di Angelo Brutto
A 14 anni ho cominciato a fare politica dalla scuola, non sono passati molti anni, ma è tutto cambiato. Ora è più difficile trascinare i ragazzi, nessuno li ascolta. Una bellissima esperienza quella con Azione Giovani, che ha segnato il percorso che mi ha portato a presidente regionale della Giovane Italia. Mi divido da anni fra la Calabria e tutti gli altri posti del Paese dove ci confrontiamo e facciamo formazione politica.
La cosa che più ricordo con piacere sono le assemblee; eravamo fra pari, fin da come ci si siede è chiaro che le distanze sono abbattute, in quella sede chiunque di noi conta quanto Giorgia Meloni, o chi per lei. E quella era un’esperienza straordinaria.
In questi anni penso di aver capito che il problema di chi fa politica nella nostra terra sia nel suo legame col consenso. Come crede di poter arrivarci, senza una visione carismatica della realtà, senza un’idea. Ci sono signori delle tessere che non meritano di essere classe dirigente e personaggi carismatici e pieni di cose giuste da dire che però non se li fila nessuno. Bisogna saper far coincidere le due cose per essere un leader, uno che c’è riuscito è Peppe Scopelliti, e penso che questa sia la sua forza. Una capacità che ha sviluppato negli organismi giovanili, come hanno fatto altri dirigenti come Fausto orsomarso e Luciano Vigna, che dimostrano che non si tratta di un’eccezione ma di una buona regola da seguire. La chiave è questa: formarsi, confrontarsi, anche con chi la pensa diversamente. Ricordo quando applaudimmo qualche passaggio del discorso di un avversario come Veltroni, e i fischi ad alcune dichiarazioni di un padre politico come Gianfranco Fini. Per un movimento giovanile è importante essere indipendenti, saper far contare le proprie idee, poter dire nei momenti giusti a chi comanda anche non siamo d’accordo con lui.
In questi mesi stiamo facendo delle esperienze importanti, nelle assemblee nazionali la compagine calabrese è compatta e agguerrita, riesce ad imporsi per la sua preparazione. Un esempio sia quello di Fiuggi, eravamo tantissimi, e su otto commissioni di lavoro tre erano presiedute da noi, da giovani calabresi. Oggi stiamo sviluppando insieme alle nostre esperienze la nostra visione del cambiamento, pensiamo ad esempio che attraverso l’identità e il rispetto delle regole si possa accogliere meglio la diversità, e non abbiamo paura a dirlo. Perché credere nella politica significa credere nella buona politica, la formazione è fondamentale in questo campo come in tutti gli altri e pensiamo che non se ne possa più di corsi professionali per estetisti, ancora c’è chi pensa che ci possa salvare la patente europea quando un ragazzino di otto anni ormai manovra un Ipad con una facilità disarmante. Vogliamo che si torni al merito nelle università e che si torni a credere e investire nel lavoro vero, che ci si formi adeguatamente per quelle figure tradizionali che possono fare tanto per il nostro sviluppo, vogliamo che si ritorni ad amare la nostra terra in senso stretto. Per questo siamo pronti a lanciare le nostre iniziative sul territorio regionale, siamo pronti a confrontarci con gli altri. Penso che il problema più grande della politica oggi sia proprio nell’incapacità di ascoltare, di chiedere alla gente cosa ne pensa. Avverto molto questo bisogno, giro l’Italia e la Calabria e non vedo così forte il sentimento di antipolitica. Sento il bisogno della gente di di essere ascoltata, é quando questo non accade che si sviluppa tutto il resto.
I giovani odiano la cattiva politica, ma non odiano la politica. Anzi.
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