Con DOLCENERA torniamo a occuparci di dissesto idrogeologico e difesa del territorio. È difatti la lotta – forse ad armi impari – tra la Grande Bellezza e la Grande Incuria quella che si consuma, giorno dopo giorno, lungo le coste e nell’entroterra calabrese. Prendete l’ultima frana dal grande impatto mediatico, quella che ha colpito il comune di Petilia Policastro. Lì, alle pendici della Sila, tra gli anni 70 e il 2007 si è costruito senza alcuno strumento urbanistico. Fino a otto anni fa non c’era un Piano regolatore e nessuno aveva pensato di adeguarsi al Pai (il Piano per l’assetto idrogeologico): si poteva costruire dappertutto e praticamente senza controlli. Il dissesto idrogeologico non è una iattura o una conseguenza delle sfortune calabre: è la Natura che si “vendica” dello scempio. È la Grande Bellezza violata che reagisce in maniera distruttiva. Sarebbe giusto il caso di averne cura anziché distruggerla. È soprattutto di questo che il geologo Carlo Tansi – che gira la Calabria da anni e da anni, documenta e denuncia sui media e nelle procure questo scontro – vuole parlare con i lettori di Mmasciata.it. Per ricordare a tutti che «siamo ricchissimi e non lo sappiamo». Basterebbe tenerlo presente ogni giorno.
Che bella la nostra Calabria. Così bella e così diversa, da un luogo all’altro, da Reggio al Pollino. Bellezza che trae origine dalla sua straordinaria storia geologica, ben nota ai colleghi di tutto il mondo. Oltre alle frane e ai terremoti, questa storia ci ha regalato un assortimento unico di terreni che, scolpiti dall’incessante azione del mare, dei fiumi e del vento hanno dato origine a paesaggi e microclimi unici e meravigliosamente diversi. Una Grande Bellezza e un’infinità di risorse naturali che derivano proprio da questa Terra, ingenerosamente definita “matrigna”. Paesaggi così unici e diversi che nessuna regione d’Italia possiede contemporaneamente: un continuo alternarsi, in pochi chilometri, di spiagge che nulla hanno da invidiare alle blasonate Capri o Coste Smeralda e Azzurra, di colline più suggestive di quelle senesi, di montagne che non temono confronti con quelle dolomitiche e alpine, di incantevoli fiumare, che nessun altro lembo del pianeta ha la fortuna di possedere. E questa geologia ci ha fatto dono, non solo di un tesoro che si coglie, attraverso la bellezza, in superficie, ma anche le risorse del sottosuolo: le migliori acque oligominerali e termali d’Italia e tra le primissime in Europa, i migliori terreni e microclimi al mondo per produrre olio e vini — giusto per ricordarci che un tempo ci chiamavamo Enotria – e per alimentare pascoli che ci regalano prodotti caseari di nicchia richiestissimi. Una Terra baciata da Dio, che custodisce un immenso tesoro nascosto che molti anni fa aveva fatto sì che fosse il centro del mondo, non solo commerciale, ma anche culturale: “quando a Milano c’erano le pecore, qui in Calabria c’era la Magna Grecia…” diceva qualcuno. Magna Grecia che pervade il nostro sottosuolo e rappresenta un’ulteriore risorsa, archeologica, che abbiamo non solo ignorato, ma persino distrutta quando è riaffiorata in superficie. E a questi tesori archeologici si aggiungono quelli artistici e monumentali che, per una intollerabile incuria e incapacità di programmare, rischiano di essere irrimediabilmente cancellati da frane e da alluvioni.
Sta a noi calabresi far tornare in superficie questo tesoro ricoperto dai metri e metri di fango stratificato negli anni a causa dei pessimi politici, che noi abbiamo scelto, e della asfissiante cappa della ’ndrangheta. ’Ndrangheta che – con la naturale complicità del sistema politico- deve mantenere questo stato sociale per perpetrare i suoi torbidi interessi, basati soprattutto sul commercio all’ingrosso di fiumi di cocaina distribuita in tutto il mondo con profitti immensi al punto da potere incidere sul Pil italiano. ’Ndrangheta che non è solo quella che spara ma, soprattutto, quella dai colletti bianchi, che gestisce certi giornali, certe televisioni, certe banche, certi supermercati, che cementifica e stupra le bellezze della Terra, e defeca sul nostro splendido mare tutto ciò che di peggio riesce a produrre con i suoi effetti sul nostro territorio. ’Ndrangheta che ha interesse a infondere nella nostra cultura l’idea che la nostra splendida Terra sia povera, sfortunata, dannata, in preda a terremoti, frane e alluvioni, ancora terrificanti “bestie nere” per noi calabresi, ma oramai decisamente sconfitte dalla tecnologia in molte altre parti del mondo. E queste forze negative sono tutte naturalmente coalizzate nel tenere basso il livello culturale e sociale della nostra Terra, a far muro contro un cambiamento e un decollo che può distruggere il disgraziato equilibrio che loro stesse hanno instaurato, emarginando le menti migliori che scappano verso lidi dove trovano immense gratificazioni.
Questa Terra non decollerà solo cercando di eradicare a colpi di indagini giudiziarie un sistema malato che affonda le sue radici pervasive nelle parti più profonde della nostra cultura, ma abbattendo proprio questa cultura, della rassegnazione e del pianto, che ha determinato il suo sottosviluppo. In questa direzione la puntata di Presadiretta è stata prorompente perché, per la prima volta, ha messo in bella mostra i tesori della nostra Terra ignorati da media nazionali troppo spesso orientati a pubblicizzare lo stereotipo di terra nefasta, da emarginare. Riccardo Iacona (di origini reggine) ha stravolto questo stereotipo: proprio all’acme di una crisi economica di portata storica, da calabrese ancora perdutamente innamorato della sua Terra, ha lanciato un messaggio prorompente – «siamo ricchissimi e non lo sapevamo» – che è entrato nell’inconscio di noi calabresi, rendendoci consapevoli di questo tesoro. E tutto ciò soprattutto dopo l’intervista degli imprenditori che hanno abbandonato un nord in crisi per tornarsene fiduciosi verso un sud che, con testimonianze concrete, ha evidenziato serie prospettive di decollo. E da questi segnali è scaturito un insospettabile senso di appartenenza e di orgoglio per la propria Terra, che non si coglie nei tradizionali media locali condizionati dal sistema di potere calabrese, ma che si percepisce timidamente sui social media, esenti da lacci, catene e condizionamenti. Gli stessi social che, soprattutto sui profili facebook e twitter di Presadiretta, hanno riservato una inaspettata e gratificante sorpresa: i commenti molto lusinghieri sulla nostra regione di moltissime persone residenti nel nord, dai cognomi non calabresi, esterrefatti di fronte a tanta bellezza e vogliosi di conoscerla, e disorientati da una Calabria orgogliosa che per la prima volta ha mostrato la sua faccia migliore. Non abbandoniamo questo embrione di fiducia.
Carlo Tansi
Geologo Ricercatore presso l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche
Il collettivo Mmasciata è un movimento di cultura giovanile nato nel 2002 in #Calabria. Si occupa di mediattivismo: LA NOSTRA VITA E' LA NOTIZIA PIU' IMPORTANTE.
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DOLCENERA | Tansi (Cnr): «Dopo Presadiretta abbiamo una nuova speranza»
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Con DOLCENERA torniamo a occuparci di dissesto idrogeologico e difesa del territorio. È difatti la lotta – forse ad armi impari – tra la Grande Bellezza e la Grande Incuria quella che si consuma, giorno dopo giorno, lungo le coste e nell’entroterra calabrese. Prendete l’ultima frana dal grande impatto mediatico, quella che ha colpito il comune di Petilia Policastro. Lì, alle pendici della Sila, tra gli anni 70 e il 2007 si è costruito senza alcuno strumento urbanistico. Fino a otto anni fa non c’era un Piano regolatore e nessuno aveva pensato di adeguarsi al Pai (il Piano per l’assetto idrogeologico): si poteva costruire dappertutto e praticamente senza controlli. Il dissesto idrogeologico non è una iattura o una conseguenza delle sfortune calabre: è la Natura che si “vendica” dello scempio. È la Grande Bellezza violata che reagisce in maniera distruttiva. Sarebbe giusto il caso di averne cura anziché distruggerla. È soprattutto di questo che il geologo Carlo Tansi – che gira la Calabria da anni e da anni, documenta e denuncia sui media e nelle procure questo scontro – vuole parlare con i lettori di Mmasciata.it. Per ricordare a tutti che «siamo ricchissimi e non lo sappiamo». Basterebbe tenerlo presente ogni giorno.
Che bella la nostra Calabria. Così bella e così diversa, da un luogo all’altro, da Reggio al Pollino. Bellezza che trae origine dalla sua straordinaria storia geologica, ben nota ai colleghi di tutto il mondo. Oltre alle frane e ai terremoti, questa storia ci ha regalato un assortimento unico di terreni che, scolpiti dall’incessante azione del mare, dei fiumi e del vento hanno dato origine a paesaggi e microclimi unici e meravigliosamente diversi. Una Grande Bellezza e un’infinità di risorse naturali che derivano proprio da questa Terra, ingenerosamente definita “matrigna”. Paesaggi così unici e diversi che nessuna regione d’Italia possiede contemporaneamente: un continuo alternarsi, in pochi chilometri, di spiagge che nulla hanno da invidiare alle blasonate Capri o Coste Smeralda e Azzurra, di colline più suggestive di quelle senesi, di montagne che non temono confronti con quelle dolomitiche e alpine, di incantevoli fiumare, che nessun altro lembo del pianeta ha la fortuna di possedere. E questa geologia ci ha fatto dono, non solo di un tesoro che si coglie, attraverso la bellezza, in superficie, ma anche le risorse del sottosuolo: le migliori acque oligominerali e termali d’Italia e tra le primissime in Europa, i migliori terreni e microclimi al mondo per produrre olio e vini — giusto per ricordarci che un tempo ci chiamavamo Enotria – e per alimentare pascoli che ci regalano prodotti caseari di nicchia richiestissimi. Una Terra baciata da Dio, che custodisce un immenso tesoro nascosto che molti anni fa aveva fatto sì che fosse il centro del mondo, non solo commerciale, ma anche culturale: “quando a Milano c’erano le pecore, qui in Calabria c’era la Magna Grecia…” diceva qualcuno. Magna Grecia che pervade il nostro sottosuolo e rappresenta un’ulteriore risorsa, archeologica, che abbiamo non solo ignorato, ma persino distrutta quando è riaffiorata in superficie. E a questi tesori archeologici si aggiungono quelli artistici e monumentali che, per una intollerabile incuria e incapacità di programmare, rischiano di essere irrimediabilmente cancellati da frane e da alluvioni.
Sta a noi calabresi far tornare in superficie questo tesoro ricoperto dai metri e metri di fango stratificato negli anni a causa dei pessimi politici, che noi abbiamo scelto, e della asfissiante cappa della ’ndrangheta. ’Ndrangheta che – con la naturale complicità del sistema politico- deve mantenere questo stato sociale per perpetrare i suoi torbidi interessi, basati soprattutto sul commercio all’ingrosso di fiumi di cocaina distribuita in tutto il mondo con profitti immensi al punto da potere incidere sul Pil italiano. ’Ndrangheta che non è solo quella che spara ma, soprattutto, quella dai colletti bianchi, che gestisce certi giornali, certe televisioni, certe banche, certi supermercati, che cementifica e stupra le bellezze della Terra, e defeca sul nostro splendido mare tutto ciò che di peggio riesce a produrre con i suoi effetti sul nostro territorio. ’Ndrangheta che ha interesse a infondere nella nostra cultura l’idea che la nostra splendida Terra sia povera, sfortunata, dannata, in preda a terremoti, frane e alluvioni, ancora terrificanti “bestie nere” per noi calabresi, ma oramai decisamente sconfitte dalla tecnologia in molte altre parti del mondo. E queste forze negative sono tutte naturalmente coalizzate nel tenere basso il livello culturale e sociale della nostra Terra, a far muro contro un cambiamento e un decollo che può distruggere il disgraziato equilibrio che loro stesse hanno instaurato, emarginando le menti migliori che scappano verso lidi dove trovano immense gratificazioni.
Questa Terra non decollerà solo cercando di eradicare a colpi di indagini giudiziarie un sistema malato che affonda le sue radici pervasive nelle parti più profonde della nostra cultura, ma abbattendo proprio questa cultura, della rassegnazione e del pianto, che ha determinato il suo sottosviluppo. In questa direzione la puntata di Presadiretta è stata prorompente perché, per la prima volta, ha messo in bella mostra i tesori della nostra Terra ignorati da media nazionali troppo spesso orientati a pubblicizzare lo stereotipo di terra nefasta, da emarginare. Riccardo Iacona (di origini reggine) ha stravolto questo stereotipo: proprio all’acme di una crisi economica di portata storica, da calabrese ancora perdutamente innamorato della sua Terra, ha lanciato un messaggio prorompente – «siamo ricchissimi e non lo sapevamo» – che è entrato nell’inconscio di noi calabresi, rendendoci consapevoli di questo tesoro. E tutto ciò soprattutto dopo l’intervista degli imprenditori che hanno abbandonato un nord in crisi per tornarsene fiduciosi verso un sud che, con testimonianze concrete, ha evidenziato serie prospettive di decollo. E da questi segnali è scaturito un insospettabile senso di appartenenza e di orgoglio per la propria Terra, che non si coglie nei tradizionali media locali condizionati dal sistema di potere calabrese, ma che si percepisce timidamente sui social media, esenti da lacci, catene e condizionamenti. Gli stessi social che, soprattutto sui profili facebook e twitter di Presadiretta, hanno riservato una inaspettata e gratificante sorpresa: i commenti molto lusinghieri sulla nostra regione di moltissime persone residenti nel nord, dai cognomi non calabresi, esterrefatti di fronte a tanta bellezza e vogliosi di conoscerla, e disorientati da una Calabria orgogliosa che per la prima volta ha mostrato la sua faccia migliore. Non abbandoniamo questo embrione di fiducia.
Carlo Tansi
Geologo Ricercatore presso l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche
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