San Valentino è ciò che rimane della festa degli innamorati partita dalla religiosa Terni nel 496 e trasformata nell’alto medioevo dal circolo di Geoffrey Chaucer, in cui prese forma la tradizione dell’amor cortese. Ormai viene celebrata in gran parte del mondo, secondo riti in gran parte consumistici e immediati, propri della rapida società dell’immagine in cui viviamo. Le nuove generazioni restano colpite nell’immaginario più dal linguaggio cinematografico e televisivo, ovviamente, tanto che l’Ansa si è divertita a ripescare le dieci più belle dichiarazioni del cinema e della tv, votate dai giovani utenti di Skuola.net. Eppure l’amore è stato celebrato per secoli con lunghe lettere chiamate a colmare distanze fisiche e temporali. Un patrimonio che rappresenta ancora una grande risorsa, tanto che il Web in queste ore il Web si sta scatenando a riproporre alcune delle lettere d’amore più famose della storia.
Napoleone Bonaparte alla sua Josephine scriveva:
«Non ti amo più, al contrario ti detesto. Tu non ami tuo marito, non gli scrivi neanche sei righe di scarabocchi. Vorrei rovesciarti addosso un milione di baci di fuoco, come sotto l’ Equatore».
Queste le parole di Wolfgang Mozart per Costanza:
«Prendili ancora in aria, quei 2.999 bacetti e mezzo che ho spedito e che volano in attesa che qualcuno li catturi». Piange mentre scrive, precisa, ma poi si tira su: «Una miriade di baci mi volano attorno, una folla di baci. Ne ho appena presi tre. Sono deliziosi».
E che dire di Lord George Gordon Byron che, animo romantico e rubacuori, arriva in Italia e perde la testa per la contessa Teresa Guiccioli, sposata con un uomo di 40 anni più anziano di lei:
«Il mio destino è nelle tue mani. Sei una donna, hai 17 anni, da due sei uscita dal convento. Come vorrei, con tutto il cuore, che ci fossi rimasta, non ti avrei mai conosciuta sposata. Ma è troppo tardi. Ti amo e tu ami me, o dici di amarmi. Ti comporti come se mi amassi. Questo, almeno, è una grande consolazione».
Non manca chi, pur se innamorato, riesce a vedere la realtà con chiarezza. Come il poeta Alexander Pope, che a Martha Blount scrive:
«È vero che non sei bella, sei una donna e non credi di esserlo, ma il tuo spirito e la tenerezza che provi per me sono irresistibili».
Ludwig van Beethoven alla sua amata immortale:
«A letto i miei pensieri sono già rivolti a te, amata immortale, ora lieti, ora di nuovo tristi, nell’ attesa che il destino esaudisca i nostri desideri».
Sibilla Aleramo a Dino Campana invece scriveva:
«Notte — Possa tu riposare, mentre io ardo così nel pensiero di te e non trovo più il sonno, e sono felice. M’hai promesso di farti rivedere ancor più bello, mia bella belva bionda. Come passerai questi giorni e queste notti? Mi senti nella mia sciarpa azzurra, speranza, grazia? Riposa, riposa. Ci siamo meritati il miracolo. Lo vivremo tutto. E avrai tanta dolcezza anche dal dimenticarti in me, qualche momento, dall’avermi dinanzi come qualcosa a cui la tua dedizione sia sacra, fertile e sacra. Ho tanta fede, Dino. Mi sento ancora così forte, per questo scambio del nostro sangue».
Charles Baudelaire incontrò Jeanne Duval, la venere nera, nel 1842 e da allora fino alla morte vissero un’appassionata e turbolenta storia d’amore:
«Se tu sapessi tutto quello che vedo! tutto quello che sento! tutto quello che intendo nei tuoi capelli! La mia anima viaggia sul profumo come l’anima degli altri viaggia sulla musica. I tuoi capelli contengono tutto un sogno, pieno di vele e di alberature: contengono grandi mari, i cui monsoni mi portano verso climi incantevoli, dove lo spazio è più bello e più profondo, dove l’atmosfera è profumata dai frutti. dalle foglie e dalla pelle umana. Nell’oceano della tua capigliatura, intravedo un porto brulicante di canti malinconici, di uomini vigorosi di ogni nazione e di navi di ogni forma, che intagliano le loro architetture fini e complicate su un cielo immenso dove si abbandona il calore eterno».
Non poteva mancare Pablo Neruda, che in età giovanile scrive ad Albertina Rosa:
«Piccina mia, quanto mi manchi. Averti accanto, stringere la tua testa sul mio petto, baciare la tua bocca mia, questa era la vita che amavo, e adesso sei così stralontana… Non ridere di questa parola… Per lo più vorrei parlarti nei baci. Così riuscirei a spiegarti il mio bisogno di te, la mia sete di te. Il desiderio di averti al mio fianco, proprio ora, o mentre cammino – la sera – per il paese così categoricamente triste… Mi pensi svergognata? Io sì. Ti ho anche sognato, sogni confusi e annebbiati. A volte, mentre cammino, mi sento come se mi fossi dimenticato qualcosa, come se avessi bisogno di qualcosa. Quel qualcosa sei tu. Tu, Arabella, bugiarda, dolce e amata». Benigni qualche anno fa a Sanremo ha fatto tornare celebre la lettera di Oscar Wilde a Lord Alfred Douglas: «Mio carissimo ragazzo, questo è per assicurarti del mio amore immortale, eterno per te. Domani sarà tutto finito. Se la prigione e il disonore saranno il mio destino, pensa che il mio amore per te e questa idea, questa convinzione ancora più divina, che tu a tua volta mi ami, mi sosterranno nella mia infelicità e mi renderanno capace, spero, di sopportare il mio dolore con ogni pazienza. Poiché la speranza, anzi, la certezza, di incontrarti di nuovo in un altro mondo è la meta e l’incoraggiamento della mia vita attuale, ah! debbo continuare a vivere in questo mondo, per questa ragione».
E proprio i cantautori sono i moderni eredi di questa immortale forma di espressione umana; è il grande Johnny Cash infatti, il vincitore di un sondaggio online promosso negli Stati Uniti per decretare quale sia la lettera d’amore più bella di sempre. “The Man in Black”, la leggenda della musica folk, scrisse una lettera alla moglie June per il suo 65° compleanno:
«Siamo invecchiati e ci siamo abituati l’uno all’altra. Pensiamo allo stesso modo. Ci rispecchiamo l’uno nella mente dell’altra. Sappiamo cosa l’altro vuole senza dover chiedere – scriveva un innamoratissimo Johnny Cash alla adorata consorte nel 1994 – A volte ci irritiamo un po’. Forse qualche volta ci diamo per scontati. Ma di tanto in tanto, come oggi, medito su tutto questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la mia vita con la più grande donna che abbia mai incontrato».