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EPIC SPAIN | La Roja in ginocchio, è il crepuscolo degli dei?

marco panettieri
marco panettieri
Giugno21/ 2014
don Andres Iniesta, el Ilusionista, su di lui canti di sirena che arrivano dal Qatar.
don Andres Iniesta, el “Ilusionista”, su di lui canti di sirena che arrivano dal Qatar.

di Marco Panettieri

SIVIGLIA. La cosa più significativa successa finora sui campi brasiliani è la caduta dell’impero spagnolo. La “Roja” in ginocchio, figuratevi quanto se ne parla da queste parti. C’erano una volta un sistema politico bipolare, un re e una squadra di campioni, tutto d’un botto non ci sono più. Fra i tanti cambiamenti che si stanno succedendo in Spagna, la caduta degli dei del pallone è forse quella che ha avuto più risalto a livello internazionale. Potenza del Mundial. Quando sono arrivato in Spagna, nell’ormai lontano 2008, le Furie Rosse erano anche simpatiche e mi fece enormemente piacere la loro vittoria nell’Europeo austroelvetico. Le cose cambiarono rapidamente negli anni successivi, quando una schiera di giornalisti ipernazionalisti (e poco preparati) si esaltarono e si autocoronarono “dominatori del calcio” soprattutto dopo il Mondiale sudafricano del 2010. Le squadre vincenti smettono di essere simpatiche, va da sé. Ma l’antipatia non deve offuscare l’ammirazione per il talento di una generazione di fenomeni diretti da due giocatori irripetibili: Xavi Hernández e Andrés Iniesta.

I problemi iniziano quando giornalisti e tifosi mettevano in dubbio le vittorie precedenti di Italia, Brasile e Germania (12 mondiali in 3), perché secondo loro esiste una sola maniera di giocare: il tiki taka diretto dai due campionissimi del Barcelona. Tutto il resto era noia. E pazienza se il resto del mondo giudicava noioso il loro gioco, se il Mondiale 2010 lo vinsero con il record (negativo) di gol segnati e se prima del 2010 la loro miglior apparizione al mondiale risaliva a USA ’94, eliminati ai quarti dagli Azzurri e dal Divin Codino Baggio. “Però se Tassotti non avesse dato quella gomitata a Luis Enrique, allora…

A vederli da fuori, nonostante il bis all’Europeo in Ukraina e Polonia e i 4 gol rifilatici in finale (meno male che non mi trovavo a Siviglia quel giorno!), i campioni sembravano logori. Le prime avvisaglie c’erano state alla Confederation’s Cup e hanno continuato quest’anno con i campionati anonimi dei direttori d’orchestra di cui sopra, i buchi difensivi di Piqué e Sergio Ramos e i problemi di Iker Casillas: se prima Sacchi, poi Mourinho e infine Ancelotti ti giudicano non all’altezza del Real Madrid, qualche ragione ci deve pur essere. Ma la stampa, ubriaca di tanti trionfi, si scorda delle papere del “Santo” Iker (che stava per regalare la Champion’s all’Atletico Madrid con un’uscita a farfalle), propone Sergio Ramos come pallone d’oro (uno che dovrebbe andare a scuola da Cannavaro su come marcare e da Nesta su come coprire) e al primo minuto della partita inaugurale Brasile-Croazia dichiara all’unisono: “La finale è già decisa, sarà Brasile-Spagna senz’ombra di dubbio”.

Epic fail, verrebbe da dire. Perché Xavi, se andrà a giocare in Qatar come sembra, non ha più motivazioni. Perché Iniesta è arrivato logoro e spompato come Xabi Alonso e Busquets, mentre Ramos e Piqué soffrono l’assenza del loro comandante Puyol, un difensore fuori moda per il Tiki Taka, ma capace di correre, mordere e asfissiare. Perché Diego Costa sembra un Amauri del 2014 ed arriva pure rotto, il suo sostituto Torres non gioca più a calcio dagli anni del Liverpool, ma entrambi vengono convocati a causa delle pressioni della stampa, nonostante Negredo e Llorente siano in condizioni migliori. Sbaglia anche Vicente Del Bosque, convocando e schierando gran parte dei suoi fedelissimi, un errore simile a quello di Marcello Lippi nel 2010.

La Spagna ripartirà da un altro allenatore e da un altro gruppo, il bagno di umiltà non può far altro che bene. Il talento non manca, giovani come De Gea, Isco, Thiago Alcantara e Jesè possono ravvivare una squadra, magari affiancati da qualche mediano dalla buona corsa come Koke. Perché anche se in un periodo probabilmente irripetibile il Tiki Taka ha fatto vincere tutto a questa leggendaria squadra, a calcio si è sempre vinto anche spazzando la palla in tribuna, non mi stancherò di ripeterlo ai tifosi spagnoli.

marco panettieri
marco panettieri

Il nome lo eredità da Tardelli, non il fiato. Cervello in fuga in attesa di nuova ricollocazione geografica. Scrive in italiano perché non vuole dimenticare la sua seconda lingua nativa. Al dialetto ci pensano i parenti.

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