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PAROBOOK | La Spagna è la nostra nuova Calabria

marco panettieri
marco panettieri
Settembre10/ 2013

di Marco Panettieri

(Siviglia, Spagna)

Oggi il famigerato spread fra Spagna e Italia è arrivato a zero. Non capitava da tempo immemore, praticamente nonostante gli indicatori economici spagnoli siano peggiori di quelli italiani, la instabilità di governo rende Roma temuta dai mercati esattamente quanto Madrid. Intanto, qui a Siviglia da luglio non ho più un contratto di lavoro. A mia insaputa, un po’ come quelli che salgono sugli autobus per una scampagnata a Roma e si trovano arruolati nell’esercito di Silvio, sono entrato a far parte di un esercito di 6 milioni di residenti in Spagna (su circa 30 di forza lavoro totale) che ogni mattina si alzano senza avere nessun obbligo lavorativo.

 

Qui il “paro”, ossia la disoccupazione, sembra essere l’argomento principe di ogni conversazione. L’esercito dei parados si ingrossa ogni giorno e io spero presto di disertare e trovarmi un nuovo lavoro; rispetto a tanti altri sono già in possesso di due requisiti fondamentali: parlo inglese e so prenotare i voli low cost. Perché per uscire da quest’esercito, l’unica soluzione sembra essere emigrare in un altro Paese magari con meno sole e più microjobs. Era impensabile qualche anno fa, siamo punto e a capo rispetto al momento in cui decidemmo di lasciare la CalabriaLa crisi della Spagna nel settore che mi riguarda (la ricerca, ahimè) raggiunge i limiti del grottesco: il consiglio nazionale delle ricerche spagnolo rischia di chiudere per un buco di 50mln di euro (più o meno il valore di Özil, il centrocampista venduto dal Real) dopo che il governo ha tagliato i finanziamenti da 500mln annui a 75 (meno di quanto costa Bale, il centrocampista comprato dal Real). Non che questi fondi prima fossero spesi in maniera ineccepibile, ma “los recortes” (i tagli) di Mariano “tijeras” Rajoy hanno devastato ogni settore pubblico, dalla ricerca alla sanità. Per inciso, i giornali raccontano che il tesoriere del partito al quale appartiene il buon Mariano, è titolare di un conto svizzero sospetto (magari anche più di uno) con circa 50mln di euro. Peccato che, licenziato il tesoriere, i fidi di don Mariano abbiano provveduto a far sparire gli hard disk della contabilità. Nel frattempo, il più grande consorzio per la ricerca chiude o quasi.

Negli ultimi mesi i tagli hanno colpito anche le prestazioni di disoccupazione, che ora durano meno e sono di minore importo. La follia zapateriana ha prodotto un welfare elefantiaco, che prevede 1 mese di sussidio di disoccupazione per ogni 3 mesi di lavoro, a condizione di aver lavorato almeno 12 mesi continuativamente. Il tetto massimo è di 2 anni di sussidio, che ammonta al 70% dello stipendio lordo percepito nell’ultimo mese di lavoro. La riforma di Rajoy prevede che dopo i primi 6 mesi, l’importo erogato scenda al 50% dell’ultimo stipendio percepito. A parte la durata-monstre del sussidio, colpisce la totale assenza di controlli su chi lo percepisce. Altri Paesi (Germania, Francia e Danimarca per citarne alcuni) obbligano i disoccupati a fornire delle prove sul fatto che stiano effettivamente cercando lavoro, qui nessuno ti chiama o controlla, sono in molti ad approfittarne e a fare lavori in nero oppure a emigrare in altri Paesi europei continuando a ricevere il “paro”.

Ma l’entità della crisi si percepisce soprattutto negli uffici di collocamento. Negli States non ho visto niente di tutto ciò, i disoccupati si devono arrangiare alla bene e meglio, esistono solo le onnipresenti associazioni religiose che cercano un lavoro agli uomini di buona volontà. Qui no. La piacevole sorpresa è che nel momento in cui ti iscrivi alle liste di collocamento e richiedi il sussidio, vieni ricevuto in degli uffici degni e ordinati (sottodimensionati, direi, ma chi si aspettava 6milioni di disoccupati quando la Spagna era nella “Champions league dell’economia” come disse ZP?), gli impiegati sono gentili e sanno fare il loro lavoro, cosa stranissima. Forse è una specie di legge del contrappasso, per capire la disperazione degli oltre 3 milioni di famiglie senza nessun membro lavorativamente attivo c’è bisogno dei migliori impiegati statali.

La fila scorre rapida e rispettando gli orari degli appuntamenti, l’ufficio è pieno di ex muratori, idraulici, elettricisti, scaricati dalla bolla immobiliare esplosa dopo averli illusi e avergli fatto lasciare gli studi, ma anche di ingegneri, architetti, laureati in genere. Giovani, in maggior parte, ma anche tanti signori di mezz’età, lavoratori autonomi strozzati dalla crisi, professionisti che non hanno saputo aggiornarsi alle nuove tecnologie, tante, tantissime persone distinte, che dopo anni di lavoro si trovano spaesati in questo nuovo mondo. Molti si sono conusciuti su Parobook, il Facebook per disoccupati tenuto in piedi per qualche mese da quattro creativi rimasti senza lavoro. Riscosso il successo ma non i fondi per tenerlo in piedi, rappresentava un mondo in cui si poteva accedere per mettere e cercare annunci, condividere esperienze e darsi consigli, scherzare su una situazione davvero drammatica, non sentirsi soli insomma. Non lavoratori di tutto il mondo, connettetevi.

 parobook

Come soli invece sono i tanti stranieri attratti dal boom economico effimero. Per alcuni di loro il lavoro arriverà presto: c’è una grandissima richiesta di professori di inglese e di lavoratori per il settore turistico. I primi insegneranno agli spagnoli una lingua per fargli sognare la partenza, gli altri riceveranno i 52 milioni di turisti annuali, continuando a vendere l’idea di una Spagna sempre in festa, tanto di lavoro ormai non ce n’è piú.

marco panettieri
marco panettieri

Il nome lo eredità da Tardelli, non il fiato. Cervello in fuga in attesa di nuova ricollocazione geografica. Scrive in italiano perché non vuole dimenticare la sua seconda lingua nativa. Al dialetto ci pensano i parenti.

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