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W IL NAZISMO | Cercate la medaglia del boia Kusterer nel nostro armadio della vergogna

Paolo Pirani
Paolo Pirani
Marzo16/ 2016

Un carnefice nazista cittadino benemerito. E’ successo una settimana fa in Germania. Tutti abbiamo negli occhi la visione cinematografica della caccia ai nazisti nel dopoguerra, fatta di fughe rocambolesche, vite nascoste e cambi d’identità. Ma le cose, purtroppo, sono più complicate.

La stele di Monte Sole, che ricorda gli eccidi nazisti in quelle zone
La stele di Monte Sole, che ricorda gli eccidi nazisti in quelle zone

Partiamo da un fatto noto, anche al grande cinema. Nel 1944, dopo l’armistizio di Badoglio, la ritirata tedesca si fa sempre più frenetica. L’azione partigiana nei territori ancora occupati cresce, li tallona, e le ritorsioni nazi fasciste si traducono in eccidi che cancellano interi paesi. All’inizio dell’autunno il federmaresciallo Albert Kesserlingdecide di punire Marzabotto e i comuni limitrofi, perché qui vi opera la brigata partigiana Stella Rossa. Le case, le cascine, i rifugi; il rastrellamento fu minuzioso e nessuno fu risparmiato. In solo sei giorni furono 770 i civili uccisi, in gran parte vecchi donne e bambini. A questa azione prese parte come comandante di una compagnia, per sua stessa ammissione, un tal Wilhelm Kusterer. Tra il 2008 e il 2009 Kusterer fu condannato a due ergastoli dalla Corte militare d’appello di Roma per i crimini commessi in tre stragi naziste, tra cui quella di Marzabotto. Oggi, 93enne, senza aver scontato un solo giorno di pena, aspetta di ricevere una medaglia dal comune di Engelbrand per i “meriti” acquisiti tra il 1975 e il 1997 come consigliere comunale.

Questo non è una caso isolato. Lo sa bene Marco de Paolis, procuratore del tribunale Militare di Roma che ha fatto condannare in contumacia 57 criminali di guerra nazisti, e che non ha visto eseguire nessuna di queste sentenza né in Austria né in Germania. Ma sarebbe sbagliato far cadere le responsabilità solo su questi due paesi, che hanno sempre rifiutato di consegnare i condannati sia  le successive richieste di far scontare le pene nel loro paese.

L’Italia per prima è colpevole. Dal dopoguerra al 1994 furono solo una decina i processi celebrati per i crimini nazisti. Solo in quell’anno infatti fu “rivenuto” quello che fu poi definito “l’armadio della vergogna” in un palazzo sede di vari organi giudiziari militari a Roma. Con le ante rivolte verso il muro, al suo interno conteneva, archiviati provvisoriamente dal 1960 (!), centinaia di fascicoli sulle stragi naziste in Italia, in molti casi con i nomi e cognomi degli autori. L’accantonamento di questi faldoni importantissimi è comprensibile solo considerando le posizioni politiche dell’epoca. I processi agli ex ufficiali tedeschi erano percepiti come inopportuni nell’ottica della integrazione in chiave anticomunista della Germania federale all’interno della Nato.

I processi che si aprirono dopo questo ritrovamento dal ’95 in poi erano inevitabilmente segnati dal loro ritardo. Molti accusati erano morti, altri ancora erano spariti da anni. Quelli ancora vivi e rintracciabili, come Wilhelm Kusterer – per il quale intanto ieri è stata ritirata l’onoreficenza – erano ormai degli ottuagenari che avevano trascorso la maggior parte della loro vita da cittadini qualsiasi, le cui azioni infami erano sconosciute ai più. Non si capisce se la vergogna che deve ricoprirci è più per i crimini descritti nei fascicoli, per l’indifferenza della Germania, o per l’operazione di oblio della memoria portato a buon fine dalle autorità italiane.

Paolo Pirani
Paolo Pirani

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