Qualche volta sembrava volermi dire: “Che cavolo volete fare, voi intellettuali, se non ci fosse ‘Zu Peppino a smuovere la terra….”. Tenete a mente la frase, è di Pietro Ingrao, partigiano, giornalista e storico dirigente comunista nascosto in Presila negli anni delle persecuzioni fasciste.
La Presila cosentina nell’immaginario collettivo è una sorta di Emilia Romagna del Sud. Tutti i livelli di governo locale sono ad appannaggio del centro sinistra da decadi, senza nemmeno una vera opposizione. E questo si risolve in messe di voti ad ogni consulta elettorale. Fino a ieri, potremmo comodamente dire. E invece non è così, lo tsunami del Movimento cinque stelle arriva da lontano. Prima prendiamo coscienza delle sue dimensioni. La lista di Beppe Grillo è quella largamente più votata a Rovito, San Pietro in Guarano, Casole Bruzio, Castiglione Cosentino, Spezzano Piccolo, Trenta e comunque raggiunge risultati molto significativi in ogni comune, tallonando il Partito democratico e precedendo la resistenza dei berluscones. E’ politicamente interessante – sempre a netto di eccezioni – notare come non solo sono questi centri di potere saldamente in mano al centrosinistra, ma come anche l’oceanico voto a cinque stelle non corrisponda ad organizzazioni locali.
Nelle piazze principali di questi posti romantici e sempre uguali, da tempo immemore regnano i piccoli bar, l’associazione pensionati e la sezione del partito, che spesso si prestano le sedie di plastica bianca con le sigle in pennarello che sbiadiscono insieme al colore della bandiere. In uno di questi bar da mesi si riunisce il meet up presila, la base grillina basata su un connubio di Rete e incontri faccia a faccia dove vige la regola dell’ognuno vale uno. Si mette un euro a testa e si inizia a discutere delle manifestazioni da proporre alla cittadinanza secondo il calendario stilato nelle discussioni su Internet, dove risultano iscritti in quarantasei, la metà, per intenderci, del gruppo facebook – chiuso ai non iscritti – del Pd Presila.
Massimo rispetto, ma comunque parliamo di nanismo. Una roccaforte del genere è stata espugnata da qualcosa di molto più profondo, conviene che facciamo un passo indietro rispetto a queste elezioni. Siamo a giugno del 2011, noi ci provavamo a spiegarlo ai numerosi commentatori con un comunicato stampa, il risultato clamoroso del referendum su acqua e nucleare non doveva essere ascritto alla solita presila rossa ma ad un movimento di cittadini, in larga parte giovani, che da un anno lavorava sul territorio in modo appassionato. A seguire l’analisi di Mm, che guarda caso su quel numero proponeva un’intervista esclusiva a Beppe Grillo – un fenomeno molto sottovalutato all’epoca – questa onda di protesta e di impegno cominciava a formarsi da almeno un anno prima, in molti piccoli comitati di cittadini che mettevano lo scopo comune prima della loro appartenenza politica. C’erano persino molti minorenni; partecipavano ai flash mob, alle riunioni, affiggevano i manifesti e aiutavano a diffondere in tempo reale ciò che accadeva ai seggi.
Sapevano che sarebbe presto toccato a loro, e oggi non tutto, certamente, ma molto torna al pettine. I satrapi presilani, come vecchi re di babilonia, all’epoca invece hanno fatto contare come loro quei risultati nelle impolverate federazioni provinciali, dimenticando quei cittadini attivi e con loro tutti gli altri che finalmente hanno protestato con un’arma libera e potentissima come quella del voto. Se la politica fosse ancora come quando loro hanno iniziato a farla, oggi ci sarebbe stata una risma di dimissioni nelle giunte monocolore, molti sindaci avrebbero dovuto pagare il conto dell’onda che li ha travolti. Invece stanno già dicendo che “si sono difesi dall’antipolitica, che hanno tenuto botta al voto di protesta e al vento populista”, continuando a chiudersi a riccio sulle loro poltrone, circondati da uomini capaci di dire solo sì e da scheletri di parenti e scandali muti negli armadi. Così l‘energia sprigionata per strada da ragazzi sempre più competenti, consapevoli e volenterosi, solo di sbiego sfociata nel voto a Grillo, spesso viene costretta in ambiti marginali e privati, fino a quando non esplode in emigrazione.
Troppa roba, a questo punto conviene tornare alle parole di Ingrao, punto di riferimento per tutti e non solo per quelli di sinistra perché conobbe e frequentò in Presila i giovani militanti e pensatori che divennero storici ministri e parlamentari della Repubblica. Nelle memorie di quei giorni riuscì a fotografare lo spirito di un posto particolare, allo stesso tempo contrada e mondo. Nei suoi scritti ricorda i momenti in cui rivide in Parlamento quei giovani iche lo aiutarono a nascondersi, racconta che sembrava non gli piacesse stare lì e che questo portava anche lui con nostalgia ai discorsi fatti con ‘Zu Peppinu e con tutta la gente di quella incredibile realtà, dove potevi nelle stalle trovavi catasti di paglia, di giornali e libri clandestini dei più grandi pensatori. Quei ragazzi coraggiosi e quella gente semplice e geniale rappresentarono “l’episodio più bello e più singolare” della lunga militanza di un leader nazionale della politica italiana e oggi sono un non luogo della politica calabrese, una metafora del tutto.
Queste realtà territoriali, che per esempio esprimono da anni la segreteria dei partiti giovanili del centrosinistra in Calabria e quindi la nuova classe dirigente che avanza su quelle sponde, dovranno fare i conti con cose alle quali si sono dimostrati profondamente impreparati, dovranno ripensare la politica con nuove pratiche, dovranno mettere da parte l’arroganza dalemiana che universalmente gli si riconosce e capire che la verità non è la roccia su cui continuano a spaccarsi la testa, la verità è nei fili d’erba piegati dal vento, la verità è nel movimento.