Simone Camilli era un giornalista e videoreporter. Amava Gaza, amava questo mestiere. “Amava stare dove c’era la notizia”, ha spiegato il padre Pier Luigi Camilli giornalista anche lui, era in Rai e oggi che è in pensione fa il sindaco di Pitigliano in provincia di Grosseto. In un unico evento tragico Pier Luigi ha perso un figlio e un collega. Questo doppio sgomento ha raccontato al ventisettesimo congresso nazionale della Fnsi, terminato pochi giorni fa a Chianciano. Il segretario uscente dalla Federazione nazionale della stampa Franco Siddi, prima di lasciare la guida del sindacato a Raffaele Lorusso, ha voluto consegnare a Camilli padre una medaglia per commemorare Simone. Il ragazzo aveva trentacinque anni e quel maledetto 13 agosto del 2014 si trovava, come sempre del resto, lì dove c’è la notizia: a Gaza. Mentre alcuni artificieri tentavano di disinnescare una granata di un carro armato a Beit Lahya, questa è scoppiata lasciando a terra senza vita cinque persone fra cui il giornalista italiano. In molti dissero che quel carro armato fosse messo lì proprio per questo motivo: uccidere i soldati. Simone Camilli, sposato con una ragazza olandese e papà di un bambino, collaborava con le maggiori agenzie di stampa internazionali fra cui l’Associated press, aveva coperto alcuni dei maggiori eventi dal Medio Oriente alla Turchia ai Balcani e anche la tragedia della Costa Concordia. A Gaza aveva dedicato un documentario, About Gaza, con il quale ha raccontato la vita e le difficoltà del popolo palestinese.
“È difficile per un padre parlare di un figlio che non c’è più – ha raccontato commosso Pier Luigi Camilli al congresso Fnsi – Sono onorato di aver avuto mio figlio come collega. Simone ha girato Kosovo, Libano per poi tornare a Gaza. Simone aveva un rapporto particolare con Gaza e con i palestinesi. Non era un giornalista militante guardava alle sofferenze dei palestinesi”.
Poi quel giorno drammatico. “Il 13 agosto – ricorda Pier Luigi – quando è arrivata quella telefonata dall’Associated press mi sono reso conto, in quel momento, di quanto erano importanti quelle cose che ci dicevamo. “Stai attento”, gli ripetevo. “Papà va tutto bene stai tranquillo”, mi rispondeva. “Ma quando smetti di andare in giro”. “Ma se non vado dove succedono i fatti perché dovrei fare questo lavoro”. Ecco sono fiero di essere suo padre e un collega giornalista. “Vado lì dove ci sono le notizie”. Questo è fare il giornalista”. Questo.
REPORTER PER SEMPRE | «Mio figlio Simone, morto dove c’è la notizia»
- Lascia un commento