di Michele Giacomantonio
Certe storie vanno guardate dritte negli occhi per poi poterle raccontare. Gli occhi di questa storia sono azzurri e stanchi e ancora non hanno perso quel guizzo di feroce ironia con cui hanno guardato il trascorrere della vita, molta della quale passata dentro una gabbia. Renato Vallanzasca è il protagonista della graphic novel sceneggiata dal cosentino Luca Scornaienchi, disegnata da Jonathan Fara ed edita da Round Robin in collaborazione con Cluster.
Cento pagine piene di fughe, sparatorie, inseguimenti, ma tutto raccontato da dentro un penitenziario, perché Renato Vallanzasca è il detenuto italiano che ha fa fatto più anni di carcere di tutti. Luca Scornaienchi per guardare questa storia italiana negli occhi ha incontrato Vallanzasca una volta, mentre era fuori per un permesso “una volta sola, perché qualche giorno dopo sarebbe stato arrestato di nuovo per una strana vicenda di mutande rubate”, spiega lo sceneggiatore cosentino e in questo dettaglio c’è tutto il rimpianto di chi si vede portare via il protagonista della sua storia appena abbozzata. Eppure quel rapido incontro ha marchiato il racconto affidato da Scornaienchi alla matita di Fara, svelando sia pur fugacemente un uomo ironico, colto, capace di muoversi nella storia recente dell’Italia, dei movimenti degli anni Settanta, curioso, magari ancora attraversato da un narcisismo sottile, ma orgogliosamente impegnato nel rivendicare per sé il ruolo di bandito libero, che mai ha avuto legami con i Servizi segreti, né con la mafia, come invece è spesso accaduto per altri esponenti della criminalità. “Quando l’ho contattato tramite i suoi avvocati per chiedergli la collaborazione alla realizzazone della graphic novel, Vallazansca si è mostrato subito interessato, ironizzando sul fatto che un solo libro non sarebbe stato in grado di rappresentare la sua vita rocambolesca”, racconta Scornaienchi, che ricorda anche che a tranquillizzare il bel Renè fu il ricordo di Andrea Pazienza, che con un tratto di disegno fu capace di chiudere una lunga storia italiana. L’esempio fu illuminante, anche perché Vallanzasca aveva una certa conoscenza e passione verso i fumetti e i suoi protagonisti, ma non per Tex, “perché è uno sbirro”.
Dopo l’ennesimo arresto del protagonista della storia, lo sceneggiatore cosentino si è trovato ad affrontare lo sviluppo del racconto da solo, muovendosi tra la cronaca e il racconto della moglie, Antonella D’Agostino. E così dentro le pagine in bianco e nero del libro di Scornaienchi ci sono le rapine e le evasioni, la fascinazione che gli occhi azzurri del bandito esercitarono su numerose casalinghe italiane annoiate da una vita banale e il mito di un certo superomismo quasi etico, basato sul non aver “mai sparato per primo o alle spalle”. Ma dentro ci sono pure i morti ammazzati, il cui ricordo affolla le lunghe giornate di chi in carcere “continua a pensare ai vivi e ai morti, perché non c’è molto altro da fare”.