“Stasera friggeranno quel suo cervello da bambino”. Warren Lee Hill, 52 anni, afroamericano, è stato condannato a morte per omicidio e la sua esecuzione, dopo alcuni rinvii, avverrà fra qualche ora con un’iniezione letale nella Georgia Diagnostic and Classification Prison di Jackson. Il finale è solo un po’ meno tragico di quello dei romanzi, come se la morte si potesse umanizzare.
Warren è stato condannato nel 1992, quando, recluso in galera per aver ucciso la sua ragazza, ha fatto lo stesso con il suo compagno di cella. Colpevole, senza ombra di dubbio, ma c’è un però dettato dalle sue condizioni psichiche. L’uomo che da 21 anni è recluso nel braccio della morte ha un ritardo mentale certificato da numerosi specialisti e questo lo ha fatto diventare un caso di cui si stanno occupando da settimane i maggiori giornali degli Stati Uniti e non solo.
Il suo quoziente intellettivo è stato attestato a 70, dato che lo dichiara incapace di rendersi conto di quello che fa. L’unico modo in cui hanno saputo aiutarlo è il pentobarbital contenuto in una siringa pronta all’utilizzo finale. In un editoriale, il New York Times, ha dal canto suo fatto notare come “la Corte Suprema ha vietato dieci anni fa la condanna a morte per i ritardati mentali, ma apparentemente la Georgia non ha ricevuto il messaggio”.
Per fermare il boia e salvare la vita a Hill, l’ultima speranza è ora rappresentata dalla Corte Suprema. Ad essa sembra guardare anche la famiglia della vittima del condannato, visto che in un comunicato ha scritto di “sentire profondamente che una persona con qualsiasi tipo di forte ritardo mentale non dovrebbe essere messa a morte”. Per appoggiare questa battaglia si sono mobilitati uomini e donne famose, guidate dall’ex presidente Jimmy Carter. Un dibattito che sta tenendo l’America col fiato sospeso, in una sorta di gigantesco e macabro reality.
Se la sua condanna verrà eseguita, sarà la prima in Georgia da quando il 21 settembre 2011, in base ad una dubbia sentenza di colpevolezza, è stato messo a morte Troy Davis, la cui vicenda aveva mobilitato molte migliaia di persone, in America e in tutto il mondo.
Come notava giorni fa il Washington Post, in tutti gli Stati Uniti il sostegno alla pena capitale sta scendendo sensibilmente, mentre il numero delle condanne a morte nel 2011 e 2012 ha raggiunto il record più basso, in calo del 75 per cento rispetto al 1996. Cinque stati l’hanno messa al bando, negli ultimi cinque anni, fra questi non c’è la Georgia che continua a far parlare di sé per le esecuzioni di morte non proprio in linea con la civiltà del terzo millennio.
Punire con la morte persone con quoziente intellettivo inferiore alla media, infatti, andrebbe contro i diritti inviolabili dell’uomo, come dichiarato da Christof Heyns, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e sulle esecuzioni arbitrarie. I malati mentali potrebbero, di fatto, non essere in grado di sostenere un processo in maniera adeguata, o potrebbero non comprendere la natura e la gravità dei procedimenti a loro carico.
L’ora si avvicina e possiamo solo sperare che Warren, legato come un salame su un freddo letto di morte, non capisca fino in fondo cosa gli stanno per fare in nome della giustizia.
AGGIORNAMENTO (20feb.) – Mancava meno di un’ora all’esecuzione e Warren era già stato sedato, quando la Corte D’Appello ha deciso di fermare la mano del boia. Alla fine gli avvocati e le associazioni per la difesa dei diritti umani sono riusciti a ottenere la sospensione della pena capitale.