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MEDIA | Andrea Mammone, il calabrese che sussurrava al New York Times

Michele Giacomantonio
Michele Giacomantonio
Marzo23/ 2015

di Michele Giacomantonio

mammone collageIl terrore e le tentazioni xenofobe e nazionaliste assediano il fortino dei diritti. Proviamo a capire cosa sta succedendo confrontandoci con uno sguardo diverso ma uguale al nostro. Diverso perché proiettato da un altro posto, uguale perché proviene dallo stesso posto. Abbiamo posto alcune domande sui temi della stretta attualità ad Andrea Mammone, calabrese di Paola che insegna storia contemporanea alla prestigiosa Royal Holloway University of London. Le opinioni professionali del 40enne Mammone sono state ospitate e riprese dai maggiori media del mondo. Il prof ha collaborato infatti con la Bbc e Voice of America, ed è incluso nell’elitario data base di studiosi di politica internazionale cui si rivolge Al Jazeera, scrive anche per The Indipendent, The New York Times, The Guardian, il Foreign Affaire, per l’Economist, per The Observer  e perfino per il lontanissimo New Zealand Herald.

L’Islam arriva nelle nostre case attraverso i media con il volto del terrore e dell’orrore. Sembra che l’Occidente non sia capace di altra narrazione possibile.

Ritengo che il tema dell’Islam e della sua integrazione sia fondamentalmente mal posto. L’Europa vive un momento abbastanza particolare, stretta tra estremismi di origine diversa, da quelli politici di destra a quelli, appunto, religiosi. Il tutto condito da pulsioni anti-europeiste, demagogie da quattro soldi, governi che dubitano la valenza dell’unificazione europea, oltre all’ottusità della Germania e della Commissione Europea con la loro ostinazione verso le politiche di austerità e la poca lungimiranza nel guidare milioni di cittadini europei. In questo contesto è complicato poter pensare al tipo di Europa che vogliamo e al tempo stesso integrare migranti e tradizioni religiose differenti.

In questo clima rinascono le suggestioni delle “piccole patrie”, prevale lo scambio antico tra libertà e sicurezza, l’Europa torna indietro?

Quello che si promuove, al netto degli errori e stupidità dei fondamentalisti islamici, è un clima di generale sospetto, ed esclusione del diverso. Questo non viene suggerito meramente dai nazionalisti, sono pure alcune forze politiche tradizionali che brandiscono, a volte, la politica dell’esclusione e dell’isolazionismo. Discorsi questi fuori dal tempo, arrivati con un paio di secoli di ritardo, e che considerano poco il contesto socio-economico globale. Hanno la stessa valenza del combattere i mulini a vento, oppure pensare di fermare Costantinopoli e l’Impero Ottomano.

Il migrante è il facile nemico per le forze delle destra, anche in Italia. Dimentichiamo che pure noi siamo stati e siamo ancora migranti.

La storia dell’Europa è fatta di migrazioni. Un esempio interessante è rappresentato, in questo senso, dalla Gran Bretagna. A quanto pare questa distanza tra l’isola e il continente sembra essersi allargata ulteriormente. L’ascesa politico-elettorale dello UKIP di Nigel Farage ha infatti agitato le acque della Manica e reso impercettibile Calais da Dover. L’anti-europeismo di tale partito, unito alla retorica anti-immigrazione e alla debolezza dei leader delle altre formazioni politiche, spinge alcuni elettori a guardare con simpatia a questi nazionalisti dei tempi moderni e alla loro demagogica propaganda. Promettono una nazione ricoperta d’oro, senza burocrazia europea e nemmeno i fastidiosi immigrati dell’Europa dell’Est (e non solo loro, glissando invece sui tanti americani, australiani e simili). Toccano le corde popolari e imperiali di una grande e civile isola, e il suo grandeur perduto che tende però a sopravvalutare la forza dei sudditi della regina. In realtà, in questo dibattito pubblico è tutto un po’ sopravvalutato, dal numero di immigrati, al loro presunto sfruttamento del welfare state, e all’impatto reale sull’economia. Lo stesso, se non peggio, dicasi per l’Europa. Il tutto è condito da proposte dello UKIP che se fatte da Berlusconi avrebbero suscitato (giustamente) i sorrisi dei media britannici, e che includono file speciali agli aeroporti per i cittadini britannici perché è un orgoglio avere tale passaporto, l’uscita dall’UE e dal suo capitalismo (hanno visto quello promosso dalla City?), fino al richiamo xenofobo a dover preferire “i lavoratori britannici” pure se meno qualificati.

Questo è un vento che attraversa l’intera Europa e che soffia anche in Italia. Crescono ovunque  partiti e movimenti che con maggiore o minore pudore chiedono di uscire dall’Unione europea

 Il sogno è uscire dall’UE, limitando la libera circolazione dei cittadini europei, mantenendo tuttavia l’accesso al mercato europeo. Sogni, appunto, e di un nazionalismo di destra neanche troppo velato. Dalla comicità si passa al serio quando il leader conservatore e quello laburista per recuperare voti si mettono invece a inseguire Farage sulla sua stessa strada alzando la voce su immigrati, rinegoziazione dei trattati comunitari, Islam, e grandezza nazionale. Così facendo quegli stessi politici che vorrebbero contrastare Farage lo legittimano socialmente. Pure se con sfumature diverse, lo stesso avviene in altri paesi. Si guardi alla Francia e all’ulteriore crescita del Front National di Marine Le Pen. Quest’Europa e alcune ondate migratorie possono pure non piacere. Tuttavia esistono argomentazioni migliori per rilanciare l’UE oppure per integrare chi pare rigettare i valori europei.

Michele Giacomantonio
Michele Giacomantonio

Abbastanza vecchio da portare l’odore dell’inchiostro, non tanto da non usare modi nuovi di scrivere. Il giornalista è un fabbro che fa schizzare le scintille. Perché un racconto si compie se cambia le cose e trasforma la vita reale almeno un po'.

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