di Massimo Cerulo
Parigi, 3 dicembre.
Il Signor de La Palisse direbbe che soltanto chi non vive la realtà quotidiana parigina può stupirsi della mancata ricandidatura di François Hollande alle prossime elezioni presidenziali. Scelta lapalissiana, appunto. Nella Ville Lumière tutti – dal fornaio all’operatore ecologico, dalle guardie che vigilano all’ingresso della mia Università fino agli annoiati tassisti cittadini – sapevano che Hollande non avrebbe avuto alcuna chance di successo. E per successo, si intende arrivare almeno in doppia cifra percentuale, elemento che fa capire quanto in basso sia nella valutazione dei francesi il Presidente uscente. E poi un po’ tutti si auguravano di non dovere ancora sorbirsi l’uomo pubblicizzato dai media per scandali sentimentali, incertezza nella gestione dell’emergenza terrorismo, gaffe nei rapporti con l’opinione pubblica. Certo, lo stile con cui giovedì 1 dicembre in diretta televisiva nazionale ha annunciato la sua uscita si è rivelato emozionalmente ambivalente: da una parte, non ha rinunciato alla grandeur presidenziale nel citare “tutto quello che è stato fatto in questi anni”, compreso un riequilibrio dei conti pubblici che a molti non suona veritiero; dall’altra parte, i dieci minuti scarsi nei quali si è rivolto ai suoi “compatrioti” sono stati contrassegnati da una manifestazione continua di emozioni di imbarazzo, tristezza, nostalgia, forse abbattimento.
È come se il corpo continuasse a trasmettesse scuse che le parole non riuscivano a pronunciare. Ma tant’è, la verità la fanno i numeri in possesso dello staff presidenziale. E, come dicevo, Hollande è ben al di sotto, attualmente, del 10% dei consensi. Ciò significa che il 22 e il 29 gennaio prossimo, nelle Primarie del centrosinistra, il candidato del governo sarà Manuel Valls, attuale primo ministro destinato a consumare le residue speranze di una Gauche francese che si appresta al suo anno zero, come noti parigini analisti del tessuto sociale ben sanno.
In una Parigi che prova a scrollarsi definitivamente di dosso la ancora percepibile paura per gli attentati (gli alerte attentat continuano a essere ben presenti in tutti i luoghi pubblici), Franco Crespi e Alain Touraine vanno a colazione sorridenti, da vecchi amici che insieme mettono sul piatto circa 180 anni di vita e una cinquantina di libri tradotti in diverse lingue. Gli ultimi pubblicati recentemente dai due sociologi europei – La maladie de l’absolu (Crespi) e Le nouveau siècle politique (Touraine) – analizzano la realtà sociale contemporanea e mettono soprattutto in guardia dal rischio di populismi che sembra attanagliare l’Europa.
Forse anche per questo pericolo, si inizia a riconoscere il vincitore delle Primarie di centrodestra – quel François Fillon che soltanto venti giorni fa veniva etichettato dai media come “Mr. Nobody” (copyright Le Monde) o outsider con poche speranze – come argine e scoglio al quale aggrapparsi disperatamente in vista dell’incapacità che potrebbe manifestare la Gauche nei confronti dell’arrivo del Grand Fantôme. La scelta del male minore, ça va sans dire.
Così, mentre gli studenti della “René Descartes” danzano e cantano nella hall principale dell’Università, vendendo crêpe preparate al momento al fine di raccogliere fondi per il Telethon appena partito, ne approfitto per fare due calcoli con Danilo Martuccelli sulla forza quantitativa attuale della Sinistra. “Il rischio che la Gauche non arrivi neanche al ballottaggio c’è ed è concreto” – mi confida Danilo con sguardo attento e riflessivo – “basta guardare i numeri e ascoltare il silenzio che arriva da quella parte…”. E con la mano è come se mi disegnasse nell’aria un mantello di donna. I numeri dicono che, a prescindere da chi parteciperà alle Primarie di centrosinistra di gennaio, lo schieramento è balcanizzato e diviso da diatribe interne: il PS avrebbe il 12%, con Valls probabile cavallo di punta; Mélenchon si aggirerebbe sulla stessa cifra, supportato dalla Sinistra estrema e da una serie di organizzazioni apartitiche; Macron, promotore del movimento En Marche! ed ex ministro di Hollande, potrebbe sfiorare il 15%. Uniti potrebbero arrivare al 40%, ma la parola insieme non esiste in questa frenetica attesa del nuovo anno che segnerà un punto di non ritorno.
Il silenzio che arriva da quella parte è frutto della strategia di logoramento messa in atto dal Front National e dalla sua leader Marine Le Pen, già pronta per le elezioni primaverili e, come dicono i ben informati, già concentrata sul ballottaggio presidenziale. Intanto, l’inverno sta arrivando e le barriere pensate per contenerlo sembrano scricchiolare alla sola immagine di un mantello. (3. Fine)