di Pablo Petrasso
La Calabria, per le 64 opere incompiute censite dal ministero delle Infrastrutture, ha speso 415 milioni. Ne basterebbero 35 per terminarle. Questi pochi numeri sono la metafora di 40 anni di regionalismo (incompiuto). Basta allargare un po’ l’orizzonte per vedere il panorama che si affolla di progetti abbandonati a metà o a un passo dal traguardo. Alcuni sembrano addirittura completi. Pezzi di infrastrutture urbane percorse ogni giorno da migliaia di persone sono tecnicamente ancora “sospesi”.
UN PROGETTO POLITICO Qui sta il punto di una faccenda che è (anche) metafora dello stato delle cose calabresi. Si avviano processi e progetti che vengono puntualmente stoppati a pochi metri (in questo caso a pochi euro) dalla meta. Perché? Proviamo a traslare la questione su un altro piano. Si parla spesso della stabilizzazione dei precari. I progetti partono, gli annunci si susseguono, i comunicati stampa affollano le pagine. In campagna elettorale si sventolano certezze pronte a sciogliersi dopo il voto. A chi converrebbe stabilizzare tutti i precari? Soltanto ai precari, ovviamente. Per la politica è molto più semplice pensare soltanto a una parte di essi, sistemarne qualcuno e lasciare che gli altri galleggino nel bisogno, hai visto mai che possano tornare utili alla prossima scadenza elettorale (tornano, puntualmente, utilissimi). Le 64 incompiute (ma sono molte di più) hanno storie simili a quelle di ogni altro progetto:
nascono con un annuncio e una conferenza stampa, continuano con uno scatto a favore di camera per la posa della prima pietra, si stoppano per poi riprendere (altra conferenza stampa, altro scatto: «Completeremo il lavoro iniziato da chi ci ha preceduto») e, infine, vanno sul registro dei fallimenti senza paternità. All’ospedale dell’Annunziata, hanno inaugurato le “nuove” sale operatorie per tre volte in cinque anni. Adesso forse funzionano, peccato che non funzioni più l’ospedale.
IL VIALE PARCO Il viale Parco rendese, per esempio, la bretella in grado di far diventare tangibile un concetto di area urbana: i «collegamenti con la viabilità ordinaria e la città di Cosenza» però sono rimasti un po’ così. Spesi 3,2 milioni di euro; ne mancano 700mila circa. Servirebbero per evitare agli automobilisti una scomoda circumnavigazione. C’è bisogno di un ponte per unire i tratti cosentino e rendese, separati per scelta prettamente politica. La vulgata vuole infatti che Sandro Principe, ai tempi della progettazione sindaco di Rende, non volesse adeguarsi ai desiderata del collega d’oltrecampagnano Giacomo Mancini: non sia mai che io faccia partire il “mio” viale da dove finisce il suo. E infatti tra le due strade non c’è continuità. E chissà se ci sarà mai: i lavori sono fermi al 27% e il governo li classifica come «interrotti oltre il termine previsto per l’ultimazione»; così Viale Parco fino a Cosenza si chiama Viale Mancini, poi da Rende diventa Viale Principe.
L’ACQUA A REGGIO? C’È TEMPO La diga del Menta è la più storia delle opere interrotte, più ancora dell’A3. Dovrebbe portare l’acqua a Reggio Calabria, dove la carenza idrica è una piaga che pare inestirpabile. L’iter del progetto è partito negli anni 60. Il governatore Agazio Loiero ne aveva annunciato l’inaugurazione prima nel 2008 e poi nel 2009; il suo successore Giuseppe Scopelliti, nel 2011, spiegò che «servono due anni per completarla», ma nel 2013 non era ancora pronta. Oggi, il ministero mostra il risultato di quegli annunci: niente. L’impianto di potabilizzazione è quasi finito (all’87,81%): per ultimare i lavori servono 685mila euro (sono stati spesi più di 15 milioni) ma gli stessi lavori sono «interrotti». Le opere a valle della centrale idroelettrica sono quasi pronte: basterebbe trovare 2,6 milioni di euro dopo averni sborsati 66 milioni. Per le opere di adduzione dal torrente Menta, invece, mancano 2 milioni (e la spesa già effettuata è di 23). Quasi tre milioni sono necessari per ultimare la centrale idroelettrica e la condotta forzata (in questo caso i lavori già fatti sono stati 17 milioni); servono 800mila euro per altre opere elettromeccaniche (a fronte degli 8 già spesi). La digressione aritmetica è necessaria: sono stati spesi 129 milioni, con altri 8 si potrebbe completare l’opera e risolvere il problema dell’acqua a Reggio Calabria. Ma perché affannarsi tanto se si può fare un altro annuncio ancora?
TRA POLLINO E STRETTO Se la prendono piuttosto comoda anche a Scilla. I «lavori per il collegamento meccanizzato tra Scilla alta e Marina grande» procedono con lentezza. Lo stato di avanzamento del cantiere – che produrrà un ascensore tra la parte collinare e quella marina – è fermo al 13,69%. Per il momento, residenti e turisti si godono un pugno paesaggistico nell’occhio. Ma che ci volete fare: è il progresso (anche se la prospettiva dell’ultimazione dell’intervento, allo stato attuale, non esiste). Ad Acri, invece, bisogna completare la caserma dei carabinieri (lavori al 10,26%) e piazza Beato Angelo. Quest’ultima è in uno stato più avanzato: è costata 4 milioni prima che i lavori si fermassero. A Morano Calabro e Reggio Calabria ci sono due storie simili. Nel centro del Pollino 40 alloggi di edilizia popolare sono sospesi da anni. Lavori eseguiti per il 40% ma stoppati e in ritardo. In riva allo Stretto, si cercano ancora 8 milioni per completare le costruzioni di viale Europa. Il ministero delle Infrastruttura spiega che «i lavori risultano interrotti entro il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione, non sussistendo, allo stato, le condizioni di riavvio». Magnifico: tanto in Calabria l’emergenza abitativa non esiste.
Anagrafe delle opere incompiute scarica l’elenco in Pdf (elenco opere incompiute)