? E’ l’anno della trattativa Stato-Mafia? Probabilmente, come sostengono tanti, questa trattativa ci fu e su questa pista c’è un processo che sta cercando di fare luce. Del 1992 si è occupato anche il regista calabrese Giuseppe Gagliardi nella fiction che Sky manderà in onda a partire dal 24 marzo (ecco alcune anticipazioni di mmasciata.it sulla fiction 1992). E’ lo stesso anno in cui c’è il summit fra ‘Ndrangheta e Cosa Nostra, sottolinea Arcangelo Badolati anche lui presente all’Unical, dove i calabresi dicono che non vogliono partecipare all’attentato perché a loro non interessa andare contro lo Stato ma, come riferirà il pentito calabrese Villani, « mise a disposizione l’esplosivo che arrivò dalle saline ioniche e fu recuperato dalle stive di un mercantile affondato». E’ lo stesso anno in cui, dopo la morte di Borsellino, la giovane pentita che decise di combattere la sua famiglia mafiosa Rita Atria (l’attrice Jo Lattari davanti agli studenti interpreta la ragazza ai tempi della scuola quando scrisse un tema dopo la morte di Falcone), si toglie la vita perché consapevole che la Mafia aveva tolto di mezzo i due baluardi della legalità.
Ventitré anni dopo in quella Roma, definita nel 1992 “ladrona” dai leghisti che si affacciavano per la prima volta nel mondo della politica che conta, e nel Lazio l’Osservatorio per la sicurezza e la Legalità della Regione ha presentato un rapporto sulle organizzazioni criminali presenti sul territorio in cui emerge che ‘Ndrangheta e Cosa Nostra la fanno da padrone. Se nel 2008, anno dell’ultimo “censimento”, i clan mafiosi presenti nel Lazio erano 60, oggi sono 88: 35 appartenenti alla ‘Ndrangheta, 16 a Cosa Nostra, 29 alla Camorra, 2 alla Sacra Corona unita e 6 sono quelli autoctoni.
“Le infiltrazioni delle mafie – dice Sottile – hanno capito che facendo rumore non ottengono nulla, per esserci e proliferare hanno bisogno del silenzio per fare affari”. La politica, che le mafie fossero ovunque, ci hanno messo molto a capirlo e anche ora che lo sa, e lo sa fin troppo bene in casi tutt’altro che isolati, la battaglia resta sempre impari. Chi pensa che le cosche e i clan siano un problema solo del Meridione, è rimasto fermo a ventitré anni fa, quando giunse l’anno che cambiò l’Italia.