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GABBA HEY | Perché Cosenza è dei Ramones?

Ettore De Franco
Ettore De Franco
Marzo11/ 2015

Molte persone ritengono che Cosenza sia dei Ramones; questa convinzione generalizzata domina da anni le mie riflessioni riguardanti la musica, la ‘cosentinità’ e tutte le implicazioni che scaturiscono dal loro esplosivo connubio. La prima volta che ho sentito dire che la città bruzia ama i Ramones al di sopra di qualsiasi altro gruppo punk le mie profonde convinzioni identitarie hanno cominciato a vacillare. Io sono cresciuto con i Clash, per anni Mick Jones, Paul Simonon, Joe Strummer e Topper Headon mi hanno accompagnato alla scoperta di sonorità e storie che altrimenti non avrei conosciuto. Con Sandinista! sono venuto a conoscenza delle lotte di liberazione nazionale in america latina, con White Riot mi sono avvicinato alla complessità sociale del Regno Unito e con Bank Robber sono arrivato a sognare che mio padre fosse un rapinatore di banche. In tutto ciò i Ramones attraevano la mia attenzione per il loro aspetto, per l’esasperante velocità che non lascia il tempo di capire bene di cosa stessero parlando; ogni pezzo del gruppo newyorkese mi lasciava in bocca il sapore di una gomma da masticare il cui gusto ti rimane in bocca per una ventina di secondi e mentre pensi che ti piace ti ritrovi a una soletta di scarpe fra i denti. Così, qualche settimana fa, appena arrivato a Berlino, ancor prima di fare un giro delle case occupate, senza neanche aver provato un bagel o aver reso omaggio alla Pankow dei CCCP, mi sono fiondato al Ramones Museum, un semplice bar che ospita veri e propri cimeli della band statunitense. In questo locale, nascosto nei pressi della Sinagoga, mi sono ritrovato a pensare al legame che unisce il collettivo musicale nato a Forrest Hills ed i suoi fan che pogano sulle sponde del Busento e del Crati. Ovviamente, come da una quindicina di anni a questa parte, non sono riuscito a darmi una risposta soddisfacente. Perché ‘Cosenza è dei Ramones? Perché?’. Sarà una questione di ritmica? Sarà perché le cosentine ed i cosentini individuano nei Ramones i germi che hanno aperto le strade all’affermazione del punk molto prima della comparsa di gruppi-icona come i Sex Pistols? Sarà perché appartenere ai Ramones designava l’ingresso in una dimensione musicale nuova, nella quale ogni singolo membro lasciava il proprio cognome per entrare a fare parte di una band che ti modifica il dna? Sarà perché a Cosenza ti viene perdonato di votare per i Repubblicani o di aver fatto parte dei Marines se hai inventato un capolavoro come Pet Sematary? Forse il nucleo originario dell’amore tra la città dei Lupi e i Ramones risiede proprio nella stridente sfacciataggine di quattro simboli che, armati di batteria, basso, chitarra e voce, riescono a parlare di blitzkrieg e di colla da sniffare. Sarà perché se titoli un album Road to Ruin hai conquistato i cuori della metà più una delle genti bruzie, sarà perché I just want to have something to do è un inno che dà voce a noi che soffriamo di vilienza* cronica. O semplicemente sarà perché perché Hey ho let’s go! è la migliore traduzione possibile di Iamu, ià.

* vilienza = stato di malessere psicologico simile alla apucundria napoletana.. possiamo dire apatia, scocciatura.. profonda e propria dell’anima

Ettore De Franco
Ettore De Franco

Terzino destro limitato tecnicamente ma in grado di chiudere le diagonali. Avviato alla scrittura dal Nonno che gli chiedeva di cercare sul vocabolario le parole risolutive dei suoi cruciverba. Rosso e blu ma più rosso che blu. Ambasciatore bruzio presso il nord della Penisola iberica ed in tutti e due fronti della Guerra delle Malvine/Falklands, attualmente in riposo, da tutto.

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